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L’ordine delle cose di Andrea Segre

Che nessuno ci disturbi nelle nostre serene faccende, che venga rispettato L'Ordine delle Cose, noi del mondo “sviluppato” impegnati a tagliar l'erba del nostro prato, a tenere in ordine ed eleganti le nostre abitazioni, allineare i bidoncini dell'umido se c'è il porta a porta, gioire del tempo libero coi nostri giochi e i nostri sport: è L'aria serena dell'ovest... che nei fatti è solo il titolo di un ottimo film di Silvio Soldini del 1990.

Il contrasto ci viene “sparato” in faccia quando il super-poliziotto Rinaldi (Paolo Pierobon) và in visita in Libia per conto del ministro dell'Interno, nei lager dove maschi femmine e bambini sono ammassati, carne umana lontanissima dai nostri agi. Deve prendere accordi con la guardia costiera libica e con i capi dei centri di detenzione (altro non sono) dove sostano gli immigrati che vogliono imbarcarsi verso l'Italia, che si attivino per ogni imbarcazione che le autorità italiane segnaleranno. Nelle speranze del superpoliziotto e dei suoi superiori, il sottosegretario Roberto Citran e il ministro, quei centri dovrebbero divenire luoghi dove chiedere asilo, dove i diritti umani vengano rispettati (gestiti dalle Ong, auspica il nostro vero ministro dell'Interno). Tutto in cambio di soldi, lo Stato italiano ne darà tanti ai libici.

Pie illusioni: i capi dei centri e i trafficanti di soldi ne prendono già tanti, i primi lasciano uscire i clandestini dal centro in cambio di denaro, i trafficanti compiono da tempo i loro floridi trasporti. Ma il nostro poliziotto protagonista è bravo a trattare, riuscirà nell'intento di ridurre gli sbarchi sulle nostre coste, con la soddisfazione del ministro che esigeva qualcosa di notiziabile, perché la gente non ce la fa più, non possiamo più aspettare. Ecco, bisogna che ci sia la notizia, si calmano gli animi di chi si vede rubato il proprio lavoro e la propria tranquillità, “invaso” dagli stranieri, le notizie dei media sono trionfali e l'allarme si affievolisce.

E' proprio ciò che accade oggi, il ministro Minniti ci ha messo l'anima perché gli sbarchi si riducessero, e sta avendo ragione. Forse è più volenteroso dei suoi predecessori o del ministro nel film, che è sceso in Libia fermandocisi per 72 minuti, 25 dei quali passati al telefono e 10 al cesso. Così dice la testa di ponte in Libia, Giuseppe Battiston, scettico sui risultati ottenibili dal poliziotto Rinaldi.

Minniti potrebbe avere avuta suggerita la soluzione dal film di Andrea Segre: questi si è dedicato molti mesi alla conoscenza della vita nei lager (per un film girato in Sicilia) e già da molto tempo, come del resto ha sempre fatto per i suoi film, quasi documentari sulla vita degli stranieri diventati nostri ospiti o di quelli che “devono essere aiutati a casa loro”. Uno dei meriti di Segre è il documentarsi su questioni non da entertainment, i suoi sono film (Io sono Lì, La prima neve) di informazione, in fiction divulga notizie inquadrate dal punto di vista degli ultimi (che distanza con film come, per fare un esempio, Parliamo delle mie donne di Lelouch), e sempre con la Jole film che ha solo “manodopera” veneta. Alla fine la missione è compiuta, in quel di Tencarola (Padova) la vita riprende tranquilla e la famiglia di Rinaldi si riunisce sicura attorno al desco della bella casa, L'ordine delle cose sembra ristabilito. Segre ci consegna l'accusa, quella di “sbattercene”. 

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