La sinistra e l’immigrazione
Per chi crede che sia ancora possibile ed anzi doveroso rapportarsi alle grandi questioni politiche attraverso le categorie di destra e sinistra, il tema dell’immigrazione è certamente un fondamentale banco di prova.
Esiste la possibilità di affrontare da sinistra (con i valori della sinistra, proponendo soluzioni di sinistra) i problemi legati all’afflusso nei paesi ricchi, in Europa, in Italia, dei disperati in fuga dal sottosviluppo, dalla guerra, dalle repressioni ma anche alla ricerca di occasioni, evidentemente non sempre nel rispetto della legalità, di realizzazione personale? Oppure è totalmente indifferente il punto di vista di sinistra e di destra rispetto all’immigrazione ed è inevitabile il cedere al populismo leghista (ed ora anche grillino) del ‘fuori dalle balle’, ‘tornate a casa’, ‘portiamoli in Francia che ha provocato l’afflusso di migranti attaccando la Libia’, ‘non possiamo mantenere anche loro se non riusciamo a mantenere noi stessi’?
Quale elettore di sinistra (e conseguentemente quale amministrazione di sinistra) ha atteggiamenti diversi da quelli della destra quando si prospetta, a due passi dal luogo dove abita, la realizzazione di un centro di accoglienza o di un campo nomadi, quando ci si vede scavalcati da un migrante nell'accesso ad una casa popolare o ai servizi sociali?
Paradossalmente i flussi migratori, conseguenza della globalizzazione neoliberista (di destra) e che costituiscono uno degli strumenti attraverso i quali si indeboliscono diritti e retribuzioni dei lavoratori, diventano argomento di propaganda e di consenso della destra che gioca cinicamente sulle paure, sui 'naturali' egoismi di ogni persona.
E d'altra parte se sono proprio i ceti al livello più basso della scala sociale i primi a pagare le conseguenze di un'immigrazione tumultuosa e non governata, trovandosi a concorrere sul mercato del lavoro con persone disposte a rinunciare a retribuzioni dignitose, a diritti sindacali e protezioni sociali, perché l'assenza di politiche di accoglienza unite all'insufficienza dei servizi sociali determina il degrado anzitutto delle periferie popolari, è un gioco da ragazzi per le forze populiste e xenofobe additare loro i colpevoli di tutti i propri problemi.
In realtà è proprio la sinistra e solo la sinistra che potrebbe dare una risposta risolutiva alla questione dell'immigrazione.
Non solo rivendicando i propri valori per i quali riconosce ad ogni essere umano dignità e diritti e richiamandosi alla propria vocazione internazionalista e di solidarietà e fratellanza tra i popoli.
Oltre gli accordi, che non possono mai derogare dal rispetto dei diritti umani, con gli Stati dai quali partono i flussi dei migranti; oltre l'adozione di buone ed efficaci politiche di accoglienza, di rilancio e ripotenziamento del welfare, da finanziarsi attraverso l'eliminazione di sprechi e pratiche corruttive, che consenta di disporre di servizi sociali (scuola, sanità, trasporti) e di politiche di sostegno al reddito (case popolari) sufficienti per tutti, vecchi e nuovi cittadini (sul tema della casa si pensi ad esempio alle centinaia di migliaia di case vuote, agli edifici pubblici dismessi, alla gestione criminale del patrimonio abitativo pubblico che privilegia l'assegnazione attraverso criteri clientelari a persone che non ne hanno diritto), di inclusione sociale anzitutto attraverso la scolarizzazione dei figli degli immigrati e dei bambini rom, impedendo la creazione di ghetti con la distribuzione uniforme sul territorio e nelle città degli immigrati, combattendo la pratica del lavoro nero e dell'evasione fiscale e contributiva che sono i mezzi attraverso cui si realizza la distorsione del mercato del lavoro oltre che dell'economia nel suo complesso.
Sta alla sinistra soprattutto denunciare l'iniquità e la follia del sistema economico capitalista mondiale e proporne uno diverso: pensare di bloccare l’immigrazione (a Lampedusa come dal Messico; con metodi umani o metodi inumani, leggi CIE italiani o i centri di detenzione in Libia, frutto dell'accordo con il governo Berlusconi) è come pensare di svuotare il mare con un cucchiaio. Finché esisteranno le disparità di distribuzione della ricchezza che conosciamo, finché l’Occidente apparirà come l’Eldorado, finché ci saranno persone costrette a vivere in condizioni tali per le quali non può spaventare il rischio di morire (su di una fragile barca o sotto il pianale di un tir) durante il viaggio verso la speranza e vivere di elemosina è comunque meglio di morire di fame, nulla fermerà queste persone (e magari è sufficiente un visto turistico per arrivare con un aereo in Italia ed in Europa).
L'unico modo di fermare i flussi migratori o comunque di poterli governare in termini razionali ed umani è di mettere fine alla disparità tra Nord e Sud del mondo, alla divisione del lavoro internazionale per il quale i Paesi poveri sono condannati alla monocoltura (agraria e mineraria), operando perché possano anzitutto raggiungere l'autosufficienza alimentare ed energetica, di pagare secondo criteri di giustizia le importazioni da quei Paesi, predisponendo un grande piano internazionale di formazione di tecnici, ingegneri, biologi, agrari, insegnanti, medici, operatori sanitari nei Paesi poveri, vigilando ed imponendo con le armi della diplomazia e delle pressioni economiche il rispetto dei diritti umani e dei diritti civili, adottando una certificazione di sostenibilità per le merci prodotte nel mondo che garantisca che queste siano realizzate nel rispetto dei diritti umani e dell'ambiente, interrompendo la vendita di armi ai Paesi poveri dell'Africa e dell'Asia ed il sostegno, per ragioni di convenienza economica, ai regimi dittatoriali, favorendo l'adozione di politiche di controllo delle nascite (peraltro in presenza di migliori condizioni economiche e di più alto grado di istruzione si realizza sempre una limitazione dell'incremento demografico).
Ciò che ci si aspetta dalla sinistra è che ritorni ad avere il coraggio utopico ma fondato sulla concretezza dei bisogni umani di proporre un mondo diverso.
Quanto sono costati e quali risultati permanenti hanno prodotto gli accordi con i Paesi del Mediterraneo perché bloccassero l'afflusso dei migranti verso l'Italia? Così quanto sono costate le politiche di Alemanno a Roma per trasferire da una parte all'altra della città i campi nomadi? Non erano risorse che potevano essere più proficuamente impiegate per promuovere lo sviluppo nel Terzo Mondo e per azioni di inclusione sociale?
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