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La Rifondazione che non c’è


Il progetto di una “Costituente per la Sinistra”, già ferito dalla proposta presentata dai partiti di sinistra alle elezioni dello scorso aprile, risultata essere più sommatoria e di cartello che programmatica, appare adesso definitivamente saltatoAll’indomani dell’elezione dell’ex ministro Paolo Ferrero alla segreteria di Rifondazione Comunista, in termini numerici il partito maggiore di quella Sinistra Arcobaleno del 3% scivolata fuori dal Parlamento, gli esiti dei congressi di tre delle quattro formazioni originarie (fa eccezione Sinistra Democratica, movimento promotore della Sinistra unitaria) sembrano segnare l’interruzione definitiva di un percorso accidentato e scarico di una necessaria convinzione.

La posizione più ortodossa di Ferrero, preferita a quella dell’altro candidato Nichi Vendola, esprime un senso di chiusura verso le ipotesi unitarie e, dunque, il ripiegamento su un sentimento di appartenenza ideologica e identitaria che la sconfitta elettorale di quest’anno ha reso non più proponibile nella società politica attuale e che potrebbe portare, a fronte di un effimero scatto d’orgoglio nominale “comunista” e simbolico nella falce e martello, al tramonto definitivo dell’idea di cambiare la società proponendosi come parte decisoria e di governo.

Molti parlano di morte della Sinistra. Comunque, una scelta della maggioranza di un partito di rinchiudersi nel proprio recinto, già fuori dall’arco parlamentare. Una dichiarazione di resa alla possibilità di poter (ri)costruire una piattaforma comune per la nascita di una Sinistra più moderna, post-ideologica e plurale, in un blocco politico e sociale. Restano le polveri di un avamposto che sembra rinunciare alla speranza di costituire un futuro di governo, relegandosi a baluardo del passato, che in futuro rischia d’incidere davvero poco sulle sorti del Paese, senza poterne attraversare le aule parlamentari.

Restano anche le ipotesi di scissione, i problemi locali e le contraddizioni. Da quella del neo segretario Ferrero che, pur affermando un’essenza comunista netta e indipendente, ha dichiarato che il partito non uscirà automaticamente dai governi locali condivisi con altre forze del centrosinistra per lui distanti (qui si fa l’esempio di Napoli e della Campania) a quella dello sconfitto Vendola che, scegliendo per ora di restare sul piano nazionale all’interno di un partito residuale per guidarne una corrente minoritaria (che prenderà il nome di “Rifondazione per la Sinistra” e che sembra voglia muoversi autonomamente) non mostra le auspicabili doti di una guida che possa rendersi protagonista di una modernizzazione politica da sinistra del Paese.

Quale sole per l’avvenire? Soli, i nostalgici di una rifondazione che non c’è.

 

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