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La Grecia, ovvero l’Europa che non c’è

Il crac finanziario dello stato ellenico forse sarà scongiurato proprio da quelle forze economiche che l’hanno provocato, perché le danneggerebbe enormemente

La Grecia sarebbe la prima a tornare indietro. Forzatamente. Fine del benessere, più presunto che vero (così come in Italia), vissuto per decenni disinvoltamente. Che quel benessere fosse, appunto, poco vero se ne accorse Atene con l’entrata nell’euro, allorché l’Europa cominciò a farle seriamente i conti in tasca. A peggiorare le cose intervenne la famosa globalizzazione killer. Diminuita la produzione, cominciarono i guai: ecco il vero motivo del crac greco. Con la produzione asfittica, diventò impossibile, ovviamente, creare risorse.

Allora, a generare la grave situazione attuale è stata la Grecia, inventando risorse cartacee a rischio, ma è stata soprattutto la globalizzazione, ovvero chi vi ha speculato sopra. È stata la finanza senza regole a condizionare le sorti dell’intera Europa (dell’intero mondo occidentale, in fondo), con l’aiuto determinante degli istituti finanziari e quello di governi muti, ciechi e sordi. Altro che bene comune! A questo punto c’è da chiedersi quale sia la vera possibilità di reazione. Si può richiamare la finanza sui mercati globali a un minimo di ravvedimento? Ovvero costringerla a farlo? Ebbene, questa ipotesi appare frutto di una morale nominale e pesantemente datata. I governi hanno assistito allo scempio, i giochi sono fatti ed essi sono costretti a ripetere i loro incerti interventi, peraltro invisi ai neoliberisti che “contano” (quelli, cioè, che fanno il buono e il cattivo tempo impunemente).

C’è da sperare che i provvedimenti vengano attuati, finalmente, con il fiato sospeso. Sarebbe già qualcosa. Sarebbe il segno che la politica fa parte anch’essa di un consesso in qualche modo civile. Il fiato sospeso può portare a qualche ragionamento un po’ più responsabile: se arriva un terremoto, ci si rimette tutti quanti, persino coloro che l’hanno previsto e che non hanno fatto niente per impedirlo, perché tanto la loro previsione era il solito balletto di parole. Solo la vera e propria scossa preoccupa. In Europa scosse se ne sono già sentite qua e là, ora sono piuttosto forti in Grecia e qualche casa è già crollata, qualche vittima c’è già stata. Politica e finanza fanno la voce grossa con la Grecia e anche la faccia truce, minacciando chissà che (addirittura di requisire il Partenone), come se la Grecia fosse l’unica colpevole dei propri problemi economici. 

Euro e globalizzazione hanno colpe ben maggiori: la prima colpa, connessa all’avvento dell’euro, poteva essere nascosta più a lungo, se non fosse intervenuta la seconda. Ma i problemi non potevano rimanere nascosti all’infinito, in quanto già nel 2002 si era in presenza di un’Europa a più velocità, tutta sbilanciata a favore della Germania, che non ha risentito della globalizzazione: per forza, s’è messa a esportare massicciamente in Europa, dividendosi il mercato con la Cina, alla quale è stata riservata la produzione della piccola industria, tipica di sistemi come quello greco e italiano!

La Grecia non può fallire, l’Europa non può crollare: non è una questione di cuore, ma di convenienza. La finanza selvaggia può attenuare i propri appetiti, se decide essa stessa di farlo. Se intravede nell’attenuazione un vantaggio: nel passato è sempre andata così. Non accadesse ora, questo mondo potrebbe implodere con gravi conseguenze, prima di tutto, proprio per gli speculatori, ovvero per una troppo numerosa parte di loro. Certo è che affidarsi ancora a una logica di basso opportunismo per cercare di risolvere situazioni problematiche non depone affatto a favore della nostra emancipazione. Si è ancora troppo bambini. E i bambini, come si sa, sono crudeli.

Dario Lodi

(LucidaMente, anno VII, n. 75, marzo 2012)

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