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Gli alimenti resi più appetibili in laboratorio e la qualità del cibo

In periodi di carestia il fatto che il cibo veniva scelto in funzione della disponibilità, aveva ovviamente un senso, ma ora che la maggior parte delle persone ha la possibilità di decidere ciò che desidera consumare, è bene orientarsi su ciò che realmente ci occorre.

Oggi giorno si è investito molto sull'igiene, sulla conservazione ottimale, sull'industrializzazione del processo produttivo, sul gusto ecc., raggiungendo livelli ineccepibili, ma purtroppo ben poco si è fatto sulla massimizzazione del fine ultimo che il cibo dovrebbe avere, ovvero il profilo nutritivo: abbiamo farine sempre più bianche, zucchero e sale più raffinati, grassi che non irrancidiscono e così via.

Le priorità del cibo sono però leggermente diverse da quelle per cui siamo abituati. Per quanto riguarda l'igiene, o meglio identificata come sicurezza alimentare, non c'è dubbio che deve essere la prima, ma subito dopo il cibo dovrebbe nutrirci nel migliore dei modi e, solo in seguito, essere buono ed infine essere bello.

Negli anni si è invece visto una scala di importanza molto differente, dove nei primi posti c'è il bello, il gustoso, il ben presentato (packing accattivanti) ma ciò che realmente ci interessa, ovvero il fatto che dovrebbe nutrirci nel migliore dei modi, ha un importanza secondaria. Sarebbe un pò come scegliere un farmaco perché la pillola è bella e buona, ma la funzione è marginale.

Allo stesso tempo il cibo moderno crea spesso dipendenza, per via della presenza massiva di sali, grassi e zuccheri che lo rendono più appetibile.


E' questa non è solo un'evidenza che possiamo tutti bene o male concordare ma quella del professore di David Kessler, ex commissario della Food and Drug Administration statunitense che a questo argomento ha dedicato un libro "The End of Overeating", dove asserisce questo:

"La palatabilità è uno dei fattori che più interessano alle società produttrici di alimenti, ovvero la gradevole consistenza e sapore che possa incontrare il palato del consumatore. Questo decreta il successo o il fallimento di un cibo in fase di vendita. Alla luce di ciò i chimici e i ricercatori lavorano per migliorare e potenziare l’esperienza di gusto dei propri prodotti".

Il problema è che questa tendenza è stata portata all’eccesso, sostiene il professor Kessler, proprio come avvenne con le sigarette "potenziate" con ammoniaca e altri additivi. Questo eccesso guida i produttori a ricercare non solo la gioia del gusto, ma quella di un’esperienza innaturale, chiamata da Kessler della "iper-palatabilità".

Per raggiungere lo scopo vengono utilizzate tecniche diverse. La prima, come suddetto, è quella di "aumentare" gli ingredienti delle pietanze con sali, zuccheri e grassi; la seconda è quella di renderli più facili da masticare e deglutire, così si avrà voglia di buttar giù velocemente una seconda porzione. Questi accorgimenti stimolerebbero i nostri recettori nervosi esattamente come avviene con l’assunzione degli oppioidi (come la morfina), causando la dipendenza da cibo e a ruota, divenendo possibile causa di sovrappeso.

Proprio per combattere questa malattia, l’università di Yale ha creato la Yale Food Addiction Scale, utilizzata dai medici statunitensi soprattutto per il controllo dell’obesità infantile. La scala parte da un questionario e riconosce tra i consumatori quali sono a rischio sovrappeso a causa di una sensibilità maggiore a queste sostanze arricchite e quali no.

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