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La sinistra è morta (e la destra non se la passa tanto bene)

Seguire il teatrino della (non) politica in questo paese (ma non solo qui) richiede una grande capacità di resistenza alla noia e al disgusto. E’ stato Berlusconi a coniare l’espressione “teatrino, ecc.” ma vi partecipa ormai con estremo piacere egli stesso. E anche la Lega, che apparentemente in certi momenti sembra più rude e non aliena dal rompere le uova nel paniere, in realtà compie equilibrismi che di vera politica hanno ben poco pur di raggiungere il famoso federalismo, che fra poco sembrerà l’“araba fenice”, di cui si capiranno, solo dopo anni e anni, l’esito e i costi (non solo economici).

Del resto, è ormai opinione diffusa che non esistono più destra e sinistra; ma chi semplicemente ciancia di costruzione di un centro è ancora più mentitore degli altri. In particolare, è del tutto inesistente la sedicente sinistra. Intendiamoci bene: questo schieramento è ormai, in tutta Europa (e direi anche negli Usa), la parte più conservatrice, forse reazionaria, degli schieramenti politici per quanto riguarda la politica economica. Opporre all’indubbiamente devastante neoliberismo un po’ di spesa pubblica, il mantenimento di uno Stato sociale, ormai esclusivamente assistenziale e fonte di assoluta improduttività, è atteggiamento affossatore di ogni prospettiva che non sia quella di diventare succubi di chi produce e sviluppa potenza in vista della competizione multipolare ormai in piena avanzata (e che non è per nulla puramente economica, limitata al sedicente mercato globale; questa la colossale menzogna dei neoliberisti, la loro funzione pur essa reazionaria). Quella che viene detta sinistra è invece apparentemente progressista sul piano della “modernizzazione” dei costumi, del sedicente laicismo sul piano dei cosiddetti diritti civili. In linea di principio, tali diritti sono per me approvabili, se non fosse che i loro sostenitori celano carenze gravissime appunto sul piano della politica economica; che poi, come già detto, è economica solo nella terminologia perché implica invece una ben precisa linea politica generale, che incoraggia nel proprio paese il mantenimento di settori ormai “maturi”, fonte di arretratezza e di indebolimento a favore, sul piano internazionale, della potenza ancora in vantaggio (Usa). Di conseguenza, diventa difficile e ambiguo appoggiare, in una situazione simile, il giusto (per me) estendersi dei “diritti civili”, poiché un simile appoggio significa favorire l’azione di questa sinistra di totale asservimento ai parassiti interni e ai padroni (vecchi e nuovi) sul piano internazionale.
 
Tuttavia, negli altri paesi europei (almeno in quelli occidentali e nordici), la sinistra ha storia e tradizioni di lunghissima data. In Italia è ora di mettersi in testa che non esiste proprio uno schieramento siffatto, che abbia una sua storia. Il nucleo centrale è costituito da gruppi di rinnegati del “comunismo” (nemmeno era tale, ma adesso non discutiamo pure tale problema). Hanno rinnegato per salvarsi dal “crollo del muro”, e lo hanno fatto senza la benché minima riflessione autocritica, fingendo di non aver mai appartenuto a “quel mondo crollato” e vendendosi, quali luridi lacchè, alla nostra Confindustria e alla “manina d’oltreoceano” cui quest’ultima si era strettamente legata per lunga abitudine al tradimento e al servaggio (a partire dal luglio del ’43); si sono dati il blasone di “antifascisti”, ma erano, e sono, solo dei voltagabbana, dei cialtroni pronti a qualsiasi basso servizio (tipo quelli della Fiat, che oggi sta raggiungendo il vertice della sua svendita agli interessi Usa).
 
Attorno al nucleo centrale dei sedicenti postcomunisti – termine edulcorato per intendere puri traditori e “bastardi senza gloria” – si sono messi, nemmeno fossimo in uno dei paesi “socialisti” della vecchia Europa orientale quando era area del predominio sovietico, alcuni spezzoni minori, i più pronti a servire e inchinarsi di fronte ai padroni, della Dc e del Psi scomparsi ad opera di “mani pulite”; operazione di servaggio compiuta da una malefica magistratura per null’affatto indipendente, anzi politicizzata al massimo grado (mi dispiace, ma in questo Berlusconi dice la verità al 100%; è l’unica cosa “veramente vera” che dice). Di fatto, in questo sporco modo, che tranciava di netto ogni discorso politico e lo celava dietro l’ipocrisia di un’operazione di “pulizia etica”, ci si preparava ad attuare la svendita del paese decisa, fra l’altro (si tratta solo del “fatto” più noto ed evidente), sul panfilo Britannia nel giugno del ’92.
 
Dire che questo agglomerato di voltagabbana – di rinnegati incapaci del più piccolo tentativo di dare una patina di giustificazione al loro tradimento per “salvarsi il culo” – è la “sinistra”, è un’offesa a tutti coloro i quali, pur restando interni alla riproduzione dei rapporti capitalistici, hanno costituito l’ala in qualche modo riformatrice (non si senta questo termine come carico di valore solo positivo, poiché non lo è affatto sempre e in ogni caso!) di tale riproduzione sociale. Questo informe accumulo di spazzatura politica della “prima Repubblica” è semplicemente la longa manus degli ambienti economici, sia produttivi (i più arretrati o “maturi”) sia finanziari, abituati a vivere di sostanziale parassitismo ai danni del lavoro dei ceti più produttivi. Questi ambienti – e più di una volta ho segnalato un qualche parallelismo con i proprietari di piantagioni di cotone nel sud degli Usa, annientati dall’industria del nord nel 1861-65 – non possono che appoggiarsi allo straniero. Per ragioni storiche evidenti – seconda guerra mondiale, patti di Yalta, infine crollo del “socialismo”, ecc. – gli ambienti in questione sono ormai tentacoli, anzi soltanto ventose, del “polipo” statunitense. La sedicente sinistra italiana non ha dunque nessuna storia o tradizione di “riformismo” alle spalle; si tratta di “servi dei servi”, punto e basta.
 
Quei pochi settori del management “pubblico” e dell’industria strategica non spazzati via da “mani pulite” – cioè dal colpo di mano filo-statunitense intriso di moralismo ipocrita in grado di ottundere ogni comprensione politica dei fatti – non hanno potuto trovare di meglio di Berlusconi per resistere e mantenere qualche spezzone del vecchio impianto produttivo ancora in piedi. Non credo affatto che ne siano stati molto contenti, e dubito che lo siano adesso. Tuttavia, ci si è scordato che lo stesso Berlusconi ha fatto il possibile per non entrare direttamente in politica. Ha appoggiato il patto Maroni-Segni, fatto saltare in 24 ore da Bossi (vero prodromo del ribaltone dell’anno successivo, dopo essere entrato nel calderone della sedicente destra che vinse le elezioni nella primavera ’94; un ribaltone per nulla affatto ancora spiegato se non, come al solito, con false motivazioni d’ordine personale). Solo alla fine (dicembre ’93, con fondazione di Forza Italia nel mese e anno successivo), l’attuale premier entrò in politica.
 
Fu scelta infelice, ma del tutto obbligata. Quindi, contrariamente a quanto si continua a far credere (anche da destra, non solo da sinistra), quell’entrata in politica fu esclusivamente un atto di resistenza al colpo di mano che voleva consegnare l’intero potere nelle mani dei “servi dei servi” (la finta sinistra, anch’essa creazione artificiale, pur se costituita da “politicanti di professione”, quelli minori però, quelli di infima qualità, i più adatti alla servitù). Poiché si fingeva che “i servi dei servi” fossero la “sinistra”, la forza di “resistenza” – insisto: un calderone indigesto di tanti “resti” – fu indicata come “destra”. Figuriamoci quindi cosa si deve pensare di quei cialtroni che adesso sostengono: non se ne può più del bipolarismo, creiamo un centro. Quest’ultimo vuol solo sostituire i “servi dei servi” della finta “sinistra”, dato il loro evidente fallimento dopo sedici anni di tentativo di far fuori Berlusconi – cioè quanto ancora resiste del management “pubblico” e dei settori strategici – a tutto vantaggio dei padroni Usa. Se però vogliono portare avanti il solito disegno, che già fu della sinistra, dovranno alla fine allearsi con quest’ultima, cioè con i falliti.
 
Di fronte a questi reiterati e stucchevoli tentativi, di fronte a queste falsità su sinistra e centro, cosa fa quella che finge di essere una destra? Avalla la finzione, e cerca di convincere: a) che una parte della destra ha tradito, ma solo a causa delle ambizioni di Fini, che si tenta di distruggere con gli stessi impropri e luridi metodi usati dalla sinistra nell’intento quasi ventennale di distruggere Berlusconi; b) che è forse possibile sostituire questi finiani con almeno una parte del centro, come se quest’ultimo potesse auto-liquidarsi non adempiendo gli scopi per cui esiste, gli stessi dei “servi dei servi”, che esso è chiamato a sorreggere dopo il loro fallimento. Se il finto centro si alleasse con la finta destra, sarebbe solo per non andare ad elezioni per esso fallimentari, per logorare altri sei mesi, massimo un anno, il governo onde disaffezionare ancor di più gli elettori che non ci capiscono più nulla, sono menati per il naso in un modo fra l’indegno e il ridicolo. Solo così ci si può liberare del premier e finalmente adempiere il servizio per cui tutto questo informe ammasso di squallidi personaggi fu creato con la sporca operazione impudentemente denominata “mani pulite”.
 
E liberarsi del premier è presentato solo agli impolitici elettori della sinistra – quella dei ceti medi che vivono di assistenzialismo “pubblico” o alimentati, per fingere una sempre più putrida egemonia culturale e ideologica, dall’imprenditorialità parassita e succube degli Usa – come fatto di pulizia etica e abbellimento estetico. In realtà, si mira ad annientare i pochi settori del management “pubblico” e dell’industria strategica che hanno resistito alla suddetta sporca operazione e rappresentano un’ancora possibile base per acquisire maggiore autonomia nazionale. E’ evidente che questi settori sono stati costretti – in mancanza di meglio e non avendo più il controllo dei corpi speciali, ormai influenzati quasi in toto dalla loro appartenenza alla Nato, cioè all’area di influenza statunitense – a scegliere Berlusconi. Questi (cioè il gruppo che lo ha impropriamente portato al vertice) costituisce, lo ribadisco, solo una blanda resistenza al cedimento completo con consegna del nostro paese al totale imperio degli Usa. Si è resistito sedici anni, ma non si riesce a far più di così perché non si è certo rappresentanti di un’effettiva indipendenza; ci saranno anche delle incapacità personali, ma soprattutto mancano le basi di un solido e reale contrattacco, politico e non a base di scandali e “marciume etico”, finalmente in grado di provocare la disfatta dei parassiti dell’industria “matura” e della finanza governata dall’ex vicepresidente della Goldman Sachs e popolata di ben noti personaggi, fra cui l’attuale presidente dell’ABI.
 
Senza questa disfatta – della cui realizzazione gli attuali governanti non sono capaci; e, appena tentano qualche appena timida operazione in tal senso, un gruppo di “traditori” si manifesta al loro interno. Si dovrebbe capire infine il perché; no, invece, si evita sempre di chiarirlo e si tiene in serbo un ulteriore gruppo dello stesso genere per la prossima occasione! – non potrà mai essere iniziata, con reale vigore e stabilità, una non impossibile politica di autonomia. Certo, per metterla in moto bisogna spazzare via i “servi dei servi”. Le prime mosse dovrebbero riguardare il totale annientamento di ciò che resta della struttura organizzativa di quell’orrido miscuglio che viene chiamato “sinistra”. Parlo ovviamente della struttura politico-professionale composta da coloro che furono “scelti” da Usa e nostra Confindustria per essere messi al governo di un paese reso docile ai loro voleri; non si tratta della “massa” abituata a votarli attraverso un lungo processo di arretramento della comprensione di che cos’è la politica, processo condotto sistematicamente anche con l’ausilio (non credo però decisivo) di un ceto intellettuale ormai complessivamente modificatosi rispetto a quello realmente attivo nella Resistenza e nei primi decenni post-bellici. E’ tale struttura che andrebbe “neutralizzata” nella futura epoca multipolare.
 
Difficile che sorga presto all’interno del paese la forza capace di simili azioni. Credo si debba guardare a quanto potrebbe accadere in Europa, e credo soprattutto in Germania. Ma tali considerazioni ad una prossima puntata; qui si trattava solo della premessa ad un possibile futuro di ritrovata dignità, che non credo nascerà in breve volger di tempo e per impulso solo endogeno; occorre una “scintilla d’accensione”. Occorre capire se questa può scoccare e dove. 

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