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Le nuove norme anti-corruzione – Le discrasie del sistema giudiziario

Le nuove norme anti-corruzione – Le discrasie del sistema giudiziario

Aula giudiziaria assegnata ai procedimenti penali; ore 9,15 del mattino; puntualissimo con il rituale quarto d’ora accademico di ritardo, il giudice si siede al suo posto, al centro del grande tavolo rialzato; il cancelliere si siede al suo lato destro di fianco, un poco più in basso; sul tavolo ha posato i fascicoli della giornata; sulla parte bassa del tavolo una nota scritta avverte i presenti che La legge è eguale per tutti e cita anche l’articolo della Costituzione che lo dice.
 
Il giudice chiama i processi, chiama i testimoni, in gran parte assenti, e, uno dopo l’altro, dispone al cancelliere il rinvio; tutti ad una stessa data, fra circa tre mesi; aspetta pazientemente che il cancelliere abbia scritto le sue disposizioni e poi, solennemente, le sottoscrive. Le sue parole si diffondono nell’aria nel silenzio e nel rispetto generale; ogni tanto qualche avvocato è chiamato a fornire chiarimenti a Vostro Onore e lo fa con assoluta deferenza. Il giudice parla con voce pacata e solenne, non ha proprio nulla da invidiare ai suoi colleghi inglesi, salvo solo la parrucca bianca.
 
L’unico aggettivo attribuibile alla scena è ieratica; termine che oggi usiamo nel senso di sacro, solenne, e che nacque nell’antico Egitto per definire la scrittura degli scribi, quella solenne, da cerimonia. Quanto spreco! Semplicemente perché il giudice che aveva fissato l’udienza non c’è e quello che è venuto al suo posto sta spostando i processi alla prima data utile; dopo tre mesi, appunto. Non può sostituirsi all’assente: dovrebbe ricominciare tutti i processi daccapo!
 
Sarebbe interessante sapere in che percentuale si tengono senza rinvii le udienze; così come sarebbe interessante sapere quanto costa alla collettività ogni rinvio fatto in questo modo. Nell’era di internet non sarebbe stato più semplice una comunicazione per via informatica dalla cancelleria agli studi dei legali? Non si sarebbe evitato così di far perdere tempo e denaro ai tanti, avvocati, testimoni, etc., che si sono presentati? E poi, perché tanti processi con tanti testimoni da sentire nella stessa giornata? Al più se ne sarebbe potuto ascoltare due o tre per ognuno di essi, prima del rinvio ad altra data. Perché non si stabilisce una data per un solo processo, non si sentono tutti i testimoni in una sola udienza e non ci si avvia rapidamente verso la sentenza?
 
Il cittadino comune, poco addentro alle ragioni che guidano i processi, sta a guardare senza capire. L’unica cosa di cui è certo è che i processi, nel nostro Paese, durano una enormità in più rispetto a quelli degli altri Paesi; e non capisce perché debba essere così.
 
Come non capisce perché la prima udienza, che segna il passaggio dalla fase delle indagini a quella del pubblico dibattimento, non debba avvenire in tempi alquanto contenuti; e non si debba aprire con la contestazione all’imputato dei fatti a lui addebitati e con la sua replica, con la sua ammissione di colpevolezza o la sua giustificazione, con la sua versione dei fatti; e questo non possa portare a nuove indagini, all’acquisizione di nuovi elementi. Perché indagini e dibattimento hanno regole e sviluppi e possibilità del tutto differenti.
 
L’impressione è che, al centro, non vi sia il cittadino come soggetto di diritti e di doveri, ma vi sia qualcos’altro; e che, se il sistema non funziona, in tanti non vogliono che cambi perché a loro sta bene così.
 
Anche nei Tribunali Amministrativi le cose non camminano velocemente: servono dieci anni per ottenere una sentenza; anche per i processi civili le cose vanno a rilento, forse ancor più a rilento. Che poi, dopo tutto questo tempo trascorso, almeno si giunga a sentenze giuste, ebbene questo è tutto da vedere. Al vostro reporter è capitato di sentir dire che la nostra giustizia funziona al contrario: dà ragione a chi ha torto e dà torto a chi ha ragione.
 
Cosa c’entra questo con la normativa anti-corruzione? C’entra e come!
Supponete di essere un cittadino che ha rapporti con la Pubblica Amministrazione, ad esempio per il rilascio di una concessione, per un contratto o altro ancora; insomma di dover affrontare la burocrazia, dal francese bureau=ufficio e dal greco kràtos=potere; e di essere pienamente consapevoli che, in caso sorgano dei problemi, la via giudiziaria per far valere le vostre ragioni vi è preclusa perché il sistema giudiziario non funziona. Come pensate di regolarvi? Ebbene, entrerete timorosi nell’ufficio, come si suol dire con il cappello in mano, e pregherete Dio che ve la mandi buona perché, come per gli cioccolatini di Forrest Gump, non sapete mai quello che vi capita. E penserete al modo per ottenere quello che i latini chiamavano captatio benevolentia principis; magari con qualche regalino, più o meno consistente. Questa si chiama corruzione.
 
Se ne ricava che le discrasie del nostro sistema giudiziario sono forse la principale base di appoggio del fenomeno della corruzione; anche se i giudici sono precisi, solenni e ieratici nell’adempiere ai loro doveri d’ufficio.

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