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#segretobancario e #voluntarydisclosure: le perverse ricadute degli accordi con Svizzera e Liechtenstein

Dopo anni di trattative, Italia e Svizzera hanno firmato un accordo sullo scambio di informazioni sui cittadini italiani che hanno capitali presso le banche elvetiche. Pochi giorni dopo, un analogo accordo è stato raggiunto anche con il Liechtenstein.

Gli accordi sono stati definiti dai media come “la fine del segreto bancario”, poiché facilitano la voluntary disclosure (collaborazione volontaria, L. 186/2014) da parte dei contribuenti italiani che hanno conti correnti a Berna e/o a Vaduz e permettono all’autorità fiscali del nostro Paese di accedere ad informazioni anche su un singolo soggetto.

Gli accordi, annunciati dal governo Renzi tra gli squilli di tromba, presentano tuttavia alcuni profili controversi.

Da notare la tempistica: la firma degli accordi arrivano a pochi giorni dal termine ultimo per la voluntary disclosure, prevista il 2 marzo. La norma prevede il raddoppio delle sanzioni e dei termini di accertamento per chi regolarizza capitali da Paesi inclusi nella cd. "black list"; tuttavia, è prevista la non applicazione del raddoppio nel caso in cui tali Paesi stipulino con l’Italia un accordo sullo scambio di informazioni entro il 2 marzo 2015. Ecco dunque la prima conseguenza: con la firma dell'accordo sul photofinish, dunque, Svizzera e Lietchenstein verranno considerati come se fossero in "white list", con la conseguente applicazione di un trattamento sanzionatorio più favorevole.

La seconda è che il fisco italiano potrà iniziare a chiedere informazioni sui movimenti bancari effettuati dai contribuenti italiani solo dal 2017, a partire cioè dalla ratifica da parte dei rispettivi Parlamenti, e solo su quelli fatti a partire da oggi.

La terza è che gli illeciti commessi nel quinquennio 2005-2009 cadranno in prescrizione, perché l’uscita della Confederazione dalla “black list”, come abbiamo visto, fa venir meno il raddoppio (a dieci anni) dei termini di accertamento delle violazioni tributarie.

La quarta riguarda l'istituto in sé della voluntary disclosure, cui gli accordi sono strettamente connessi e per i quali verrebbe da dire "fatta la legge, trovato l'inganno". Secondo Francesco Maltoni su LeggiOggi:

Fino al 30 settembre, i detentori di capitali non dichiarati oltre confine potranno usufruire di questa agevolazione, che la legge chiama “collaborazione volontaria”, ma in realtà è incentivata dall’esenzione tout court per reati come la dichiarazione fraudolenta anche tramite fatture, la dichiarazione infedele, l’omessa dichiarazione, fino al mancato versamento di ritenute e Iva. Delitti che prevedono condanne di varia entità, fino a un massimo di sei anni, tutti abbuonati agli evasori “pentiti”. E non è tutto: chi riporterà alla luce capitali sommersi detenuti all’estero, potrà salvarsi anche dai reati connessi al riciclaggio (12 anni pena massima), in linea alla legge di sei anni fa, tacciata di realizzare una vera e propria amnistia mascherata.

Addirittura, il governo attuale ha cercato di superare i predecessori: come ha spiegato Valentino Tamburro sulSole 24 Ore, la nuova procedura di rientro sarà ancora più vantaggiosa della legge 2009 per chi abbia celato al fisco uno o più immobili ricevuti in donazione o eredità.

Insomma, la vituperata legge del governo Berlusconi sembra proprio parente stretta – benché non riconosciuta – della voluntary disclosure. Lo scudo fiscale di Tremonti venne bollato dalle opposizioni come “riciclaggio di Stato” e conteneva una ricetta identica sul piano giudiziario, con la differenza di una quota fissa del 5% di imposte da versare all’erario. Ora, invece, toccherà all’Agenzia delle Entrate stabilire il dovuto caso per caso, fermo restando che le sanzioni tributarie verranno praticamente annullate. La nuova normativa prevede, comunque, che per le violazioni sui conti sotto i 2 milioni di euro annui, si calcoli il 5% del rendimento su ogni periodo, tassato con aliquota del 27%.

Un trattamento di favore, e qui rientra il significato dell’accordo stretto tra Italia e Svizzera, riservato ai capitali in Paesi fuori della famosa black list, l’elenco dei paradisi fiscali più restii a cedere informazioni sui risparmiatori stranieri. Ora, con la stipula della convenzione italo-elvetica, anche i conti nelle banche svizzere saranno soggetti alle agevolazioni della voluntary disclosure e, quindi, anche al nuovo condono penale, che tanto ricorda certe politiche dei governi passati. Con l’ingresso della Svizzera in white list, il governo spera di convincere gli evasori “d’Oltralpe” al rientro dei capitali, pagando sì le imposte, ma con l’assoluta garanzia di impunità.

Foto: H. Lake/Flickr

Questo articolo è stato pubblicato qui

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