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Commento sul seminario-incontro a Napoli con Jacques Séguéla

Considerato uno dei più grandi pubblicitari al mondo ed anche una storica personalità della comunicazione pubblicitaria-elettorale, Jacques Séguéla è stato ospite-star di un seminario-evento tenutosi venerdì 29 giugno presso l'Università degli Studi "Suor Orsola Benincasa" di Napoli e organizzato dall'Istituto Superiore di Comunicazione "ILAS" di Napoli.

Autore di alcuni testi noti, in Italia pubblicati da Fausto Lupetti editore di comunicazione, tra cui per il versante advertising è 'd'obbligo' citare "Non dite a mia madre che faccio il pubblicitario... Lei mi crede pianista in un bordello" (trad. it. di Paolo Grimaldi, Milano, 1986; ed. or.: "Ne dite pas à ma mère que je suis dans la publicité...Elle me croit pianiste dans un bordel", Flammarion, Parigi, 1979) e "Hollywood lava più bianco. Il manifesto della pubblicità spettacolo" (trad. it. di Paolo Grimaldi, Milano, 1985; ed. or.: "Hollywood lave plus blanc", Flammarion, Parigi, 1982), il bébé (autodefinizione) 78enne pubblicitario francese suscita il mio interesse di studi e professionale grazie alla sua reputazione quale artefice di successi elettorali; a partire da quello più famoso di François Mitterrand che nel 1981 fu il primo socialista della "Quinta Repubblica" francese eletto all'Eliseo, con il celebre slogan "La Force Tranquille" (trad.: "La forza tranquilla"). A questo, si aggiungano altre campagne elettorali presidenziali vinte in diversi paesi, con un record di 18 su 20; perse quella del 2002 per un altro socialista francese, Lionel Jospin. Sono venuto così a conoscenza del suo recente libro (uscito in Italia prima che in Francia) "Presidente da vendere", con Domenico Pasquariello, Milano, 2010.

Posto che non è mia intenzione discuterne le qualità di pubblicitario, testimoniate da tanti successi per marche francesi diffuse nel mondo intero, desidero condividere alcuni commenti personali in ambito politico, rispetto a quanto ascoltato dal vivo; qualche riflessione che vada al di là degli applausi che la platea di studenti e comunicatori gli ha tributato al momento e dei commenti di stima diffusi anche nei giorni successivi sull'apposita pagina-evento su Facebook "Jacques Séguéla a Napoli per parlare di comunicazione". Aggiungo di basarmi sullo speech in versione italiana della brava traduttrice simultanea, pur seguendo anche in lingua originale francese i contributi di Séguéla; è possibile vederne e ascoltarne parte in alcuni video (a cura di Pasquale Popolizio).

Per quanto riguarda l'ambito pubblicitario, come premesso, poco da ri-dire. Da spettatore comune, posso solo notare che diverse sono state le video-réclame mostrate durante l'incontro con protagonisti dei bambini, dunque minori; pur destando un'ilarità che "funziona", una parte della rassegna video che non ha incontrato particolarmente il mio favore a causa della partecipazione insistita di questi, pur quando si tratta di pubblicizzare condom e che ne costituirebbe il legame.

Venendo piuttosto all'ambito politico che più mi compete, annoto alcuni punti che non mi hanno convinto, esercizio più interessante rispetto a quello opposto. Anzitutto, non mi piace pensare che un politico non possa essere "costruito" dal suo "comunicatore", generalizzando la figura professionale che può essere definita in altri termini e spacchettata in più ruoli specifici. (Non è preminente in tale commento, per cui continuerò ad usare il termine italiano generico di "comunicatore" utilizzato nell'incontro). Su tale aspetto preferisco sentirmi più un entusiasta e pensare che sia possibile per il comunicatore poter arrivare a strutturare dal punto di vista politico una persona comune, vale a dire chiunque non si ritenga un politico per vocazione o per professione, anche perché non ritengo "la politica come professione" (interessante leggere lo scritto-conferenza dal titolo omonimo di Max Weber, 1919). D'accordo su quella "piccola luce negli occhi" di cui Séguéla parla in merito a presidenti in pectore poi eletti ma penso anche che esista un margine maggiore di possibilità, per il comunicatore, di poter "dettare" al politico e dettare un politico e le sue idee al pubblico attraverso la sua narrazione (e su questo, lo storytelling, ritengo che Séguéla possa essere in principio d'accordo, con la sua declinazione di star strategy), insieme ad altre tecniche complessivamente utili tra cui il (media)training e il coaching politico. Altro punto, questo di una certa discordanza, è sul rapporto tra rischi e opportunità offerti dalla Rete (Internet) in ambito politico. Séguéla ne parla in tono nettamente sbilanciato come un pericolo, aggiungendo l'auspicio che venga quanto più 'regolarizzata' attraverso norme. E' plausibilmente un punto di vista che parte dal presupposto che chi si adopera nella conduzione, affiancamento, consulenza di una personalità politica (o di una marca o di un prodotto, per la pubblicità commerciale) deve (pre)occuparsi ad esempio della online reputation. In questo io leggo però una visione prevalente di controllo da parte del potere sul fatto che "ognuno può dire quel che vuole su chiunque altro" (cit.) e 'rispondo' che sarebbe invece bene che un comunicatore facesse corrispondere alle più ampie possibilità di espressione e d'uso della Rete, una propria maggiore cura del mezzo, competenza cui né i politici e neanche tanto gli staff dei politici (perlomeno, nel discorso mi limito al nostro Paese) ancora possiedono adeguatamente; senza rafforzare, aggiungo sulla base di quel che invece spesso succede, la maggiore presenza sulla Rete a scapito della qualità della comunicazione e dei contenuti trasmessi.

Qui un esempio è dato dall'uso quantitativo ma poco qualitativo che fa dei social media il sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, tra il riuso di citazioni, un'insufficiente attenzione alla grammatica e alla punteggiatura e il linguaggio stesso utilizzato. Ecco, tornando a Séguéla, quello è stato il momento in cui ho percepito un disaccordo, da altri condiviso ma di fatto un po' reticente nella platea (godendo, l'ospite, di stima alla carriera). Una distanza tra il comunicatore e il moderno mezzo che diventa un tallone d'Achille se si pensa più che altro a perpetuare il proprio modus operandi consolidatosi nel lungo esercizio di professione. Soprattutto, una difficoltà nel confronto con il cambiamento, per un certo grado comprensibile tra chi è di lungo corso, quando si afferma inoltre e Séguéla dichiara che la Rete è un importante mezzo di innovazione ma "ha poca influenza sul voto". Pur rispettando tuttora il peso della televisione, dubito che si possa ancora attribuire un ruolo minimo alla Rete nel processo di influenza e formazione dell'opinione politica e poi del voto. Il grado di coinvolgimento del cosiddetto "popolo del web" nella consultazione referendaria dello scorso anno in Italia, rivelatosi poi nelle urne con un raro buon tasso di affluenza, così come strategie di Rete che portano a risultati elettorali di rilievo, come sta avvenendo per le liste che dalla Rete partono quali quelle del MoVimento Cinque Stelle, sono esempi concreti di partecipazione e voto che mi fanno pensare diversamente.

Riassumendo, sulla base del mio interesse e non riportando il racconto di tanti aneddoti ricchi d'ironia e vita vissuta, alcuni consigli di Séguéla su ruolo e compiti del comunicatore in politica:

  • Il comunicatore è un microfono (del politico).
  • Deve essere umile.
  • Non può "dettare" il (al) politico ma cercare di definire (v. trovare) il luogo e il momento più adatti a trasmettere i suoi messaggi.
  • Non può "creare" il politico. Peraltro, dice Séguéla, fu Mitterrand a rendere lui un piccolo 're' famoso e non lui a far tanta pubblicità a Mitterrand.
  • Deve rimanere un tecnico (di fatto, Séguéla ha lavorato per candidati di destra e sinistra, dunque ponendosi come un non-partisan).
  • Deve garantire il controllo della campagna elettorale. I politici, dice, "sono come dei bambini viziati e hanno bisogno di un padre severo".
  • Non deve dimenticare l'etica, per cui il candidato politico con cui si decide di lavorare non può non essere un "buon" portatore di interessi collettivi (Séguéla precisa, a domanda, di aver rifiutato di collaborare con Berlusconi).

Note sparse di colore politico e rivelazioni: S. ha votato Ségolène Royal e Nicolas Sarkozy nei due appuntamenti elettorali francesi di quest'anno 2012 (candidati entrambi sconfitti) e considera la campagna elettorale di François Hollande come "vecchia di 30 anni" e come copia di quella di Mitterrand. Lo slogan di Hollande "Le changement c'est maintenant" (trad.: "Il cambiamento è adesso") riprende però proprio la formula vincente di Séguéla per Mitterrand del 1981, trad. "Il cambiamento è qui e adesso" ed entrambi hanno vinto. Sembra che la sconfitta di Sarkozy, di cui S. è stato uno dei più convinti sostenitori, non sia stata da lui (ancora) ben digerita. Anche sue parole emerse nel dibattito, verso socialisti, comunisti e intellettuali di sinistra che avrebbero perso i propri valori di cui si sarebbe impossessata la destra, avvalorano tale percezione e suscitano mie perplessità, in parte, sulla sua definizione di essere "con il cuore a sinistra e il portafogli a destra".

Un elemento 'innovativo' importante però, per mobilitare la partecipazione al voto e per la vittoria di François Hollande, è considerato il "porte-à-porte" (trad.: porta a porta). Non quello televisivo, non quello digitale ma quello fisico, casa per casa, un classico che qualcuno potrebbe dire "di altri tempi". Sarà forse che tra vecchi e nuovi media, slogan e tecniche, di ogni consultazione elettorale non bisogna sottovalutarne i cicli e i ricicli.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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