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La rete ha messo radici. Obama e il tempo dei fili d’erba

Le elezioni presidenziali americane hanno esibito per la prima volta un utilizzo maturo della rete in politica.

La differenza tra Obama e gli altri candidati non è stata soltanto in un abissale divario nella raccolta fondi. E’ il modo in cui si fa politica ad essere cambiato.
Per quanto la rete sia un medium gobale ha alla su base delle dinamiche di territorio che il neo eletto Presidente degli USA ha saputo mettere in moto, per la prima volta con successo.

Il gruppo di lavoro mediasenzamediatori.org ha deciso di intraprendere un’analisi dettagliata di quanto è avvenuto e sta avvenendo politicamente in rete e negli Stati Uniti, sulla scia di quanto tracciato dalla campagna elettorale appena conclusa.

Questo mio contributo all’analisi vuole partire da un paradosso, inscritto nella mentalità di rete, e di cui credo ci renderemo conto sempre di più nei prossimi anni.

La propagazione delle opinioni in rete è lenta e locale, ha effetti molto più duraturi delle opinioni televisive e tende a costruire una società un passo alla volta, un individuo alla volta, a differenza dei media di massa.

Per capire meglio queste dinamiche è necessario andare a vederne le origini.

Come è nato lo stile politico Obama ?
Qual’è stato il motore della sua campagna elettorale ?
E’ un aspetto che in Europa non esiste neppure quindi lo si deve comprendere a partire da zero e non si può provare a replicarlo altrove, ma non è per questo che considero Obama un leader iperlocale.

1992: Project Vote !


Dopo anni di declino della partecipazione al voto, specialmente nella comunità di colore, nel 1992 viene lanciato, con capitali privati, il Project Vote, una massiccia campagna di iscrizione alle liste elettorali e di incitamento al voto. A gestire il progetto viene chiamato un uomo di 31 anni apena uscito da Harvard, è ovviamenteo Barack Obama. Il progetto è di tale successo da ridisegnare la compagine politica dell’Illinois, per la prima volta nella storia la minoranza di colore raggiunge la maggioranza di partecipazione al voto in molti distretti.

Obama viene osannato si parla di un suo possibile ingresso in politica, come riporta un giornalista di Chicago in questo articolo del 1993 "The sky is the limit for Obama".

La strategia vincente di quel progetto? Delegare. Nel giro di pochi mesi 700 coordinatori vengono reclutati, formati e messi all’opera, ciascuno totalmente responsabile della propria area. Il grafico che se ne ricava è, come per la rete, un frattale.

La passione del lavoro sul territorio.


Per capire da dove venga la convinzione che Obama ha messo nelle singole comunità locali bisogna conoscere i suoi punti di riferimento culturali. Prima di tutto la madre. Un antropologa terzomondista come si diceva decenni fa, che ha passato gran parte della sua vita in varie zone dell’asia coltivando progetti di microcredito e di supporto tecnico a villaggi ee imprenditrici locali. Da qui il credo nelle singole storie, nella differenza che può fare il locale sul globale.

Questo articolo del NYT ne è forse il miglior ritratto.


Per la prima volta da decenni un Presidente Democratico ha vinto anche
il voto popolare, 52,9% dei voti. Un lavoro di coinvolgimento alla vita politica mai visto prima negli Stati Uniti.

Come ci è riuscito ?


Con la rete, certo, ma delegando ad ogni singolo sostenitore il lavoro sul campo. Pagine wiki per la stesura di tabelle di lavoro, banche dati divise per codice postale, e migliaia di responsabili sparsi su tutto il territorio. La cosiddetta "fifty states strategy", iniziata da Howard Dean non appena insediato a presidente del partito Democratico è stata portata da Obama ad un livello successivo. Al reclutemento in ognuno dei 50 stati di responsabili per la chiamata al voto, registrare nuovi elettori (si negli USA se non ci si iscrive alle liste almeno una
volta non si può andare a votare), convincere i vicini della bontà del proprio candidato.

Questa è stata la principale attività di my.barackobama.com

Questa strategia ha due aspetti fondamentali.

Delega il messaggio ad un medium locale e conoscito, il proprio vicino di casa. Rompe la soglia di apatia verso giochi di potere lontani e indecifrabili e attenua la diffidenza verso lo ’sconosciuto’ politico di turno.

Ma costringe al contempo l’avversario politico a difendere la propria base elettorale ovunque, anche in stati considerati "sicuri". E’ la mentalità della massa a venire sgretolata, il blocco di opinione di fronte al quale uno spot televisivo può davvero poco. Se è il tuo vicino a presentarti un progetto, puoi esserne convinto o no, ma lo starai ad ascolare più facilmente e ti sembrerà meno strano cambiare idea perché la vedrai subito condivisa sul tuo territorio.

Stimolando le radici del consenso e irrigandole attraverso i mille rivoli della rete telematica Obama ha creato un immenso "grass root movement" che ha finito per eleggerlo Presidente degli Stati Uniti.

E’ all’altezza dell’erba che lo stile politico di Obama si è assestato ed è a quel livello che ha promesso di restare. E’ di pochi giorni fa la richiesta agli americani di "idee per una riforma sanitaria", sembra quindi intenzionato a stimolare il dibattito e proseguire questo esperimento di decentramento delle energie.

Partendo da tutto questo, e aggiungendo la considerazione che il lavoro sul campo richiede dei tempi di maturazione maggiori rispetto ad una campagna di massa, direi che al momento Obama è il leader degli Stati Uniti e basta. Lo è in maniera nuova e con un approccio esponenziale che lo porterà sicuramente a travalicare i confini di quel paese, non solo con il carisma ma con mobilitazioni concrete
dell’opinione pubblica.

Ma direi che per la carica di leader del mondo Barack Obama non ha iniziato neppure le primarie. Oltre al fatto che la crisi economica, sanitaria e anche morale degli Stati Uniti rappresentano una ovvia priorità per il presidente neo-eletto, va notato come l’organizzazione politica di Obama si sia appena adesso attivata negli Stati Uniti, una attivazione dal basso, lenta e puntiforme come le radici dei fili d’erba.

E’ questo stesso approccio che credo vedremo attuare nei vari punti del mondo, accordi con i moderati, iniziative locali di aiuto nei paesi implosi sotto le dittature, una lenta ramificazione lungo la classe media mondiale. A quel punto saremo pronti ad avere un leader mondiale.

Magari già dal secondo mandato del telentuoso leader iper locale.

Nel frattempo, come era scritto anni fa attorno ad un prato in rifacimento nel cuore di Central Park: "Prendiamoci il tempo di osservare l’erba che cresce".

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