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La vicenda MontePaschi come opportunità

"La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito" (Costituzione della Repubblica Italiana, articolo 47, comma 1).

 

La vicenda MontePaschi sta squassando le Istituzioni ed il mondo della politica del Paese; il tutto nella contingenza della campagna elettorale. Eppure non sarebbe difficile guardare ad essa come una opportunità da almeno due punti di vista.

Il primo è quelle delle regole del credito, ormai da considerare di pertinenza della Comunità Europea dopo la creazione della moneta comune. È di tutta evidenza che le ragioni al fondo dei fatti risiedano nella manipolazione dei crediti da parte degli Istituti bancari. Il cittadino perplesso si chiede cosa impedisca di obbligare le banche a trattare diversamente le proprie sofferenze; al limite cosa possa comportare impedire loro la cessione di questo tipo di credito. La risposta il cittadino la attende da un italiano posto ai vertici delle Istituzioni monetarie europee, il dottor Mario Draghi. Già il suo omologo libanese ha vietato i derivati e non si ha alcuna notizia di una clamorosa crisi economico-finanziaria di quel Paese. Invece di chiedere alla banche di aumentare i propri capitali, perché non si taglia la testa al toro imponendo loro di riuscire a riscuotere i loro crediti o di porli definitivamente fra le perdite? E ciò soprattutto adesso, che ai cittadini vengono richiesti impegnativi sacrifici?

Il secondo punto è quello dell’apparato dei partiti della Prima Repubblica, ed in particolare di quello più esteso ed importante, l’apparato del vecchio Partito Comunista Italiano. Nel pubblico dibattito per le primarie del PD l’attuale concorrente alla guida del Paese ha manifestato la volontà di procedere con riforme graduali e non traumatiche, richiamandosi a Papa Giovanni, che ha nominato il primo cardinale di colore. Purtroppo, una volta conseguito il mandato politico per la guida del partito alle elezioni, egli ha riconfermato nelle liste per il Parlamento un pattuglia di esponenti politici di lungo corso, su cui si è scatenata la satira denominandoli “dinosauri della politica”.

Oggi, alla luce della vicenda MontePaschi, appare del tutto tramontato il tempo delle cooperative rosse, della assicurazioni rosse, della banche rosse, delle scuole di formazione rosse, dei direttivi di partito rossi e così via (e così anche per il colore bianco e per ogni altro colore).

Dal candidato premier del PD il Paese si attende oggi chiarezza su questo punto: non è più pensabile che un partito che ha come suo modello il Partito Democratico statunitense ci tenga ancora un apparato di partito vetero-comunista.

La prima iniziativa potrebbe essere quella di sciogliere ogni suo legame con cooperative, assicurazioni, banche, scuole di formazione e così via. Una seconda iniziativa potrebbe essere quella di chiedere agli esponenti della vecchia guardia di far politica nel partito, limitandosi a garantire la tutela dei principi politici e la regolarità delle elezioni primarie. Il compito di analizzare la realtà contingente e di creare un ponte fra quest’ultima ed i principi, ebbene questo compito dovrebbe essere affidato a chi meglio riesce a convincere il cittadino-elettore.

Forse tutto questo va a formare una visione impegnativa e preoccupante, soprattutto in piena campagna elettorale; ma se Mosé avesse avuto di questi problemi, ebbene gli ebrei sarebbero ancora schiavi del faraone in Egitto e non avrebbero trascorsi quaranta anni nel deserto a nutrirsi di radici e di locuste in attesa di conquistare Gerico.

E forse anche questa volta hanno avuto ragione i lungimiranti Padri della Costituzione.

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