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La rivoluzione degli stadi italiani e la pazza idea di De Laurentis

Siamo giunti ormai alla resa dei conti. Gli stadi italiani sono vecchi, tutti demani comunali e le società hanno solo perdite dal giocarci dentro. Non si può più andare avanti così.

Per quanto riguarda l’età dei nostri stadi, il problema è davvero grave. Abbiamo stadi costruiti nel 1928, 1933, 1926 e lo stadio di Genova, Luigi Ferraris, è del 1911. Vero è che in Inghilterra ci sono stadi molto più antichi, ma, a differenza dei nostri, sono mantenuti bene e poi, grazie alla legge Taylor della fine degli anni ’80, sono stati totalmente ripensati in un ottica molto più moderna.

 

Via il legno, via i posti in piedi, via le disagevolezze e via i cumuli di persone. Sì ai materiali più innovativi per resistenza e flessibilità in caso di sisma, sì ai posti a sedere confortevoli e facilmente individuabili in caso di incidenti, sì alla comodità per puntare ad un pubblico che vuole assistere ad uno spettacolo più che ad una lotta, sì all’ordine e alla sorveglianza continua e ferrea.

 

In Italia un discorso del genere poteva essere facilmente portato avanti grazie agli investimenti per Italia ’90. Montezemolo, a capo della sua squadra di supermanager, ha invece sparso per l’Italia soldi strafogati dalle tangenti politiche e stadi inadeguati e brutti, ancora più vecchi per visibilità del campo e servizi accessori.

 

Ma se davvero le squadre italiane vogliono ritornare ai fasti degli anni ’90 e concorrere contro i colossi inglesi e spagnoli, il nodo stadio è il primo che deve venire al pettine.

 

Le idee dei manager calcistici per adesso sono principalmente due: privatizzare i vecchi stadi, così da farne una propria fonte di guadagno diretto, oppure costruire daccapo stadi totalmente nuovi, magari in zone lontane dal centro città.

 

Un’idea del genere è già stata messa su carta da Massimiliano Fuksas per i Della Valle, presidenti della Fiorentina. Un’area di 80-90 ettari fuori Firenze che comprende nuovo stadio solo per il calcio, parco tematico per i bambini, grande centro commerciale con prodotti di qualità made in Italy e un museo d’arte moderna.

 

La Juve invece si è mossa nel tentativo di rifondare il Delle Alpi e farlo diventare un proprio bene privato. Accanto a questo ha poi puntato alla vendita dei naming rights, ovvero alla vendita del diritto all’intitolazione dello stadio ad un’azienda privata, in questo caso il broker internazionale Sport Five, incassando 75 milioni di euro per 12 anni, da quando il nuovo Delle Alpi sarà aperto al pubblico.

 

Infine il Napoli con un’idea pazza di De Laurentis che pochissimi suoi fidati collaboratori sanno e che noi di Agoravox diamo in anteprima: il sogno di De Laurentis è costruire uno stadio in mare, al largo di Pozzuoli, così da entrare nella storia del calcio e dell’architettura. Per adesso, un’idea del genere è ostacolata soprattutto ad un livello politico. Ma se gira il vento, è possibile che avremo a Napoli il primo stadio a cui si arriva in motoscafo.

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