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La stretta autoritaria

È arrivata. Con meno di un anno di preparazione, grazie al silenzio compiacente dei media e l’irrilevanza dell’opposizione. Il governo di Silvio Berlusconi, coagulo di interessi apparentemente dicotomici ma ormai del tutto inscindibili, nel giro di poche settimane ha attuato, e continua ad attuare, una stretta simbolica e sostanziale alle libertà civili e di espressioni, alle garanzie costituzionali e alla macchina dello Stato, tale da cambiare de facto la natura stessa della Repubblica Italiana.

È arrivata. Con meno di un anno di preparazione, grazie al silenzio compiacente dei media e l’irrilevanza dell’opposizione. Il governo di Silvio Berlusconi, coagulo di interessi apparentemente dicotomici ma ormai del tutto inscindibili, nel giro di poche settimane ha attuato, e continua ad attuare, una stretta simbolica e sostanziale alle libertà civili e di espressioni, alle garanzie costituzionali e alla macchina dello Stato, tale da cambiare de facto la natura stessa della Repubblica Italiana.

Gli esempi possono e sono innumerevoli. Prima di tutto quello della riforma (o meglio controriforma) della giustizia. Carriera separata (ancora non è definita ma ci si sta lavorando, non temete) fra magistratura giudicante e pubblici ministeri; trasferimento dell’iniziativa di indagine da un organo indipendente (la magistratura) alle forze di polizia direttamente dipendenti dall’esecutiva per indirizzo e organizzazione; decentramento a pioggia delle strutture (tipo la Dda campana che si occupa di Camorra) che hanno dimostrato che la centralizzazione delle indagini (o meglio delle risorse) può fare la differenza nella lotta alla criminalità organizzata; ingerenze pesanti sulle indagini attraverso la riduzione drastica e i limiti (prova grave di colpevolezza: come si può provare la colpevolezza se non si può indagare?) all’autorizzazione per le intercettazioni ambientali e telefonici. Contemporaneamente si è approvato un assurdo giuridico per una democrazia moderna come il cosiddetto “lodo Alfano” e contemporaneamente si è attuata una stretta alla libertà di espressione (dai giornali, alla televisione fino ai blog personali) che ricorda molto da vicino le strategie mediatiche (e intimidatorie) attuate nella Repubblica popolare cinese.

Anche per quanto riguarda la cosiddetta sicurezza i provvedimenti che sono stati già approvati o sono in via di approvazione fanno tremare i polsi: equiparamento delle polizie locali (e di “milizie” come le camice verdi della Lega) alle attuali forze dell’ordine con trasferimento di risorse da polizia, carabinieri e guardia di finanza a queste nuove entità di cui non si conosce formazione, capacità e soprattutto a chi fanno riferimento; centralizzazione sul modello della gestione Negroponte negli Usa, dei servizi di sicurezza e intelligence (un progetto che sembra essere in elaborazione presso il gabinetto del ministro Maroni, leggasi De Gennaro); militari di leva nelle strade delle città; aumento dei poteri di “inchiesta” delle forze di polizia anche e soprattutto fuori il controllo e la verifica della magistratura.


E di conseguenza si colpiscono anche le libertà civili: dal testamento biologico (esemplare le ingerenze del ministro Sacconi sulle sentenze della magistratura nel caso di Eluana); ripristino dell’istuto (de facto anche se non dichiarato) della religione cattolica come religione di Stato; discriminazioni verso chi mette in essere iniziative grazie al proprio diritto di unirsi in organizzazioni sindacali (i casi Alitalia e funzione pubblica sono i più evidenti); discriminazioni verso le donne che lavorano grazie al dissolvimento delle basi del welfare (asili nidi, permessi, flessibilità degli orari, tempo continuato, etc). Si è colpito perfino il codice deontologico dei medici con l’assurda pretesa che questi denuncino i propri pazienti se risultassero immigrati clandestini.

Senza parlare poi dei diritti politici colpiti continuamente da leggi, leggine e regolamenti elettorali (approvati con la compiacenza se non collaborazione di gran parte dell’attuale opposizione parlamentare).

Di fatto si sta modificando la Costituzione italiana attraverso provvedimenti fra loro apparentemente distanti ma pianificati con attenzione e fra loro convergenti. E lo si fa attraverso leggi ordinarie e non attraverso gli strumenti di modifica previsti dalla Costituzione stessa. Gli equilibri fra il potere esecutivo, quello legislativo (già umiliato dai regolamenti parlamentari) e quello giuridico sono già stati compressi e nelle prossime settimane potrebbero essere, visti i ritmi ai quali ci sta abituando l’attuale maggioranza, totalmente stravolti.

Il Paese che si sta delineando è un insieme di populismo, autoritarismo con una spruzzata di xenofobia e fondamentalismo religioso (non endemico ma strumentale nell’attuale maggioranza). E questo sta avvenendo nel quasi totale silenzio dei media nazionali, compreei alcune testate giornalistiche che – teoricamente – dovrebbero essere critiche verso il governo. Tutto sta avvenendo, certo non per coincidenza, contemporaneamente alla più grave crisi economica globale degli ultimi decenni. Una crisi che tutti Paesi occidentali cercano di affrontare attraverso l’innovazione, la coesione sociale e il sostegno alle fasce di cittadini più deboli ed esposti alla recessione in atto. Mentre in Italia la risposta è quella di una regressione generale delle garanzie e delle libertà civili. Il Bel Paese, come prevedeva Roberto Scarpinato nel libro “Il ritorno del principe”, è tornato nelle mani di Don Rodrigo.

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