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La Borsa va giù, l’Italia resiste

Dopo i gravissimi fatti di Atene e la morte di tre giovani impiegati di una banca, colpevoli solo di svolgere il loro normale lavoro, è ora di guardare agli scenari futuri ed alle possibili ripercussioni sui mercati finanziari, con particolare riguardo alla situazione italiana.
 
Negli ultimi anni il nostro debito, nonostante la stretta di Tremonti sui conti pubblici, è salito vertiginosamente dal 106,1% del Pil nel 2008 al 115,1% del 2009 fino ad un probabile 118,8% entro il prossimo anno, mentre le proiezioni di crescita del Pil non vanno oltre lo 0,8% per il 2010 e l’1,4% nel 2011.
 
Anche l’inflazione è aumentata dallo 0,8% del 2009 all’1,8-2% del biennio 2010-2011.
 
Al di là dei freddi numeri, la crisi per l’Italia è tutt’altro che finita, anche se la solidità del sistema bancario e finanziario ha finora evitato un tracollo stile Lehman Brothers e dovrebbe affrancarci dai "Pigs", il quartetto dei paesi a rischio (dopo la Grecia, Portogallo, Spagna e Irlanda) insieme alla Gran Bretagna.
 
Sui mercati finanziari vige ancora un clima di sostanziale nervosismo e sfiducia.
Le Borse vanno giù, l’indice Ftse Mib in tre settimane lascia il 17,2%, i risparmiatori che hanno investito sui titoli di Intesa, Unicredit e Unibanca hanno perso in media il 26-27%.
 
Ripercussioni negative anche sui rendimenti dei Btp decennali, il cui spread con i Bund tedeschi ha oltrepassato i 150 punti base.
 
Segnali positivi arrivano invece dall’asta dei titoli di stato spagnoli, collocati ieri per 2,345 miliardi a fronte di una domanda di 5,522 miliardi, con un rendimento medio del 3,532% e massimo del 3,58%.
 
Il ruolo dell’Europa e le incognite sulle agenzie di rating
 
In uno scenario comunque critico, adesso che si concretizzerà il prestito con interessi alla Grecia, l’Europa può reagire con una serie di interventi decisivi, a partire da un rafforzamento del patto di stabilità e maggiori controlli sul deficit eccessivo. Sarà necessario vigilare sulle speculazioni finanziarie ed avviare la costituzione di un’Agenzia Europea di Rating, che rimanga però indipendente dalle influenze dei singoli interessi nazionali.
 
Non è più giustificabile la permanenza dello scenario attuale, con tre grandi agenzie private di rating, Standard & Poor’s, Moody’s e Fitch, che oltre a decidere sull’affidabilità creditizia delle aziende e del mercato, agiscono indirettamente sulle manovre economiche degli Stati sovrani con il giudizio sulla qualità dei titoli di debito, assumendo così un potere decisamente spropositato.
 
Non resta che auspicare l’intervento della buona politica e maggiori responsabilità dei soggetti attivi coinvolti, in primis banche d’affari e istituzioni di controllo, per evitare che l’effetto Grecia amplifichi una spirale negativa di odio ed un clima ostile da rivoluzione francese, dalle quali non potrà che nascere un nuovo populismo sanguinario.

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