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Le Sardine: corsi e ricorsi storici

Il nome di questo nuovo movimento giovanile non so da chi sia stato coniato. Ma mi riporta alla mente le sardine come esca per gli ami dei pescatori. Come tutti i giovani, pieni di generose illusioni ideali, possono essere facile preda di vecchi mestieranti della politica. 

È già successo con i giovani del mitico Sessantotto, tra i quali i più generosi e ingenui finirono talora in esperienze tragiche ( in galera o addirittura lasciando le ossa sulla strada), mentre pochi furbi finirono in Parlamento o nelle redazioni di giornali e televisioni. Fu l’esperienza dei brigatisti di ogni colore politico.

È successo di recente al popolo dei “vaffa”, organizzati e diretti da Grillo e Casaleggio.
Le speranze e le illusioni, questa volta coltivate da elettori giovani e meno giovani, sono state ugualmente deluse da demagoghi, che da sempre si servono del popolo per soddisfare le proprie ambizioni di potere. I risultati sono sotto gli occhi di tutti: niente riforme promesse, disastri continui materiali, sociali e morali.

Ora un nuovo movimento giovanile, dal nome pittoresco, si presenta sulla scena politica con un programma generico e stupefacente. “Vogliamo una politica senz’odio”. Quel che subito salta agli occhi del cittadino comune è la scarsa conoscenza della realtà storica di questi giovani, pieni di belle speranze. Se avessero infatti una sia pur superficiale ed approssimativa cognizione della politica degli ultimi 40 anni, dovrebbero aver antipatia, risentimento se non proprio odio per noi adulti politici e non, che abbiamo preteso per noi privilegi, rendite e benessere a spese delle future generazioni, cioè dei giovani, a cui lasciamo debiti e disastri.


In una società composta sempre più da anziani, la politica cerca di allinearsi, prestando poco ascolto ai bisogni delle nuove generazioni.

Con le tendenze che conosciamo- diminuzione delle nascite e costante aumento dell’età media, le esigenze dei giovani rischieranno di avere sempre meno ascolto. Ma al momento non si vedono leader politici capaci di mettere in agenda i temi legati alla denatalità da parte di movimenti che ad essi dovrebbero essere più sensibili almeno per motivi anagrafici, come i Cinquestelle e le cosiddette Sardine.

E il fatto che neppure i giovani che si affacciano all’attività politica ritengano di dedicare attenzione al nostro record demografico negativo, questo seriamente preoccupa.
Altro che generica politica irenica, evangelica e senza odio.
La politica è spesso lacrime e sangue , come insegnava Machiavelli.
Studiate, ragazzi ,studiate

Commenti all'articolo

  • Di Enzo Salvà (---.---.---.64) 22 gennaio 2020 11:43
    Enzo Salvà

    La richiesta delle Sardine non ha nulla a che vedere con il ’68 e meno che mai con il M5S. 

    La richiesta unica è: confronto politico, non è una guerra, confronto di idee sulla gestione del Paese, non uno scontro religioso.

    Ci sono confini dialettici che gli attori, segnatamente alcuni candidati politici, superano ampiamente. E confondono, o addirittura non hanno, proposta politica intesa come gestione della comunità: pura demagogia e strumentalizzazione. 

    Si afflosciano o scappano, non appena devono governare i problemi del Paese.

    Lei parla di denatalità: perché i giovani dovrebbero fare figli? Quali sono le condizioni per crescerli? Cosa facciamo noi vecchi per il loro futuro? 

    Le Sardine fino a questo momento dimostrano di avere studiato e capito; a chi ha esperienza di vita il compito di aiutarli, senza trattarli con sufficienza.

    Un Saluto

    Es.

  • Di antonio cianci 251039 (---.---.---.92) 22 gennaio 2020 14:30
    antonio cianci 251039

    Le colpe sono tutte degli adulti. Politici,genitori,professori e via discorrendo. E se non si arresta l’esodo dei giovani il futuro del paese sarà drammatico. Non ho capito come pensano le giovani sardine di cambiare le situazioni presenti. A parole?

  • Di antonio cianci 251039 (---.---.---.92) 22 gennaio 2020 18:54
    antonio cianci 251039

    Giusto! Le sardine sognano il modello Riace , un nuovo modello d’accoglienza.

    E come loro tanti altri sognano.

    Ma i problemi sono tanti gravi, annosi ed economici. Affondiamo nei debiti. E per fare le frittelle-dicono gli emiliani non bastano acqua e chiacchiere. Ci vuole ben altro.

  • Di Sardanapalo (---.---.---.248) 25 gennaio 2020 19:37

    Il sempiterno Mao, Grande Timoniere di una Cina d’altre epoche, anche in questo nostro caso periferico, ancora una volta, giunge in soccorso del nostro ragionamento. Con il racconto delle crudeli campagne pronte ad assediare sistematicamente le città, ora per revanche ora per risentimento sociale, complesso di inferiorità che si trasforma infine nella certezza di una sicura forza d’attacco. La storia racconta che spesso, proprio il “Mondo piccolo” (per dirla con Giovannino Guareschi, idolo localistico che fa al caso nostro) da riferire doverosamente alle campagne, l’hanno decisamente vinta sulla presunta sicumera “borghese” cittadina.

    C’è in tutto questo, lo si è detto, soprattutto un elemento di rivalsa sociale, il dispositivo mentale del vorrei e finalmente posso, tutte cose, sia detto semplificando, che talvolta la sinistra, o comunque le forze progressiste, non tengono sufficientemente in conto, nonostante l’insegnamento lontano di quel cinese indichi proprio nel contado la forza propulsiva in grado di stabilire nuovi equilibri, nuovo consenso sociale, fino a ribaltare il banco d’ogni prova.

    È accaduto di recente perfino negli Stati Uniti d’America con l’improbabile Donald Trump, in barba ai Simpson che per puro paradosso lo avevano immaginato nello Studio Ovale, avviene in Turchia con il sultano Erdogan, per non narrare dell’Iran con gli ayatollah che trovano nelle aree rurali la propria piena legittimazione. La provincia, storicamente ragionando, coltiva astio mortale verso i grandi centri urbani, tra rancore sociale e subculture che reputano di dover affermare se stesse, perfino come indice di purezza; alla fine, sono le più deboli, o magari le più forti, a seconda dei punti di vista, ad avere ragione. Questo divario esistente qui da noi, nel Belpaese, non è stato mai colmato né dalla televisione del maestro Manzi né dai format di Berlusconi, meglio, da Maria De Filippi con il suo “Uomini e Donne”, catalogo generale della gens italica nel suo odierno modello base.

    Inutile aggiungere che nostro ideale cognato Matteo Salvini, pronto a mostrarsi al centro di una tavola conviviale durante la gita elettorale in Emilia Romagna, il golfino girocollo azzurro, viso da tronista parlamentare, è assolutamente consustanziale a questo genere di idea di riscatto, degno volto da eterno vincente nel cuore della inaffondabile piccola borghesia che ha perfino sentore del fascismo come bene rifugio.

    Cosa siano esattamente le Sardine, e ancor di più a quale contesto abitativo assimilarle, in molti hanno provato a dirlo, di sicuro, per loro natura, come dire, adolescenziale, avrebbero dovuto assomigliare a un flusso, di rivitalizzazione culturale ancor prima che politica, presente sui territori in risposta a una subcultura che per semplicità definiremo sovranista, rappresentata appunto dal volto inurbano di nostro cognato Salvini, nei modi, nei gesti, nelle azioni politiche, nei pronunciamenti, nel modo di minacciare sia velatamente sia esplicitamente l’altro da sé. Talvolta perfino utilizzando il format berlusconiano di “Striscia” in senso securitario, soprattutto in presenza di citofoni.

    Ho parlato di linguaggio assolutamente inurbano, e in questo ecco che torniamo a mostrare la città cinta d’assedio. Va da sé che il flusso delle Sardine, messo alle strette nella realtà emiliano-romagnola, inevitabilmente, non può che scegliere l’altra parte, la stessa che per semplicità chiameremo democratica e antifascista. E questo nonostante i limiti del suo principale partito di riferimento. Quello che però nessuno, o quasi, ha detto alle Sardine, è che avrebbero dovuto tenere debitamente lontani da ogni proprio pubblico palco i volti già noti connotati come addirittura indispensabili al rito della protesta contro l’orda populista, gli stessi che hanno già ampiamente, parassitariamente, mostrato se stessi nelle passate stagioni dei cosiddetti ceti medi riflessivi, tra girotondi e varie ed eventuali, insieme ai loro beniamini mediatici e spettacolari, trampolieri tristi di una sinistra con prenotazione obbligatoria che ha il sommo potere di rendersi detestabile.

    Le Sardine, al contrario, dovrebbero riscattare da se stessi i nostri ideali cognati qualunquisti, ogni possibile sosia o emulo di Salvini, i nostri ideali cognati sempre lì in bilico tra tentazione autoritaria e bisogno di semplificazione, esatto: avrebbero dovuto togliere questi ultimi dalla bocca di Salvini e del suo circo poliziesco; in assenza di questo risultato rimane il rischio che si possa, già da domani, ricordarli come una comitiva di Peanuts che non hanno avuto la stessa fortuna di Charlie Brown e di Snoopy. Chi vivrà vedrà già dalla prossima settimana. Ecco quello che le Sardine dovrebbero sapere.

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