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La mente e l’anima oscura dell’Homo biologicus

Pier Vincenzo Piazza è un neuroscienziato italiano naturalizzato francese e ha scritto un saggio che prende in esame alcune scoperte nel campo della biologia della mente: “Homo biologicus” (Rizzoli, 2019, 382 pagine effettive, euro 22).

La percezione della mente umana da parte della mente umana si origina da un misterioso processo di rispecchiamento. Per Piazza la mente materiale è percepita come immateriale per due motivi fondamentali: “la natura volatile, inafferrabile della mente” e la varietà del “nutrimento della mente” (la mente si nutre di tutte le innumerevoli esperienze della vita). L’identità biologica presuppone caratteristiche quasi immutabili, mentre l’identità psicologica varia molto in base ai contesti (p. 43). Esistono quindi infinite modalità di espressione di tutte le identità bio-psico-sociali degli abitanti del pianeta, a seconda dei tempi, dei luoghi, delle relazioni e delle varie situazioni.

In ogni caso “la biologia è probabilistica: un gene produce una proteina, ma la sua funzione può essere diversa a seconda di un’enormità di cose, e soprattutto in base al contesto attuale e alle esperienze passate. Alcune parti della nostra struttura fisica si modificano di continuo, un po’ come il nostro umore e il nostro comportamento che sembrano cambiare a seconda delle condizioni metereologi che” (p. 41). Il genoma è come “uno strumento musicale, capace di generare un numero infinito di melodie” (p. 47) e la stessa proteina ha effetti diversi a seconda del tessuto dell’organo in cui opera. 

Ad esempio, il CB1, che è il recettore di tipo 1 degli endocannabinoidi (attivabili anche dalla cannabis), ha tre funzioni completamente differenti a seconda della configurazione cellulare in cui si trova: può modificare l’attività dei neuroni, può innescare la fabbricazione di alcune proteine, può produrre energia (all’interno dei mitocondri, come dimostrato dal ricercatore Giovanni Marsicano, p. 58). Inoltre in ogni “localizzazione il CB1 svolge delle funzioni notevolmente diverse… Stimola la produzione di lipidi da parte del fegato; contrasta gli effetti dell’insulina inibendo l’ingresso del glucosio nelle cellule muscolari; infine facilita l’ingresso e l’immagazzinamento dei lipidi nelle cellule del tessuto adiposo… nel sistema nervoso può indurre uno stato di rilassamento, un senso di beatitudine, o far venire voglia di mangiare. Può provocare una perdita della memoria o togliere la voglia di fare qualsiasi cosa” (p. 59).

Esistono inoltre “due biologie: una, per così dire, fissa e predeterminata, e l’altra modificabile (epigenetica), che cambia in funzione delle esperienze che facciamo… La parte mutante (riprogrammata dall’ambiente) è invece all’origine delle caratteristiche che di solito attribuiamo alla mente” (p. 85). Le modificazioni del cervello legate alle nostre principali percezioni ambientali e relazionali, lasciano delle tracce più o meno indelebili che influenzano le registrazioni e le azioni della mente.

Comunque nei casi molto complessi e più astratti, potrebbe essere la mente ad agire sul cervello. Ma “se è la mente a modificare il cervello, questa essenza immateriale dovrebbe essere capace di interagire in una dimensione che non è la sua, ovvero la materia. Questa trasmutazione che salvaguarderebbe l’integrità dimensionale delle due parti… non è razionalmente immaginabile, e nemmeno plausibile. Necessita obbligatoriamente di ricorrere a un processo intellettuale simile all’atto di fede religioso”(p. 75). A meno che non entri in azione qualche legge della fisica quantistica nel flusso della coscienza che dirige l’orchestra dei potenziali elettrici dei neuroni.

Qui a mio parere entra in campo l’uno per cento quantitativo che può determinare il 99 per cento qualitativo di una scelta decisionale, o nella maggioranza dei casi, può aumentare oltre il 50 per cento la probabilità di avviare un certo tipi di fenomeno mentale. Quindi il vero problema è quello di capire quanto vale, dal punto di vista esistenziale e qualitativo, l’uno per cento che completa il 99 per cento dell’attività cerebrale documentabile (con l’attuale stato delle conoscenze).

In conclusione “considerare la natura umana come biologica non ci porta ad abbandonare il concetto di volontà e di libero arbitrio, ma ad avere una visione diversa del substrato che li mantiene e delle ragioni delle nostre azioni… ci permette di comprendere meglio cosa dobbiamo considerare dei vizi e cosa delle malattie” (p. 238).

 

Pier Vincenzo Piazza è un medico e un neuroscienziato specializzato nelle dipendenze patologiche. Nel 2015 ha vinto il Grand Prix dell’INSERM (Istituto Nazionale francese della Sanità e della Ricerca Medica), e il Grand Prix di Neurologia dell’Accademia Francese delle scienze. Oggi dirige l’azienda che ha fondato: https://www.aelisfarma.com/meet-us/pv-piazza. Per ulteriori informazioni sul libro: https://oggiscienza.it/2019/12/16/homo-biologicus-pier-vincenzo-piazza (recensione del 2019); https://www.youtube.com/watch?v=w_Q718RDzOw (intervista del 2019 in francese).

Nota sulla dipendenza – La “distinzione tra dipendenza fisica e psicologica è oggi completamente superata , perché adesso si conoscono le basi biologiche precise delle due forme di dipendenza” (p. 36). I circuiti neurali sono più o meno diversi nei vari individui e anche nei topi esiste la dipendenza dalla cocaina ( è presente in circa il 20 per cento dei soggetti come avviene negli essere umani, p. 263). La ricerca del piacere attraverso il consumo dei sostanze psicostimolanti o svolgendo “delle attività che alterano il nostro stato di coscienza è una delle principali aspirazioni della nostra ricerca della libertà” (p. 137). Infatti le attività ludiche, la musica e i vari spettacoli televisivi impegnano sempre di più le nostre vite. Ma il consumo eccessivo di alcool e di cannabis provoca molto problemi di salute e anche il 40 per cento degli incidenti stradali mortali (p. 307). Chi prova la nicotina diventa dipendente nel 33 per cento dei casi, chi prova l’alcool, la cocaina e l’eroina diventa dipendente dal 20 al 25 per cento dei casi, chi prova la cannabis diventa dipendente nel dieci per cento dei casi (https://www.youtube.com/watch?v=du8IzdVG4fc, p. 316). La tossicodipendenza è una patologia cronica (le ricadute arrivano al 90 per cento dei casi, p. 341).

Nota sul piacere – Esistono due sistemi del piacere fondamentali, uno legato all’alimentazione e uno collegato al piacere di cercare il piacere. Il primo sistema è basato sull’encefalina (oppioide) e sull’anandamide (endocannabinoide, p. 160). Anche a causa dei cibi industriali (con troppi zuccheri, sale, grassi e sostanze conservanti), in Francia il 20 per cento della popolazione è diventata obesa e il 60 per cento è in sovrappeso (p. 260). Il secondo sistema, più sfumato, è basato sulla dopamina del mesencefalo (qui il piacere della ricerca è superiore all’attivazione dello stimolo). Probabilmente la “capacità di separare il piacere e la felicità dal loro scopo evolutivo, trasformandoli in oggetti indipendenti… ci ha portati a passare dall’aspirazione alla libertà di restare vivi, a quella di scendere su una pista innevata” (p. 170). Nelle società moderne gli esseri umani non mangiano più per bisogno, ma mangiano troppo per motivi culturali e per l’eccessiva presenza di cibo a qualsiasi ora del giorno e della notte (mangiare di notte non è consigliabile).

Nota personale – Per approfondire le basi neurochimiche dell’amore (non le affinità immunitarie): https://avegiada.com/2016/03/07/perche-ci-innamoriamo-e-colpa-della-feniletilamina; https://www.stateofmind.it/2012/01/chimica-innamoramento (Mara Soliani, psicologa). Anche in molte relazioni amorose “sono le norme e non la normalità a guidare le nostre decisioni… la maniera in cui consideriamo i vari modi di essere non si evolve sempre seguendo un percorso logico perché non ha radici in ciò che realmente siamo” (p. 251).

Nota etologica – Uno studio relativo a due linee genetiche diverse di madri topo ha avuto un risultato inaspettato: la madre che allevava i topini con moltissime attenzioni “produceva dei topi con una maggiore propensione alle droghe e maggiori tendenze depressive” (p. 65). Le madri più spartane e minimaliste producevano topi meno “viziati” e più resilienti alle avversità, ma solo in una determinata linea genetica più predisposta, a causa di una determinata proteina. Infatti anche i topini appartenevano a due ceppi genetici diversi, ma erano stati scambiati con una madre di ceppo diverso subito dopo la loro nascita (prima che la madre potesse avviare il riconoscimento). Gli uomini si sono evoluti da un “topo” arboricolo (tupaia), ma sono molto più complessi dei topi. Qui trovate un esperimento famoso: https://it.wikipedia.org/wiki/Fogna_del_comportamento.

Nota futurista – Fra pochi anni l’uomo potrebbe produrre una serie di eventi di ingegneria genetica con conseguenze imprevedibili: la creazione di animali con geni in grado di produrre glucosio attraverso la fotosintesi clorofilliana (p. 229). Forse risulteranno più gestibili dei sistemi di fotosintesi artificiale per sfruttare meglio l’energia solare. Alcune ricerche sono già molto promettenti: https://ilbolive.unipd.it/it/news/altro-passo-avanti-verso-fotosintesi-artificiale; https://magazine.impactscool.com/video-notizie/la-fotosintesi-artificiale-il-futuro-della-produzione-energetica.

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