La storia sul braccio: numero Z5742
Ho visto in rete la foto di alcune righe scritte da un uomo: “Non sono stati Hitler o Himmler a deportarmi, picchiarmi, ad uccidere i miei familiari. Furono il lattaio, il vicino di casa, il calzolaio, il dottore, a cui fu data un‘uniforme e credettero di essere la razza superiore”.
Ho letto che si trattava di tale Karl Stojka, ho voluto saperne di più dal momento che non lo conoscevo affatto. Le informazioni quasi non esistono in italiano ma quelle poche che ho trovato le riporto e condivido.
Gli Stojka e i suoi genitori, appartenevano ad una tribù zingara chiamata Lowara Roma, che tradizionalmente conduceva una vita nomade commerciando in cavalli, dal XIX secolo. Vivevano in un carro con il quale viaggiavano, ma trascorrevano gli inverni a Vienna, la capitale austriaca.
Karl Stojka (nato il 20 aprile 1931 a Wampersdorf, si spense il 10 aprile 2003 a Vienna ) era un artista austriaco e sopravvissuto a Porajmos dall'etnia rom. Karl Stojka è nato nella roulotte come il quarto di sei figli di una famiglia rom cattolica. Alla fine del 1941 il padre di Karl Stojka fu assassinato nel campo di concentramento di Dachau, in seguito ci fu la deportazione della sua famiglia in altri campi di concentramento. Quando aveva undici anni, fu arrestato dai nazionalsocialisti e portato nel campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau. Più tardi Karl fu trasferito nel campo di concentramento di Flossenbrg. Venne liberato vicino a Roetz, in Germania, dalle truppe americane, il 24 aprile 1945. Dopo la guerra Karl ritornò a Vienna.
Stojka è stato derubato del suo nome e ha ricevuto il numero Z5742, che è stato tatuato nell'avambraccio sinistro: “Noi Rom e Sinti siamo come i fiori di questa terra. Ci possono calpestare, ci possono eradicare, gassare, ci possono bruciare, ci possono ammazzare – ma come i fiori noi torniamo comunque sempre”. Suo fratello Ossi, sei anni, morì per mancanza di assistenza medica e fame, come riportato dallo stesso Karl Stojka: „Mio fratello Ossi non era un criminale, era un semplice bambino Rom.” Ossi era il più piccolo, morirà di tifo il 18 maggio 1944.
Karl Stojka visse dopo la seconda guerra mondiale nelle stazioni in Austria e negli Stati Uniti. Nel 1985 iniziò a dipingere come autodidatta. Nelle sue foto, ha espresso la storia della vita come un Rom perseguitato. Ha anche esposto più di 80 opere in Giappone, Stati Uniti ed Europa. Stojka fu sepolto a Vienna nel cimitero di Meidlinger (gruppo 1, fila 7, numero 129).
Karl Stojka era il fratello di Ceija Stojka e Mongo Stojka, è il padre del musicista jazz Karl Ratzer.
Karl Ratzer (nato a Vienna il 4 luglio 1950 ) è un chitarrista jazz, cantante e compositore austriaco.
Dalla Guida Auschwitz: Ad Auschwitz- Birkenau furono deportati Rom e Sinti da tutta l’Europa. Il gruppo piu’ numeroso furono i Sinti e Rom dall’Austria e Germania circa i 2/3 dei deporati (14.000 persone); poi i Sinti e Rom provenienti dal Protettorato di Cechia e Moravia (4.500 persone circa) e 1.300 Rom dalla Polonia occupata. A questa cifra vanno aggiunti circa 1.700 Rom provenienti da Bialistock (Polonia) che sospettati di tifo non furono registrati ed inviati direttamente nelle camere a gas e uccisi. In generale, fino alla fine del 1943 nello Zigeunerlager furono deportate circa 18.736 persone, nel 1944 circa 2.207 persone. Di queste circa 9.500 furono i bambini al di sotto dei 14 anni e circa 380 i bambini nati nel Campo.Ad Auschwitz Birkenau morirono circa 21.000 Sinti e Rom provenienti da 12 Stati.
Il ministro dell’Istruzione, Lorenzo Fioramonti, ha recentemente confermato che, alla maturità 2020, «tornerà il tema di storia nella prima prova scritta». Vorrei fosse vissuto questo ritorno, come pagine di umanità e non come una minaccia per gli studenti e gli insegnanti che dovranno proporla.
Nel 1959 cantava Dalida gli zingari, neanche 10 anni dopo avrei saputo dalla scuola che anche i gitani furono deportati dai nazisti ma L'arte salva la vita...
Lasciare un commento
Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina
Se non sei registrato puoi farlo qui
Sostieni la Fondazione AgoraVox