• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Salute > La sindrome di Samo: una roulette russa con il sesso

La sindrome di Samo: una roulette russa con il sesso

“Vinceva ogni disgusto pur di essere contagiata
ed ecco che il suo sacrificio è inutile.
Giustamente lei non si uccide,
perché voleva morire dello stesso male.
Amava più la lebbra, del lebbroso”
Il silenzio del corpo – Guido Ceronetti, 1979

Con l’espressione Sindrome di Samo si intende un disturbo correlato all’area dell’affettività, della relazionalità e della sessualità.
Tale patologia è caratterizzata da un marcato attaccamento ad un partner malato e da una predilezione per i rapporti sessuali con soggetti portatori di malattie contagiose o, preferenzialmente, affetti da malattie sessualmente trasmissibili (MST) come l’AIDS, la gonorrea, la sifilide, l’epatite, senza che vi sia alcuna attenzione per il rispetto delle pratiche preventive dal contagio.

Il nome ha origine dall’omonima isola greca Samo dove, in passato, era concesso agli individui affetti da lebbra di avere contatti e, addirittura, sposarsi con persone sane. Guido Ceronetti, come sopra citato, riporta un episodio in cui viene narrata la storia fra un lebbroso e la sua giovane moglie: ‹‹Spinto da gelosia ed egoismo, l’uomo cercava in tutti i modi di contagiare la donna che, d’altro canto, andava oltre ogni disgusto ed era paradossalmente triste che la sua pelle restasse intatta›› (G. Ceronetti, 1979). Ispirandosi a questa storia, l’Istituto di Malattie Infettive dell’Università di Bologna, nel 1922, diede il nome a questa sindrome; in particolare dopo aver studiato casi, soprattutto di donne, che avevano come partner uomini malati di AIDS o che cercavano rapporti non protetti con soggetti affetti da MST.

Come documentato da Ceronetti, l’amore in questo caso è rivolto più alla malattia stessa che al soggetto che ne è affetto. Il partner sano mette in atto una sorta di sacrificio, un “altruismo erotico”, concepito come un gesto di totale dedizione verso il partner malato. Paradossalmente, la malattia viene vista non come qualcosa che allontana, bensì come un alleato, infatti, per la coppia il contagio diventa una sorta di collante. D’altra parte, la malattia induce nel soggetto affetto un sentimento di onnipotenza scaturito dal poter infettare l’altro. In riferimento a ciò, appare logico che tutte le forme cautelative e di protezione, quali ad esempio l’utilizzo del preservativo, appaiono come un ostacolo, qualcosa di intrusivo che invade un rapporto unico e speciale.

L’eziopatogenesi della Sindrome di Samo non è molto chiara, ma alcuni studi hanno rilevato come i soggetti affetti spesso abbiano subito traumi psichici che hanno condizionato il loro sviluppo psico-sessuale. Quindi, le cause sono da individuare nel loro passato e non sulla base dei primi sintomi. Lazzari e colleghi (1992) hanno evidenziato che un possibile fattore scatenante della sindrome è da rintracciare in relazioni conflittuali con le figure di attaccamento, in particolare, donne vittime di padri violenti possono ricercare e riguadagnare il rispetto e l’affetto di cui si sono sentite private da bambine; mentre gli uomini possono aver avuto madri anaffettive o dominanti.

(Lazzari et al.: The infection with HIV as suicidal behaviour: psychology of HIV-ve stable partners of subjects with AIDS, 1992)
Spesso le persone affette dalla sindrome di Samo hanno personalità fragili, dipendenti e di tipo depressivo; ciò consente loro di mascherare la spinta autodistruttiva che viene espressa proprio mantenendo il contatto con la persona malata. Alcuni esperti addirittura pensano che il fatto di non riuscire a fermare l’epidemia di AIDS possa dipendere dalla suddetta sindrome. Un esempio è riportato da un episodio accaduto alla fine degli anni ’90 negli Stati Uniti, dove si diffusero dei siti internet in cui gli uomini omosessuali cercavano partner sieropositivi per farsi infettare. In questo caso, una delle spiegazioni elaborate fu che l’essere contagiati volontariamente era un modo per controllare l’angoscia di esserlo per sbaglio, evitando la spiacevolissima considerazione sociale che vede da sempre correlato il binomio “omosessualità e MST”.

Dal punto di vista descrittivo, la Sindrome di Samo non è inserita all’interno del DSM-5 ma può esser considerata una forma di disturbo parafilico, in quanto ci si riferisce ad una serie di comportamenti erotico-sessuali non conformi, ossia modi di agire nella sfera sessuale e affettiva che mostrano un disagio psichico di fondo. In questo caso, si fa riferimento ad una patologia al limite tra sacrificio erotico e tendenze suicide. Da notare è che la sindrome non colpisce esclusivamente la persona che ne è affetta ma contribuisce, in parte, alla diffusione di virus nella popolazione. Vista la sua pericolosità, è data grande importanza alla diagnosi che, oltre a salvare la vita dei soggetti coinvolti, è funzionale anche per limitare la potenziale espansione delle malattie sessualmente trasmissibili.

 

Tutor: Fabiana Salucci
Tirocinante: Alessia Esposito

Questo articolo è stato pubblicato qui

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox


Pubblicità




Pubblicità



Palmares

Pubblicità