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La legge che salverà Berlusconi: ecco il nuovo Lodo Gasparri-Quagliarello

La legge che salverà Berlusconi: ecco il nuovo Lodo Gasparri-Quagliarello

"Se ci saranno uno, due, tre casi di comportamenti illegittimi saranno i magistrati ad accertarlo. E in questa ipotesi ci sarà severità di giudizio e di decisione nei confronti di chi fa politica ed ha responsabilità pubbliche. Nessuna indulgenza e impunità per chi ha sbagliato".

Così tuonava nella conferenza stampa di giovedì 13 maggio il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Il garantismo nella sua accezione più estrema, quella difesa automatica dei pezzi del suo governo allo scoccare di ogni indagine giudiziaria, sembrava essere divenuta storia di un passato remoto.
Il tempo della solidarietà, della difesa hic et nunc e della lotta senza quartiere ai complotti delle toghe rosse era finito. Berlusconi annunciava, di fronte ai giornali e alle tv riunite, la seconda fase legalitaria del governo: quella del ddl anti-corruzione e quella dell’espulsione immediata dal governo dei colpevoli.

Questa volta non era lui, il premier, la guida del governo, ad essere sotto i riflettori delle procure. Questa volta, sotto il tiro degli indici accusatori dei pm di Perugia c’erano i suoi più stretti colleghi di partito e di governo: il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Guido Bertolaso, il ministro alle attività produttive Claudio Scajola e la sua "testa di ponte" nel PDL, il coordinatore Denis Verdini.

Le loro colpe presunte stavano danneggiando l’immagine del governo e, prima ancora, la popolarità del suo comandante in capo. L’avvio della fase legalitaria e della lotta senza quartiere alla corruzione politica non poteva non passare per la tv. Niente più garantismo. Era giunta l’ora della pulizia e del rispetto delle regole.

Il giorno successivo, venerdì 14 maggio, andava oltre, annunciando un repulisti talmente vasto da lasciare illesi solo una quindicina di parlamentari. Addio forzato per tutti gli altri. Anche a costo di lasciar crollare il governo più forte della storia repubblicana.

Nello stesso istante, lontano dagli occhi disattenti degli organi di stampa, al Senato prendeva vita, dopo mesi di illazioni, indiscrezioni ed ipotesi, la forma definitiva del cosiddetto "Lodo Alfano Costituzionale".

La proposta di legge, che vede come autori e primi firmatari gli elementi di spicco del PDL Maurizio Gasparri e Gaetano Quagliarello, raccoglie le firme dei "pidiellini" Roberto Centaro e Domenico Benedetti Valentini e quella di Federico Bricolo, Presidente del gruppo parlamentare della Lega Nord.

La forma è semplice: tre articoli componenti un disegno di legge costituzionale (che non altera nessun comma della suprema Carta, ma che ne "interpreta le volontà").
La sostanza altrettanto: abrogazione della processabilità automatica di Presidente della Repubblica, ministri e Presidente del Consiglio e ripristino (ma per i soli esponenti di governo) di quell’autorizzazione a procedere che il Parlamento abrogò nel 1993 sulla scia di Tangentopoli, per i procedimenti in corso e per tutti quelli che potrebbero aprirsi una volta entrata in vigore.

Lo scopo: approvazione dell’intero provvedimento, attraverso l’obbligatoria doppia - lettura in entrambe le camere, all’interno dei tempi tecnici minimi (la speranza è la fine di questo anno), così da offrire un’ulteriore sicurezza per il premier in relazione ai procedimenti giudiziari che lo coinvolgono, a partire dalla questione Mills che, nonostante le preoccupazioni, si configura sin dall’inizio come una prescrizione assicurata.

La conseguenza: creazione di un Lodo salva-premier che recepisce nel miglior modo possibile i dettami della Corte Costituzionale e che, da un lato garantisce premier e ministri, e, dall’altro, lascia al proprio destino Guido Bertolaso, Claudio Scajola e Nicola Cosentino.

A meno che, qualche emendamento dal respiro "egualitario" nel passaggio alle camere, non voglia estendere la tutela a tutti i membri del governo. E che un reintegro inatteso non riporti Claudio Scajola nella stanza dei bottoni.
Quattro passaggi parlamentari e un gesto d’amore del premier per sperare.

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