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(In)ter(per)culturando: L’invenzione di Morel di Adolfo Bioy Casares

Ma debbo convincermi: non ho bisogno di fuggire. E' una fortuna vivere con le immagini. Se i miei persecutori vengono qui, si dimenicheranno di me di fronte al prodigio di questa gente inaccessibile. Rimarrò.
Se incontrassi Faustine, come la farei ridere raccontandole tutte le volte che ho parlato, innamorato e piangente con la sua immagine. Considero questo pensiero un vizio: lo scrivo per imporgli un limite, per persuadermi che non possiede alcun incanto, per dimenticarlo.
L'eternità rotatoria può sembrare atroce a uno spettatore; è soddisfacente per i suoi attori. Liberi da cattive notizie e da malattie, vivono sempre come se fosse la prima volta, senza ricordare le precedenti. Inoltre, per via delle interruzioni dovute al regime delle maree, la ripetizione non è implacabile.
(pag.121-122)

La prima pubblicazione de 'L'invenzione di Morel' di Adolfo Bioy Casare (edizione qui considerata: Tascabili Bompiani, traduttore: Livio Bacchi Wilcock) risale al 1941, indubbiamente non si può ragionare sulla scrittura senza contestualizzarla.

Per le intuizioni, l'originalità, le macro tematiche, le grandi potenzialità di questa storia - potenzialità che poi sono state ampiamente sfruttate, in ultimo in modo vistoso ed evidente nella nota serie tv americana Lost ideata da J.J.Abrams, D.Lindelof e J. Lieber - per tutte queste ragioni il romanzo meriterebbe il voto più alto possibile e oltre.

Settant'anni fa gli strumenti di 'registrazione' e divulgazione di dati e informazioni - "i mezzi per annullare le assenze" - erano già in corso d'uso e in via di sviluppo (televisione, radio, telefoni, cinematografia, fotografia..), ciò nonostante Casares né intuisce le estreme potenzialità unendoli all'ossessione umana per eccellenza o meglio alle due ossessioni primordiali: vivere per sempre e farlo accanto alla persona amata. Nella fattispecie dell'invenzione narrativa, l'invenzione di Morel non è altro che l'abile strumento che si avvale del Progresso e delle capacità della Scienza di 'catturare' frammenti del vivere, per stravolgere l'interso sistema naturale e risolvere così le ossessioni umane. Si vivrà per sempre dentro scene catturate dal macchinario che è stato concepito per riprodurle infinitamente. Nelle scene si potrà così stare con la persona amata, fare cose che rendono felici: in una parola stare 'bene' senza il timore del domani perché il domani è già stato registrato e controllato prima di essere inserito nella sequenza che non muore mai.

Per leggere oggi questo libro c'è però bisogno d'una 'indicazione per l'uso', anzi due:

- prima di tutto basta poco per scoprire che ne è stato tratto un film, del 1974 (diretto da Emidio Greco, soggetto dello stesso Casares con John Steiner, Giulio Brogi e Anna Karina), un film che riproduce fedelmente molti passaggi del romanzo (con una fedeltà quasi imbarazzante per chi è abituato oggi a vedere le trasmutazioni cinematografiche dei best seller contemporanei)

- la scrittura. E qui il problema non è solo di tipo generazione, tutt'altro. La lingua è sciolta, scorrevole, perfettamente inserita nel contesto diaristico voluto dall'autore. Non scricchiola nemmeno a distanza di settant'anni, questa lingua se la si contestualizza rispetto agli intenti dell'autore. A mio avviso però, il problema sta proprio nel saper riconoscere da subito la scelta dell'autore, questo affidare al fuggitivo protagonista anche l'unica voce di fatto narrante, lasciare a questo personaggio telecamera, macchina fotografica, registratore, e ogni altro apparecchio narrativo. In tempi di grandi dibattiti tra scrittura (dunque stili e lingue) e trama, oggi leggere per la prima volta questo romanzo (escludendo film, telefilm, istallazioni o altre successive deformazioni), oggi insomma trovo difficile ignorare un pensiero: cosa sarebbe stato dell'intero costrutto (trama, personaggi, ambientazione, suspance, tematiche, colpi di scena, il finale) se fosse stato scritto ad esempio in terza persona? In ogni caso, per semplificare: cosa ne sarebbe stato se non fosse stato scritto solo in prima persona? Che impatto avrebbe avuto attraverso un altro uso della lingua, una storia già così potente, visionaria, quasi profetica?

Io credo lo avrebbe reso un romanzo fondamentale non soltanto per la letteratura argentina e per la fantascienza e il fantasy come generi senza confini, sarebbe diventato un romanzo necessario alla comprensione della letteratura della prima metà del novecento esattamente come sono oggi riconosciute per altre epoche le opere ad esempio di Shakespeare o Dante o Lev Tolstoj o Isaac Asimov (per citare i primi che mi sono venuti in mente scrivendo).

E' altrettanto vero che in Italia Adolfo Bioy Casares, a differenza dell'amico Jorge Luis Borges (autore dell'introduzione di questo romanzo nell'edizione Tascabili Bompiani, introduzione che meriterebbe una riflessione a parte sugli spunti offerti da Borges a proposito dei romanzi con e senza trame), non è particolarmente noto o studiato o proposto. Ciò nonostante la sua 'non notorietà' nel ventunesimo secolo non può dipendere per noi oggi - secondo me - dal suo non essere italiano (né avere legami con l'Italia) men che meno dal riconoscimento d'una sua incapacità a impastare idee, 'invenzioni' (per l'appunto), trame. Per farla breve: non credo che di Casares si dica e sappia molto meno di quello che si potrebbe (e dovrebbe) perché lo si ritiene un narratore scarso, con poca invettiva o poca originalità o scarse qualità nel gestire gli elementi e le strutture. Tutt'altro.

Come accennavo poco sopra, proprio da questo romanzo (da alcuni oggi definito racconto a volerne ridimensionare un qualche peso specifico nelle analisi e critiche accreditate) hanno preso spunto molti altri artisti che ne hanno poi dipanato trame e storie diverse eppure basate sulle intuizioni principali in 'L'invenzione di Morel'.

Dunque, resta l'ipotesi - forse azzardate e irriverente - che in questo libro la scelta d'una narrazione in prima persona, la scelta d'uno stile e un approccio preciso nel modo in cui si propone la storia al lettore, risulta meno incisiva, meno determinante di quanto - forse - avrebbe potuto.

In ogni caso, indipendentemente dalle considerazioni sulla lingua (che comunque risentono dell'approccio che oggi si ha verso la scrittura e l'editoria come sistema complesso di variabili dove lo scrivere quasi mai è getto che resta immutato ma risente di diversi interventi successivi e non solo da parte dell'autore), indipendentemente questo romanzo 'dice cose' che meritano alcune riflessioni. La finzione narrativa esula dal genere fine a se stesso, gli espedienti qui non servono solo a materializzare davanti al lettore una realtà 'altra', talmente lontana dal proprio reale da non poter essere accostata o confusa, con la realtà. In questa finzione narrativa, oggi nel ventunesimo secolo abbiamo tutti gli strumenti, le conoscenze, e i mezzi per considerare che quell'isola non identificata, misteriosa, quelle persone lontane, contraddittorie, quello scienziato visionario e allucinato nonché quel fuggitivo spaurito, curioso e irreversibilmente coinvolto in circostanze al confine tra immaginazione e realtà: tutto questo può essere molto più vicino di quanto forse poteva apparire cinquanta, o sessant'anni fa. Ed è questo un innegabile merito che va riconosciuto a Casares e al suo essere consapevole burattinaio d'un teatro proiettato sulle fondamenta di altri edifici, tra mattoni reali che si chiamano Scienza, si chiamano Progresso ma anche Fotografia, Cinepresa, Registratore, Sogni, Fede, Ossessioni. Si chiama: sfida dall'inevitabile caducità della vita e alle sue naturali dinamiche di perdita e disaffezione costante.

 

... Adolfo Bioy Casares, in queste pagine, risolve felicemente un problema forse più difficile. Dispiega un'Odissea di prodigi che non sembrano ammettere altra chiave che l'allucinazione o il simbolo, e pienamente li decifra mediante un singolo postulato fantastico ma non soprannaturale.
(dall'introduzione di J.L.Borges, pag.20)

Link utili

Il libro su Ibs e su Wikipedia.

Una sequenza 'chiave' del film su Youtube.

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