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La manovra vista dai cittadini, cala la fiducia verso Monti

Il 4 dicembre scorso il presidente del Consiglio Mario Monti ha presentato in conferenza stampa la manovra cosiddetta “Salva Italia”. Alcuni istituti demoscopici – tra cui Ispo, Digis, IPR Marketing e Ipsos – hanno rilevato nell’ultima settimana non solo la popolarità di cui godono le misure messe sul tavolo in quell’occasione, ma anche la fiducia dei cittadini nei confronti del nuovo presidente Monti.

Nella tabella sottostante è possibile comparare i dati dei sondaggi realizzati da Ipsos per Ballarò, IPR Marketing per Repubblica.it e Ispo per Porta a Porta, nel periodo tra il 5 e il 7 dicembre. I valori riportati rappresentano in percentuale il numero di intervistati che hanno dato ai singoli provvedimenti della manovra un giudizio buono o molto buono.

Dal primo dei dati contenuti nella tabella emerge la quasi unanimità intorno al provvedimento che colpisce i beni di lusso, quali automobili di grossa cilindrata, barche e aerei; la patrimoniale sui beni di lusso è condivisa da 9 cittadini su 10. Seguono a ruota, con un’approvazione tra l’80% e il 90%, la riorganizzazione degli enti provinciali e gli sgravi fiscali alle imprese che reinvestono in donne e giovani. Il giudizio positivo dato dai cittadini italiani a questi tre provvedimenti mostra quali siano le loro priorità in questo momento di crisi: giustizia sociale, lavoro e riduzione del costo della politica.

Per quanto riguarda le pensioni i cittadini hanno diverse opinioni a seconda del provvedimento. Il 60% ritiene giusto il passaggio per tutti i lavoratori al sistema previdenziale contributivo, ma solo una percentuale che oscilla dal 30% al 40% (poco più di uno su 3) è d’accordo con il congelamento delle pensioni sopra i 936 euro e l’aumento dell’età pensionabile. Anche l’imposta sugli immobili – ex ICI, ora IMU – divide i cittadini: il 65% ritiene opportuno un aumento dell’aliquota sulle seconde case ma neanche la metà di loro vorrebbe un ritorno dell’ICI sulla prima abitazione.

I provvedimenti più avversati dagli italiani sono quelli paradossalmente più “equi”, in quanto colpiscono praticamente tutti: l’aumento dell’IVA al 23% e il rincaro delle accise sui carburanti. Sulla base di quanto detto finora è interessante dare un’occhiata al trend della fiducia di cui godeva Mario Monti prima e dopo la presentazione della manovra alla stampa. Per calcolare questa tendenza ci siamo serviti di cinque rilevazioni di quattro istituti di sondaggi (Ispo, Ipsos, Digis e IPR) in un intervallo di tempo che va dal 24 novembre al 7 dicembre.

Ovviamente, essendo stati calcolati in giorni diversi da istituti differenti – tranne nel caso dell’Ispo –, è difficile dare un valore di omogeneità alle percentuali rilevate, ma queste ci servono da “guida” per due considerazioni. La prima è che dalla rilevazione del 24 novembre all’ultima del 7 dicembre (calcolate entrambe dall’istituto guidato da Renato Mannheimer) Monti ha perso il 9% di fiducia.

Quando Bruno Vespa gli ha riferito il dato a Porta a Porta Monti ha risposto con una battuta: “Allora potevo fare di più”. Nonostante il sarcasmo del Presidente del Consiglio è bene considerare che nove punti percentuali in tredici giorni non sono affatto pochi. Seconda considerazione: a dispetto di quanto si possa immaginare, il netto calo di fiducia in Mario Monti è avvenuto ben prima della presentazione del decreto “Salva Italia”.

Infatti, nonostante le rilevazioni dal 26 novembre ad oggi siano state calcolate da diversi istituti demoscopici, esse rivelano percentuali molto omogenee tra loro, in una forbice che va dal 62% al 65% di fiducia, ben distante dal 73% rilevato otto giorni dopo l’insediamento a palazzo Chigi. 

Un ruolo cruciale nel calo di fiducia a Monti l’ha probabilmente giocato il “toto-provvedimenti”: per più di una settimana, prima che la manovra fosse presentata ai giornalisti, si è vociferato che Monti volesse mettere in tavola parecchie misure impopolari tra cui un forte inasprimento dell’Irpef e persino una fantomatica tassa sugli animali domestici, una bufala che ha tratto in inganno anche l’ex sindaco di Milano Letizia Moratti e il suo staff.

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.139) 12 dicembre 2011 18:34

    gli autonomi del 1951 sono nelle stesse condizioni dei lavoratori privati del 1952 in quanto maturano i requisiti un anno dopo e percepiscono la pensione ,causa finestra, 18 mesi dopo !!!!! E’ EQUITA’ QUESTA ? MA SMETTIAMO DI PRENDERE IN GIRO I LAVORATORI, perche se un giorno si incazzano, e sarà non molto lontano a venire saranno c..... acidi !

  • Di pv21 (---.---.---.192) 12 dicembre 2011 18:43

    Salva-soliti >

    Non si può adottare una qualche “patrimoniale” sulle grandi ricchezze per non provocare fughe di capitali. Così non si può neppure chiedere più di un altro 1,5% agli evasori anonimi “scudati” da Tremonti.
    Non si può vendere all’asta le frequenze tv per non “favorire” chi da anni è presente sul mercato.
    Non si può ritoccare (+2%) solo l’aliquota fiscale dei redditi sopra i 75mila euro quando si aumenta per tutti l’Addizionale Regionale Irpef.

    Certo è che sarebbero almeno una ventina di miliardi di nuove entrate.
    Tuttavia, come dice Monti, “è imperativo tenere i saldi invariati”.

    Non si può allora rinunciare ad incassare l’ICI anche sull’unica casa delle famiglie meno abbienti.
    Non si può quindi per l’inflazione rivalutare di quasi 30 euro le pensioni da 1000 euro.
    Non si potrà scongiurare il taglio delle detrazioni familiari e assistenziali se non aumentando di 2 punti l’IVA (10 e 21%) sui generi di largo consumo.

    Non cambia la musica.
    Da anni una Tagliola Tributaria corrode il potere d’acquisto delle famiglie …

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