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La democrazia che non fa gettare le mani avanti

«Gettare le mani avanti» = figurativo per cercare di prevenire le brutte conseguenze di una propria iniziativa o attività, adottando pronte misure idonee a scongiurare dette conseguenze al meglio

L’equilibrio montesquieano dei tre poteri dello Stato (potere esecutivo, potere legislativo e potere giudiziario), essenziale per la democrazia, non può certamente risolversi in un fine: esso è un semplice mezzo per poter giungere all’applicazione del principio democratico di responsabilità dinanzi al popolo sovrano, da cui possa derivare la funzione decisionale ultima a questo assicurata.

Chi amministra la Nazione, chi ne predispone le leggi e chi amministra la giustizia non può non avere come riferimento essenziale il consenso dei cittadini per il proprio operato.

Da questo punto di vista cercare di gettare le mani avanti quando si teme una solenne bocciatura è certamente comprensibile, ma non accettabile; anzi il popolo sovrano deve essere attento e furbo nello svolgere la sua attività di controllo e di valutazione, se gli sta a cuore il buon andamento del proprio Paese.

Nell’attuale contingenza è l’esecutivo a destare qualche preoccupazione. Ha già sottomesso a sé il potere legislativo in una misura tale da far rivoltare nella tomba il barone di Montesquieu; sta per fare anche di peggio con quello giudiziario con una pluralità di riforme che del buon funzionamento del sistema di legalità ben poco si curano perché rivolte solamente a togliere competenze alla Magistratura; eppure continua a lamentarsi che la carenza di democrazia è tutta da ricercare nei limiti con cui si trova ad operare.

Basta una semplice analisi razionale per rilevare l’assurdità di questa asserzione.

Il governo è intervenuto sul problema della dipendenza energetica del Paese puntando sul nucleare e fermando la costruzione del degassificatore di Porto Empedocle perché “tanto abbiamo il gas del nord Africa”; è intervenuto sulla mancata crescita dell’economia con misure che, nelle intenzioni, dovevano costituire una sferzata per l’economia; è intervenuto sull’istruzione universitaria, guardandosi bene dal considerare l’ipotesi di togliere il valore legale ai titoli di studio, lasciando così al libero mercato la loro valutazione; è intervenuto sull’ormai centenaria questione meridionale con misure, a suo dire, estremamente incisive; insomma è intervenuto su tutto quanto ha ritenuto opportuno adottando le misure a suo avviso adeguate. Dunque non si vede in cosa la sua attività sia stata impropriamente ostacolata.

Forse getta le mani avanti perché gli esiti delle sue iniziative non convincono l’elettorato?

In effetti la sua politica energetica, dopo Fukushima e dopo la crisi del nord Africa, non appare delle migliori; l’economia continua ad arrancare con percentuali di incremento del PIL contenute in limiti ridotte; la qualità dell’istruzione universitaria non è migliorata in alcun modo; il Sud va sempre più alla deriva, salvo che in qualche film di cassetta, oggetto più dei sogni e dei desideri del Paese che della realtà delle cose.

Forse, però, il governo si sta sbagliando sulla prontezza e sull’astuzia dell’italico genio: siamo certamente un popolo di santi, di eroi e di navigatori, ma siamo soprattutto un popolo di scaltrissimi soggetti, degni eredi di un certo Ulisse. Questa manovra di gettare le mani avanti non ha molte probabilità di riuscita.

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