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 Home page > Tribuna Libera > La solitudine della magistratura

La solitudine della magistratura

 
La magistratura si sente lasciata sola; altrettanto ci capita talvolta di sentire da parte della politica, della Polizia o di altro corpo dello Stato.
Provare solitudine, in qualsiasi circostanza e per qualsivoglia categoria, penso possa significare solo non sentire più intorno a sé la fiducia, la stima o addirittura l’affetto di qualcuno: della famiglia, dei colleghi, dei cittadini.
L’esercizio dell’amministrazione della giustizia, requirente o giudicante, è l’attività più nobile e delicata tra tutte le attività umane, al limite del “sacro”.
Il magistrato dovrebbe fare il magistrato con religioso scrupolo, discrezione, il silenzio della coscienza. Non dovrebbe mai rilasciare interviste, andare per trasmissioni televisive, aver rapporti con la politica o peggio. Usare solo gli atti per esprimere la propria volontà o pensiero. E se proprio volesse dedicarsi all’attività politica, dovrebbe dimettersi definitivamente dalla funzione di magistrato.
Tutto questo già succede e da secoli nei Paesi di più lunghe e nobili tradizioni democratiche.
Da noi, ormai, si dividono in correnti ideologicamente caratterizzate, si combattono con furia degna di un partito estremista, calcano con soddisfazione malcelata i palcoscenici televisivi, come le star dello spettacolo, siedono in parlamento con disinvoltura. Se la fanno con la politica per ricevere incarichi, consulenze, arbitrati ben remunerati; talvolta la contiguità con il potere gli serve per ottenere sistemazioni comode per mogli, figli, familiari e parenti. Molti per convenienza s’imboscano nei Ministeri o nei consigli di amministrazione delle aziende di Stato e per interesse diretto o indiretto fanno scivolare fuori dal segreto pezzi d’intercettazioni per la stampa, di regime o d’opposizione secondo i casi. E poi si sentono soli ed abbandonati.
Tutto ciò non esclude l'esistenza di fior di galantuomini, che lavorano in silenzio e soffrono davanti a simili situazioni di emergenza.
Borsellino e Falcone avrebbero potuto parlare di solitudine, privi di amici di ogni tipo, tranne che del sostegno e l’affetto della famiglia.
Provate a chiedere della solitudine a quelli che hanno subito danni da calamità naturali, che in terremoti, alluvioni, frane hanno perso tutto, casa, attività, risparmi, che non hanno mai ottenuto conforto e aiuto da nessuno ed aspettano ancora giustizia, dopo moltissimi anni.
Logo: sito ANM.

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