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La Strage di Piazza Fontana: l’arresto dell’anarchico Pinelli (Terza parte)

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Il 12 Dicembre del 1969 era (e lo sarebbe stata) una giornata come le altre per Giuseppe Pinelli. Di professione faceva il ferroviere, esattamente il caposquadra manovratore. Ma era qualcosa di più: era anarchico. E all'epoca, come oggi, professare tale idea e metterla in pratica (la figlia Claudia dice di lui "Per lui l'anarchia era un modo di vivere") equivale ad essere il capro espiatorio perfetto per i crimini del Potere.

D'altronde molti suoi compagni anarchici erano indagati sugli attentati al treno e quello alla fiera di Milano; e non importa che dopo qualche anno risultarono estranei ai fatti. Non importa tutto questo perchè le persecuzioni giudiziarie e poliziesche, sulle persone coinvolte, rimangono impresse sul corpo e la mente. A volte quelle persone finiscono anche di vivere.

Vorrei soffermarmi solo un attimo sul presente. Il sottoscritto (ho 30 anni, quindi siate clementi voi che quei tempi li avete vissuti sulla vostra pelle) che cerca attraverso la narrazione di riportare i fatti di quegli anni, ha un'unica presunzione: quella di far capire che il passato ci riguarda molto da vicino. I dati sono allarmanti: secondo alcune statistiche (Vedi "Anni di piombo. Sinistra e destra: estremismi, lotta armata e menzogne di Stato del Sessantotto a oggi") i giovani studenti, per il 50 per cento, ignorano chi fosse Pinelli. E vorrei tralasciare quelle sulla strage, pare che solo una piccola percentuale sappia bene di che cosa si tratti. E spero che non abbiano visto il film di Marco Tullio Giordana, ispirato dal libro di Cucchiarelli, perché avrebbero idee alquanto distorte dalla realtà dei fatti.

Eppure la storia di Pinelli ci riguarda da vicino. Molti giovani (ma anche meno giovani) obietterebbero che sono storie vecchie perché parliamo di decine e decine di anni fa. Eppure pochi sanno che ancora oggi molti anarchici finiscono in prigione, da innocenti. Basti pensare alle ultime operazioni giudiziarie di quest'estate. E non parliamo delle innumerevoli morti in carcere. Alcuni suicidi, altri invece omicidi mascherati da suicidi. C'è chi potrebbe obiettare che quindi pericoli del genere accadano solamente agli anarchici o alle persone impegnate: no, non è vero, può capitare a chiunque. Anche alla persona qualunque che capita in situazioni e posti o momenti sbagliati, oppure per l'essere tirati in ballo da altre persone. Accade, e poi sono tragedie umane vere e proprie. 

Ma soprattutto la Strage di Piazza Fontana e la caduta dalla finestra da quella maledetta stanza della questura ha modificato la storia di ognuno di noi, anche se siamo nati dopo, molto dopo. Quella strage è stata il segnale che nulla può cambiare senza il visto supremo del Potere. Leonardo Sciascia ci insegna che "un Paese senza memoria è un Paese senza futuro". Forse è da qui che dovremmo noi tutti partire. 

Ma ritorniamo a Pinelli. Lui ad esempio era uno di quegli uomini che contribuiva al miglioramento di questo maledetto Paese. Frequentava il circolo anarchico Ponte della Ghisolfa e soprattutto era uno che si adoperava per la rete della "Croce Nera Anarchica". Fu un'organizzazione che si adoperava per abolire il carcere e per dare assistenza ai prigionieri politici e anche detenuti comuni. Mi viene da dire che forse servirebbe ancor di più oggi, un' organizzazione (se così la si può chiamare) del genere visto che "a sinistra" si dimenticano i problemi di un sistema penitenziario e giudiziario che provoca orrore e prepotenza del Potere. Ma questo è un'altro annoso discorso.

Cosa fece, quel maledetto giorno, Pinelli? Riassumo brevemente tutto quello che ha fatto, ovvero il suo alibi poi (troppo tardi) riconosciuto come vero dalle future inchieste giudiziarie. Prima del 12 dicembre fa il turno di notte, per poi smontare alle 6 di mattina. Poi a casa a dormire. Dorme ancora quando, prima di mezzogiorno, viene Sottosanti

Lo riceve la moglie di Pinelli, Licia, che poi andrà a fare la spesa e a prendere le bambine (Silvia e Claudia) a scuola. Pino si alza e prepara il pranzo per tutti. Alle due esce con Sottosanti, prende il motorino e vanno al solito bar di via Morgantini.



Sottosanti poi va a ritirare un assegno di 15mila lire che Pinelli gli ha dato per ogni occorrenza, tornerà in Sicilia, da dove era venuto per rendere la sua testimonianza in favore di Pulsinelli (anarchico accusato per gli attentati ai treni, e poi ovviamente scagionato) e Pino si ferma a giocare a carte fino alle cinque-cinque e mezza. Ricordiamo che stiamo parlando del giorno della strage e la bomba era da poco scoppiata.

Poi va a riscuotere la tredicesima alla stazione di Porta Garibaldi, passa dal circolo anarchico del Ponte della Ghisolfa, dove scambia due chiacchiere e scrive una lettera a un giovane anarchico in carcere. Pensate gli scherzi del destino. Aveva scritto la lettera al giovane anarchico Paolo Faccioli, accusato dal Magistrato Amati per l'attentato della fiera di Milano: lo stesso Magistrato che archiviò in fretta e furia la morte di Pinelli come "accidentale". Immaginate l'obiettività.

Ma per capire ancora meglio chi fosse Pinelli, è meglio leggere la lettera in questione:

Caro Paolo,
rispondo con ritardo alla tua, purtroppo tempo a disposizione per scrivere come vorrei ne ho poco: ma da come ti avrà spiegato tua madre ci vediamo molto spesso e ci teniamo al corrente di tutto. Spero che ora la situazione degli avvocati si sia chiarita.
Vorrei che tu continuassi a lavorare, non per il privilegio che si ottiene, ma per occupare la mente nelle interminabili ore; le ore di studio non ti sono certamente sufficienti [sic!] per riempire la giornata.
Ho invitato i compagni di Trento a tenersi in contatto con quelli di Bolzano per evitare eventuali ripetizioni dei fatti. L’anarchismo non è violenza, la rigettiamo, ma non vogliamo nemmeno subirla: essa è ragionamento e responsabilità e questo lo ammette anche la stampa borghese, ora speriamo che lo comprenda anche la magistratura. Nessuno riesce a comprendere il comportamento dei magistrati nei vostri confronti.
Siccome tua madre non vuole che ti invii soldi, vorrei inviarti libri, libri non politici (che me li renderebbero) così sono a chiederti se hai letto Spoon River, è uno dei classici della poesia americana, per altri libri dovresti dirmi tu i titoli.
Qua fuori cerchiamo di fare del nostro meglio, tutti ti salutano e ti abbracciano, un abbraccio in particolare da me ed un presto vederci
tuo Pino.


Dopo aver scritto la lettera, alle 18 e 40 arriva all'altro circolo anarchico di via Scaldasole dove, insieme al suo compagno Sergio Ardau, viene fermato da Calabresi e la sua pattuglia. Pinelli li segue con il motorino e varca il quarto piano di un edificio mastodontico: la questura di via Fatebenefratelli. E' da quegli uffici, tra l'altro, che erano coordinate le indagini sulla strage. Ed è da lì che accade un'altra tragedia. Da lì entra un anarchico innocente, per poi uscire dalla finestra.

Continua...

 

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