Tra nuovi incentivi e Superbonus | Case efficienti senza affossare i contribuenti
Come disegnare gli incentivi pubblici per ristrutturare immobili in recepimento della direttiva "Case Green"? L'Ufficio parlamentare di bilancio ha un'idea di buonsenso: usare criteri opposti a quelli del folle Superbonus.
In vista dell’adozione della direttiva europea Case Green, che poi si chiama Energy Performance of Buildings Directive, per l’Italia si pone, come scrivevo giorni addietro, il grande dilemma: come aiutare alcune categorie di cittadini a sostenere parte dei costi di ristrutturazione energetica senza causare devastazioni a beneficio di pochi intimi (i “fortunelli” secondo Giancarlo Giorgetti) prodotte dal Superbonus? E come controllare gli esborsi, evitando strumenti di erogazione tali da provocare emorragie di spesa pubblica di cui accorgersi solo a buoi scappati col malloppo?
I PROIETTILI DI UPB
Un aiuto metodologico viene dall’Ufficio parlamentare di Bilancio (UPB) e dalla sua Memoria sul DL 39/2024 (Agevolazioni fiscali all’edilizia), pubblicato giorni addietro. I bullet point sono efficaci, pertanto li copio-incollo:
- Il Superbonus e, in misura minore, gli incentivi alle imprese Transizione 4.0 hanno inciso marcatamente sui conti pubblici lasciando una pesante eredità sul futuro;
- Le caratteristiche uniche del Superbonus hanno reso complessa la stima degli effetti finanziari sin dalla sua introduzione;
- L’ampliamento degli obiettivi e le ripetute proroghe hanno generato un aumento della spesa ben oltre le aspettative iniziali;
- In futuro, evitare aliquote di agevolazione che pongano l’onere della spesa a totale carico dello Stato;
- Le agevolazioni dovranno essere selettive sia su attività da incentivare che beneficiari, e prevedere limiti di spesa ed efficaci meccanismi di monitoraggio in itinere ed ex post;
- Valutare di sostenere l’efficientamento energetico con contributi diretti alla spesa modulati sul reddito e classe energetica o prestiti agevolati con autorizzazioni preventive e limiti spesa;
Che dite, c’è tutto? Mi pare di sì. In dettaglio, Al 1° marzo di quest’anno, l’ammontare del Superbonus nel periodo 2020-23 è stato pari a circa 170 miliardi. Quanto contabilizzato per competenza economica nel quadriennio 2020-23 inciderà, a livello di debito, soprattutto sul triennio 2024-26: per Superbonus e bonus facciate, UPB stima un impatto medio annuo dello 0,5 per cento del Pil nel triennio 2021-23, a cui fa seguito l’onda di piena del periodo successivo (2024-26), pari a 1,8 per cento.
La collezione degli “errori” di scrittura del provvedimento, che sono in dubbio se considerare frutto di stupidità o di dolo, è ben delineata da UPB. Tra essi, l’elevata percentuale dell’agevolazione, che ha eliminato quel “contrasto d’interessi” su cui moltitudini di imbonitori hanno costruito carriere politiche, giornalistiche e da consulenti del Principe; oppure “la fissazione di massimali di spesa ben superiori a quelli di altre tipologie di agevolazioni” (no, dai?). O ancora “l’attrazione nell’ambito della spesa agevolata anche di interventi già incentivati con aliquote inferiori (i cosiddetti interventi trainati)”.
LO TSUNAMI REGRESSIVO
Soprattutto, sono due gli aspetti del provvedimento che hanno causato lo tsunami di debito futuro. Uno ci ricorda che il Superbonus è stato disegnato in modo da non implicare prova dei mezzi, cioè a beneficio di chiunque, quindi regressivo. Questa caratteristica si osserva nella possibilità offerta a tutti di fruire dell’agevolazione attraverso lo sconto in fattura e la cessione del credito. Se da un lato ciò serviva a beneficiare soggetti totalmente o parzialmente incapienti e quelli sprovvisti di sufficiente liquidità per iniziare i lavori edilizi, dall’altro ha permesso a chiunque di accedere alle stesse agevolazioni.
È quindi semplicemente ridicolo quanto affermano i difensori d’ufficio della misura, e cioè che si trattava di intervento idoneo ad aiutare i meno abbienti. Semplicemente perché questa è solo una verità assai parziale, che scivola rapidamente nella falsità.
Altro difetto di disegno del provvedimento, secondo UPB, è “la mancanza sin dall’inizio di meccanismi di autorizzazione preventiva che avrebbero reso possibile l’inserimento di un tetto di spesa senza ledere i diritti acquisiti dei beneficiari”. Questo è accaduto perché si è scelta una agevolazione automatica, il credito d’imposta.
Quali correttivi, quindi, adottare per la direttiva Case Green, sapendo che dovrà comunque trattarsi di agevolazioni parziali (molto parziali)? Vengono delineate alcune linee di intervento, che scoprirete essere banali suggerimenti di senso comune, per formulare i quali non servono dottorati in economia.
In primo luogo, l’aliquota di agevolazione deve essere tale da “evitare comportamenti opportunistici” dei beneficiari, che è una delicata perifrasi per dire che i beneficiari devono pagare la loro quota, peraltro neppure bassa. Poi, che l’aliquota di agevolazione deve anche tenere conto dei risparmi energetici futuri prodotti dall’efficientamento. Questi sono benefici che restano in tasca al beneficiario dell’agevolazione.
In questi mesi ho letto e sentito scimuniti (o truffatori) sentenziare che “il Superbonus ha prodotto X risparmi in bolletta”. Sì, ma per i beneficiari, non per i contribuenti. Quindi tali risparmi capitalizzati vanno sommati al 110 per cento, non detratti dal debito pubblico che si produrrà, bestie! Peraltro, anche un recente Occasional Paper della Banca d’Italia indica il risparmio energetico atteso tra gli elementi per quantificare l’incentivo. Ripeto: dove finisce la crassa ignoranza economica e dove cominciano malafede e condotta truffaldina dei difensori manco troppo d’ufficio del Superbonus?
Certo, qualcuno potrebbe obiettare che i risparmi sono conseguiti cumulativamente nel futuro, mentre gli esborsi sono pressoché immediati. Quindi c’è un problema di cassa. Lo so, non viviamo nel migliore dei mondi possibili, credo di avervelo ricordato alcune migliaia di volte. D’altro canto, se sei proprietario immobiliare e non riesci a reggere gli oneri di tale proprietà, vedo piuttosto improponibile che a farlo per te siano i contribuenti. Solidarietà e filantropia sono in evidente antitesi con l’imposizione fiscale. Se si chiama imposizione, un motivo dovrà pur esserci. A meno di introdurre il concetto di proprietà immobiliare di cittadinanza. Arriverà, tranquilli.
I CORRETTIVI E IL SENSO COMUNE
Ma il punto centrale, nei suggerimenti di senso comune di UPB, è che servono autorizzazioni preventive agli esborsi, oltre a selettività dell’intervento. Ecco quindi la sintesi:
In prospettiva, andrebbe valutata l’opportunità di sostituire un’agevolazione come quella attuale con un trasferimento monetario (un contributo diretto alla spesa), modulato in base alla condizione economica del nucleo familiare e alla classe energetica dell’edificio, sottoposto ad autorizzazioni preventive e soggetto a un limite di spesa, o con prestiti agevolati. Alla misura andrebbe poi affiancato sin da subito un sistema di monitoraggio in itinere ed ex post per valutare tempestivamente l’andamento della spesa e l’efficacia della misura ed eventualmente riorientarla. Il monitoraggio in itinere e la valutazione ex post assumono rilevanza per l’aggiornamento degli andamenti tendenziali di agevolazioni già esistenti e per migliorare l’efficacia delle nuove misure.
Visto? Non era difficile. Bastava essere dotati di senso comune, quello del “buon padre di famiglia”, e non della mentalità dominante in questo paese, secondo la quale lo Stato è una controparte da truffare e saccheggiare.
Anche per me è giunto il momento di esibirmi nel gioco provinciale italiano di elezione, e urlare: facciamo come la Francia! Cioè così. Leggete, sono pochi minuti spesi bene.
Certo, si potrebbe obiettare che i crediti d’imposta automatici sono rapidi ed efficaci, mentre i trasferimenti monetari con autorizzazione preventiva della pubblica amministrazione sarebbero una formidabile chicane per rallentare gli esborsi e far fermare la macchina, soprattutto in un paese come il nostro. Lo so, anche questo è un tradeoff (ancora!)
IL SUPERBONUS SPALMABILE
Vedremo. Forse la mancanza di soldi pubblici potrà aiutare questa razionalizzazione delle procedure. Ma è lecito dubitarne, anche considerando quanto è regressivo, da sempre, il nostro welfare. Se le cose dovessero andar male anche qui, potremmo cercare di calciare il debito più in là, come pare sia prossimo a fare il governo Meloni, allungando a dieci anni anziché i quattro oggi previsti l’orizzonte di utilizzo dell’agevolazione fiscale relativa al Superbonus maturato per competenza nel 2023, con effetti sul debito a partire dal 2024. In tal modo, l’impatto si estenderebbe dal periodo 2024-27, attualmente nei conti pubblici tendenziali, al decennio 2024-2033, con conseguente riduzione dell’effetto annuo aggiuntivo del periodo iniziale.
Quali conseguenze per i creditori? Una, che di solito sfugge ai neo-umanisti che commentano le “aride” vicende del Signor Sconto e della Signora Capitalizzazione. E cioè, che il valore attuale del credito si abbatterebbe di conseguenza. Provate a scontare un importo di 100 con un tasso X per quattro anni e lo stesso importo allo stesso tasso ma per dieci anni: anche qui, vi si spalancherà un mondo e un fabbisogno finanziario. Ma non si può aver tutto, nella vita. E comunque, l’allungamento a dieci anni sarebbe obbligatorio o facoltativo? Nel primo caso, si avrebbe un cambiamento delle regole durante il gioco e le aziende titolari del credito dovrebbero svalutarlo a bilancio; nel secondo, la spalmatura di debito pubblico potrebbe non verificarsi.
Chi ha acquistato il credito ha valutato preventivamente la propria capienza nel quadriennio. Ma le previsioni esistono per essere sbagliate. I creditori potrebbero quindi diventare incapienti durante il quadriennio, cioè perdere tutto o parte del credito. Uhm, aspetta: ma allora non sarebbe meglio, per lo Stato e i contribuenti di questo paese, lasciare i quattro anni di fruizione del credito, cioè la certezza del diritto, puntare sulle incapienze dei creditori e mandare tanti auguri a tutti? Ah, saperlo. E stimarlo ex ante, soprattutto.
Peraltro, se il governo optasse per questa spalmatura, si troverebbe nel periodo 2028-2033 a produrre debito aggiuntivo che si schianterebbe contro l’analisi di sostenibilità prodotta nel Def appena pubblicato. Son tradeoff (ancora!), ma paiono suggerire che per i conti pubblici potrebbe essere preferibile lo status quo.
Due considerazioni finali. La prima: vedo richieste, con relativa raccolta firme, per una “commissione d’indagine” sul Superbonus. Ma composta da chi, dalle volpi a guardia del pollaio? E dai, su. La seconda: leggo di geni dell’economia della strada che obiettano che del Superbonus si indicano solo i costi ma non i benefici. Premesso che i costi (almeno quelli massimi teorici) sono agevolmente quantificabili, se usaste la logica potreste chiedervi come mai rischiamo nei prossimi tre anni un aumento del rapporto debito-Pil, visto che il Superbonus avrebbe poderosamente spinto la crescita producendo una prodigiosa messe di risorse fiscali. Un altro mistero d’Italia o solo la cartina di tornasole del nostro analfabetismo disfunzionale? Ah, saperlo. Ah no: lo sappiamo.
- Aggiornamento dell’8 maggio 2024: il ministro Giancarlo Giorgetti comunica che la spalmatura sarà obbligatoriamente decennale. A conferma della gravità della situazione per l’impatto sul debito pubblico. Restiamo un paese spappolato e congenitamente incapace di programmare, tra stupidità e dolo.
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