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Le sberle a Bossi

La politica della Lega Nord ai referendum. Il secondo schiaffo. Prospettive

Le intenzioni di voto dei principali capi leghisti, Bossi, Calderoli e Maroni, rappresentati le anime maggioritarie del partito, per questi referendum si potevano riassumere con il 'tutti al mare' di craxiana memoria ma la base dei politici locali si era invece mossa in ordine sparso: alcuni decisamente schierati per 4 Sì come molte giovani leve, il Presidente della Regione Veneto Luca Zaia e alcuni presidenti di provincia, altri ritirando solo alcune schede, altri ancora fautori dell'astensionismo o per convinzione o in esplicito rispetto delle indicazioni del capo.

Nonostante questa eterogeneità di posizioni pre-voto Maroni aveva anticipato il raggiungimento del quorum (commettendo un errore troppo grossolano per esser considerato come ininfluente o una semplice marachella o peggio una svista) e quindi la seconda 'sberla' (dopo la prima amministrativa). Ma il secondo schiaffo, se di questo si tratta, sembra un po' troppo per un navigato come Bossi. A giudicare da alcune dichiarazioni al vetriolo che alcuni dei suoi hanno lanciato a Zaia, reo di aver messo in luce il paradosso dell'astensionismo leghista, sembrerebbe che il partito-persona abbia accusato il colpo se è vero che invece di prendersela con il proprio capo che per la seconda volta è stato tradito dalla sua base se la va a prendere con alcuni dei suoi e guarda caso con quelli che hanno cavalcato l'onda dello 'tsunami' che dal Veneto ora rischia di risalire verso Varese. Eppure le schede referendarie sui servizi pubblici essenziali non potevano aver troppo spazio a interpretazioni personali in un partito così legato al territorio come quello leghista che ha già le mani in pasta in molti di quei servizi passibili di abrogazione per cui risulta difficile credere all'onesta' intellettuale di Bossi e non dar ragione a Zaia. Il governatore del Veneto ha preferito cavalcare la protesta popolare quantunque demagogica nella parte in cui non si permettono aumenti di tasse ma si pretendono servizi efficienti con strutture colabrodo e bilanci in rosso fisso. Propaganda per propaganda forse Zaia ha preferito almeno non passare per sconfitto. Chi poteva contestarlo nel merito dall'interno del partito? Non certo i ministri leghisti che avevano fatto campagna attiva per l'astensione e anche qualcosa di più, come l'approvazione del decreto sospendi-nucleare dell'ultimo secondo e la decisione di non accorpare il referendum alle amministrative (sprecando almeno 50 milioni di Euro).

Questo secondo schiaffo è stato quindi incassato dalla Lega nel merito (per coprire Berlusconi) e nel metodo perché non poteva più impedire ad alcuni dei suoi più attivi anti Berlusconiani di esprimere il loro dissenso mascherandolo però ancora di libertà individuale. Eppure in queste due settimane vari proclami sul rilancio dell'attività di governo sembravano essere l'unico vero chiodo fisso dell'alleato Premier. E i proclami di riforme più o meno epocali non sono certo terminati. Ma da un lato se non si arriva almeno ad ottobre la Lega rischia di vedere andare in fumo anche quel poco di riforma federalista che è riuscita a partorire finora solo sulla carta perché senza la decina e più di decreti attuattivi il tutto rimarrebbe lettera morta. Dall'altro si assiste a una serie di errori del Ministro Maroni che la sinistra lascia correre senza approfondire smascherando le sue manovre di avvicinamento alla quota leghista più anti-Bossi e anti-Calderoli. Alla fine se Calderoli non partorisse riforme, con Ministro Maroni che ha indubbiamente palesato tutti i suoi limiti, a Bossi rimarrebbe in mano solo un cerino molto molto consumato. Bossi, che è un vero duro, nell'ottica di assicurare un futuro alla Lega, continua a portarsi a tutte le riunioni più importanti suo figlio Renzo ma gli sarà utile sottoporre a tutto ciò uno che è stato già bocciato più volte a scuola e che, quanto a sberle, non ha certo niente da imparare da nessuno ?

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