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L’Italia come il Maghreb. L’informazione 2.0 o la democrazia ai tempi di B.

Non diversamente da quanto avviene nei paesi dell’altra sponda del Mediterraneo, di fronte a un controllo dell’informazione che si fa sempre più stringente, l’Italia cerca spazi di libertà e di democrazia sul web in una misura crescente. E’ questa, credo, la vera novità dei recenti appuntamenti elettorali. A ben guardare, in effetti, si tratta di un fenomeno anche molto precedente la primavera araba e che tuttavia ha assunto dimensioni rilevanti in tempi più recenti. Per poi determinare largamente l’esito referendario, come molti autorevoli commentatori concordemente osservano, in una misura di gran lunga maggiore rispetto all’informazione ufficiale. Che appare, e per molti versi è (non solo nei casi limite dei tg di regime), troppo supina rispetto al potere politico. In parte succube ai suoi desiderata, in parte complice. Comunque inadeguata.

La rete, i social network, per la loro stessa natura, sfuggono alla censura dei Governi, legittimi o illegittimi che siano, smascherando impietosamente la pessima fiction che ci raccontano: si condividono articoli che si è giudicati interessanti, si commentano con gli amici, si creano gruppi sensibili su determinati argomenti, in poche parole ci si confronta, ci si impegna in prima persona, creando spazi di organizzazione politica spontanea: da questo punto di vista, AgoraVox ne è un esempio lampante. Libertà è partecipazione, è stato detto. Quanto mai vero, visti i tempi che corrono. Tutto questo, nonostante i ben noti limiti, rende la saluta della nostra democrazia migliore di quanto non appaia. Non è un fenomeno di breve periodo, legato all’emotività del momento per via dell’evidente crisi della politica. E fa ben sperare per il futuro.

A destra come a sinistra, a livello di nomenclature, si fa fatica a capire cosa stia succedendo, si stenta a registrare gli umori elettorali che a volte si cerca di intercettare o indirizzare, ma più spesso si finisce per subire. L’informazione sfugge sempre più ai normali canali, per così dire istituzionali, che, oltre che a quello politico, appaiono soggetti al potere dei grandi interessi economici oltre il lecito. Le notizie su internet si diffondono in maniera non più verticale come in passato, ma orizzontale, attraverso il tam tam di twitter, il passaparola di facebook. Sfuggendo quindi a ogni censura. Questo non avviene certo solo nel nostro paese, ma da noi il fenomeno assume una dimensione ben maggiore che in altri paesi occidentali. In nessuno di questi si fa un uso dei social network così politico come in Italia.

La nuova voglia di partecipare, di esprimere la propria opinione è quanto di più democratico ci possa essere e, per molti versi, anche attraverso la democrazia diretta dei referendum, riempie un vuoto: il vuoto della politica orfana delle grandi ideologie, in cui un elettorato molto più liquido, molto meno vincolato da logiche di appartenenza che in passato, non ci si riconosce più. Politica che, quando non ignora le reali esigenze del paese, arriva a essere perfino sprezzante e offensiva se la sua agenda non corrisponde a quella del paese reale.

Anche nei media tradizionali, gli ascolti mostrano inequivocabilmente come la disinformazione di regime, scientifica ed eterodiretta, non tiri più. Certo l’informazione istituzionale può ignorare che, ad esempio, già al primo No B. Day, l’autoconvocata Piazza viola di San Giovanni era già strapiena mentre la coda del corteo non aveva ancora lasciato piazza della Repubblica. Ma fingere di non vedere, certo non aiuta e le contraddizioni della casta, di una classe politica inadeguata alle sfide dei tempi, vengono messe a nudo dalla rete. Da vent’anni questa gente impone sacrifici agli italiani senza dare alcun esempio.

I veri protagonisti di questa che è, senza retorica, una vera rivoluzione sono i giovani, non più disposti a essere trattati come sudditi. Sin qui privi di rappresentanza, i trentenni, quarantenni di oggi rappresentano la generazione più istruita che il nostro paese abbia mai conosciuto. Sono loro il motore di cambiamento. Umiliati da una vergognosa e crescente disoccupazione intellettuale, non ci stanno più a subire gli abusi di una classe di governanti in deficit di credibilità e di rappresentanza. Persino di legittimità, stante il vigente sistema elettorale.

E’ chiaro che, al momento, le più penalizzate siano le forze ora in maggioranza, mal’opposizione farebbe bene a dare risposte immediate al malessere crescente nel paese se non vuol essere essa stessa travolta. L’antiberlusconismo da taluni solo predicato non può premiare ancora a lungo e un elettorato consapevole, caduti ormai i vecchi steccati, non firmerà ancora a lungo cambiali in bianco. Il caudillo mobilita i suoi sempre meno, ma non si può dimenticare come il Premier, sconfitto già due volte, sia stato riesumato proprio da quanti sono eletti da quasi vent’anni ormai per rendere questo paese un paese non ideale, ma almeno normale. Senza che ogni elezione metta a grave rischio la stessa tenuta della nostra democrazia.

Complice proprio l’opposizione che ha sin qui contrabbandato il consenso che pure ha chiesto per fare tutt’altro. Tra le tante emergenze, ricordiamo qui solo quelle che riguardano le regole generali, i presupposti per una democrazia che funzioni. E che risponda ai principi teorizzati secoli fa da Montesquieu, libertà di informazione e separazione dei poteri. Da vent’anni aspettiamo invano uno straccio di legge che regoli il conflitto di interesse, che sancisca definitivamente l’ineleggibilità di B., l’incompatibilità tra l’essere editore e la politica attiva e una legge che restituisca la RAI al servizio pubblico per cui paghiamo il canone. E che la liberi dalla sudditanza al Governo di turno.

L’opposizione, se ancora chiamata al Governo, bene farebbe a rispondere, tra gli altri, su questi punti. Che sono il presupposto per ogni piattaforma di Governo in una vera democrazia. In caso contrario l’effetto domino finirà per travolgerla nella misura in cui si rivelerà complice dei colpevoli comportamenti della maggioranza. Ma in attesa che le cambiali così a lungo rinnovate siano finalmente pagate, dovremmo felicitarci tutti del fatto che la nostra Costituzione, immaginata da uomini che avevano conosciuto una feroce dittatura, ha sostanzialmente retto ai ripetuti assalti portati in ben due decenni da forze per molti versi eversive, insofferenti ad ogni controllo o limite alla propria autorità.

Gli italiani ne hanno abbastanza del male minore e non saranno disposti ancora a lungo a farsi estorcere il voto da un’opposizione che da quasi vent’anni ormai ottiene un consenso condizionato, contro qualcuno piuttosto che a suo favore. Sulla base di un programma spesso largamente disatteso e proprio nei sopracitati punti qualificanti. Quanto alla maggioranza, e concludo, per quanto differita, la resa dei conti ormai non è lontana.

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