La rivoluzione degli stadi italiani e la pazza idea di De Laurentis
Siamo giunti ormai alla resa dei conti. Gli stadi italiani sono vecchi, tutti demani comunali e le società hanno solo perdite dal giocarci dentro. Non si può più andare avanti così.
Via il legno, via i posti in piedi, via le disagevolezze e via i cumuli di persone. Sì ai materiali più innovativi per resistenza e flessibilità in caso di sisma, sì ai posti a sedere confortevoli e facilmente individuabili in caso di incidenti, sì alla comodità per puntare ad un pubblico che vuole assistere ad uno spettacolo più che ad una lotta, sì all’ordine e alla sorveglianza continua e ferrea.
In Italia un discorso del genere poteva essere facilmente portato avanti grazie agli investimenti per Italia ’90. Montezemolo, a capo della sua squadra di supermanager, ha invece sparso per l’Italia soldi strafogati dalle tangenti politiche e stadi inadeguati e brutti, ancora più vecchi per visibilità del campo e servizi accessori.
Ma se davvero le squadre italiane vogliono ritornare ai fasti degli anni ’90 e concorrere contro i colossi inglesi e spagnoli, il nodo stadio è il primo che deve venire al pettine.
Le idee dei manager calcistici per adesso sono principalmente due: privatizzare i vecchi stadi, così da farne una propria fonte di guadagno diretto, oppure costruire daccapo stadi totalmente nuovi, magari in zone lontane dal centro città.
Un’idea del genere è già stata messa su carta da Massimiliano Fuksas per i Della Valle, presidenti della Fiorentina. Un’area di 80-
Infine il Napoli con un’idea pazza di De Laurentis che pochissimi suoi fidati collaboratori sanno e che noi di Agoravox diamo in anteprima: il sogno di De Laurentis è costruire uno stadio in mare, al largo di Pozzuoli, così da entrare nella storia del calcio e dell’architettura. Per adesso, un’idea del genere è ostacolata soprattutto ad un livello politico. Ma se gira il vento, è possibile che avremo a Napoli il primo stadio a cui si arriva in motoscafo.
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