• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Mondo > Israele avrebbe colpito il Sudan per avvertire l’Iran e Hamas

Israele avrebbe colpito il Sudan per avvertire l’Iran e Hamas

Il 27 ottobre l’Associated Press ha pubblicato delle foto satellitari che mostrano come una fabbrica di armi a Yarmuk (Sudan) sia stata bombardata, forse da aerei militari. L'attacco sarebbe avvenuto nella notte del mercoledì precedente e il regime sudanese ha subito accusato Israele, il quale però non conferma né smentisce. In particolare si parla di un'operazione condotta con quattro cacciabombardieri.

Secondo il Guardian quei container contenevano armi e munizioni dirette ad Hamas e ad Hezbollah per conto dell'Iran. Da quando molti carichi di armi spediti direttamente sono stati intercettati da Israele, Teheran ha cominciato ad inviare i rifornimenti bellici tramite il Sudan. L’attacco quindi sarebbe stato mirato a interrompere il flusso di armi diretto ai gruppi terroristici che operano ai confini di Israele. Non è neppure la prima volta che il regime di Khartoum accusa Tel Aviv di essere responsabile di bombardamenti ai suoi danni: era già accaduto in altre due occasioni, nel 2009 e nel 2011.

E' probabile che l'operazione avesse anche un obiettivo secondario. Secondo alcuni analisti Israele non solo sarebbe in grado di portare a termine un attacco simile: in linea d'aria il Sudan dista circa 1.600 km da Israele, dunque i caccia israeliani ne avrebbero percorsi più di tremila in volo tra andata e ritorno. Più o meno la distanza che separa Israele dalla centrale sotterranea di Fordow, il più lontano dei siti nucleari iraniani. In realtà, grazie ai rifornimenti in volo di carburante, l'aviazione israeliana è in grado di raggiungere e colpire tali obiettivi, come era già stato dimostrato a livello teorico da alcuni esperti. L'attacco di Yarmuk lo confermerebbe anche a livello pratico.

Tuttavia, la situazione è ancora più complessa. Il Time raccoglie le opinioni di alcuni analisti scettici riguardo alla versione di Khartoum: se gli aerei erano invisibili ai radar, le autorità sudanesi come possono affermare che i velivoli fossero proprio quattro? Potrebbe anche essersi trattato di una esplosione accidentale nel magazzino, come era stato inizialmente riferito dal governatore dello stato di Khartoum. Ma in un momento di gravi tensioni sociali all'interno del Paese, Israele rappresenta un facile capro espiatorio per canalizzare la rabbia popolare distogliendola dalle miserie quotidiane.


Un analista sudanese parla di un attacco avvenuto con un drone, il cui obiettivo era un deposito di munizioni per droni accanto alla fabbrica, la quale sarebbe stata accidentalmente colpita.

C'è anche la possibilità che l'obiettivo non fossero le armi, bensì qualcosa di più importante: secondo un altro analista (stavolta israeliano), non si inviano quattro aerei fino a 1.900 km di distanza solo per distruggere una fabbrica che produce razzi Grad.

Interessante il contributo di Amin Rosen sull'Atlantic, che esordisce così: "Non capita spesso che un governo annunci con enfasi che una struttura militare nella sua capitale è stata distrutta da un attacco a sorpresa, anche alla luce di plausibili elementi di prova contrari." L'idea di fondo è quella: incolpare un nemico esterno per unire una popolazione frammentata e irrequieta, come già avvenuto la scorsa estate in occasione degli scontri di frontiera col neonato Sud Sudan.

Nondimeno, ci sono indizi che l'attacco aereo sia effettivamente avvenuto, come la testimonianza di un giornalista della AFP e un video su Youtube che mostra le esplosioni - benché non sia possibile stabilire cosa le abbia causate. Inoltre, Rosen ricorda che Sudan e Iran hanno firmato un "accordo di cooperazione militare" nel 2008, e che il Paese africano ha ricevuto e ospitato il personale della Guardia Rivoluzionaria iraniana. Le voci sul transito per le armi destina ad Hamas sono state confermate in un incontro tra l'inviato speciale degli Stati Uniti Scott Gration e il capo dei servizi segreti sudanesi Salah Ghosh, che però ha negato il diretto coinvolgimento del suo governo.

Israele non attraversa un momento favorevole. La scorsa settimana, lo sceicco Hamad bin Khalifa al-Thani, emiro del Qatar, è stato il primo capo di Stato a visitare la Striscia di Gaza da cinque anni a questa parte, rompendo così l'isolamento diplomatico di Hamas (qui la mia analisi e qui quella di Limes). Fatto inquietante, la visita di al-Thani ha coinciso con una ripresa di lanci di razzi di Hamas contro i civili israeliani che vivono nelle zone intorno a Gaza. Alla luce di questo aspetto, l'attacco di Yarmuk potrebbe essere un avvertimento di Tel Aviv all'Iran - e a questo punto, anche ad Hamas - che la sua capacità di reazione è sempre e comunque pronta ed efficace. E devastante.

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di Fabio Della Pergola (---.---.---.93) 2 novembre 2012 14:11
    Fabio Della Pergola

    L’articolo è interessante, ma le conclusioni lasciano un po’ perplessi. Quando Israele vuole dimostrare a Hamas di avere pronte capacità di reazione, colpisce Hamas non fa volare quattro bombardieri per tremila chilometri sorvolando paesi arabi e rischiando di farseli abbattere.

    Anche l’avvertimento all’Iran sembra poco probabile. L’Iran sa già che le capacità di colpire ci sono, non ha bisogno di essere avvertito. E, di tutta questa faccenda, alla fine l’unica fonte sarebbe quella interna al governo sudanese. Niente altro di più affidabile e verificabile.

    L’unico elemente che rende plausibile un attacco israeliano è la mancanza di avvertimenti, il colpo a sorpresa e il no comment successivo; tutti atteggiamenti tipici israeliani, ma è davvero un po’ troppo poco.

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares