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( In )ter( per )culturando: ’Italian Sharia’ di Paolo Grugni - parte I

Italian Sharia è il quarto romanzo di Paolo Grugni [un’analisi delle precedenti pubblicazioni tra i contenuti extra della rubrica, link dopo le fonti - n.d.r.], uscito nelle librerie per Perdisa editore il 03 Febbraio 2010.
[Un primo articolo apparso su Il Tirreno a firma di Barbara Burzi, link tra le foni - n.d.r]
 
Innanzi tutto una precisazione su ’sharia’.
Il termine, dall’arabo shari’a che letteralmente significa ’via’ viene usato dagli islamici a indicare la ’Legge di Dio’ portata a conoscenza degli uomini attraverso forme dirette e indirette quali il Corano, la Sunna (la tradizione islamica), il consenso dei giuristi (L’IjmÄ ‘, dall’arabo, ’consenso’) e il ragionamento analogico (il qiyas, nel diritto musulmano inteso come ragionamento induttivo che il giureconsulto mussulmano, faqÄ«h, è chiamato a esercitare qualora il disposto della Sharia non fornisca una risposta chiara a un determinato dilemma giurisprudenziale e in caso su di esso non sia intervenuto, per risolvere la questione, neppure il "consenso dei ijmÄ ‘).
Nei paesi mussulmani è impossibile scindere la Sharia dal contesto politico e sociale, soprattutto per i c.d. ’fondamentalisti’ che la considerano l’unica fonte del diritto universale (da wikipedia, link tra le fonti - n.d.r.). 

Una delle prime considerazioni necessarie su Italian Sharia riguarda la lingua di Paolo Grugni. Lo stile dell’autore si è imposto negli anni per le fratture evidenti non solo rispetto a strutture ma anche per gestioni di dialoghi, punteggiatura, svolgimenti assemblati in un unico impasto denso che non conosce pause, stacchi o rallentamenti. 
Eppure in Italian Sharia qualcosa di diverso si avverte dalle prime pagine.
Mancano i punti nei dialoghi, proposti senza alcuna indicazione formale. Le descrizioni sono pregne dei cinque sensi, diventano agganci necessari a focalizzare persone, contesti, ambienti e location senza appesantire o rallentare il ritmo della narrazione, tutt’altro: spennellate da seguire con attenzione, parole dosate per non essere fraintendibili giocando su significati, agganci e percezioni.
 
Chiude la borsa, si guarda a lungo nello specchio maculato d’argento, forse si rende conto di essere lui per primo un uomo rotto non più riparabile, alla fine usciamo, accosto la porta, si riapre.
Marco, tu vai, io cerco di sistemare qui
D’accordo
Se puoi, più tardi, chiama l’ospedale e fatti dire come sta
Rientro nell’appartamento, strappo un foglio dal calendario e incastro la vita di un giorno tra muro e battente.
 
Scendo come sono salito, a piedi, al secondo piano sento delle grida in arabo, un uomo urla qualcosa che non traslittero, strilli di ragazzina, mobili rovesciati, oggetti rotti, la maniglia della porta che si piega, colpi sordi, versi soffocati, non so che fare, d’improvviso l’assenza di suono si fa presenza, esce una donna che si avvolge il viso al velo…
(pag.24 – stralcio con narratore, dialogo e descrizione)
 
Il narratore è il protagonista stesso (tranne qualche raro intervento onnisciente come nella prima scena). Ed è un narratore nudo, che si spoglia gradualmente davanti al lettore mano a mano che prosegue raccontando di sé, della famiglia, di sesso, lavoro, conoscenze, pensieri, desideri, scritture, Michael Jackson e così via.
Non c’è ’immagine’ di questo narratore-protagonista, piuttosto carne esposta, nuda nell’eccezione di mostrata per ciò che è, tra debolezze, vanità, egoismi, contraddizioni, impulsi, paure, sogni e affezioni complesse.
Ogni svolgimento, personaggio, azione, arriva al lettore attraverso sensi, registrazioni e rielaborazioni del protagonista che narra con l’onestà cruda e l’incedere del monologo intimo a un altro se stesso, nemmeno con un amico di vecchia data pare pensabile una simile trasparenza serena. 

Eppure.
L’autore ha ’lavorato di lima e scalpello’ con parole, strutture, documentazioni reali, tratteggi, carnalità e sensorialità; ma senza l’evidente, pulsante e prioritario bisogno di sperimentare, frantumare e destabilizzare il lettore, tipico delle precedenti pubblicazioni.      
In Italian Sharia lo stile, pur mantenendosi originale, arriva con garbo, mitigato in alcuni spigoli al punto da toccare a tratti nervi poetici, che non nascondono brevi tenerezze. 
 
Fisso Chiara e penso che non l’ho mai tradita né mai lo farò, il solo sapere che esiste riequilibra ogni mia disfunzione organica, la conoscevo da meno di tre mesi quando una notte mi ritrovai paralizzato nel letto da attacchi di panico, il respiro trasparente, la voce fragile come mica, sul petto il peso del mondo, lei arrivò al mattino, spiffero d’ossigeno.
Eccomi
Ti aspettavo
Perché stai male?
Non lo so, non riesco a capirlo, sono ore che cerco un motivo e non ce n’è uno, oppure ce ne sono troppi
Comunque sappi che io sono qui e non me ne vado
Questo è uno dei milletrecentodiciassette motivi per cui ti amo
E gli altri milletrecentosedici?
Li saprai col tempo
(pag. 42-43) 
 
Grugni non ha perso la rabbia, il disgusto, la ferocia delle precedenti storie.
In questo romanzo ha scelto di dosarli con la lucidità necessaria a rendere giustizia ai fatti inseriti all’interno della trama senza narrativizzazioni, riproduzioni fedeli della cronaca italiana reale e rintracciabili attraverso i mass media. E ’questo reale’, a scheggiare le finzioni della storia, è pesante, scevro da ogni alleggerimento linguistico o di forma.

Il tratteggio dell’Italia e degli italiani, tra snodi e ragionamenti, non è né rassicurante né catastrofista per necessità di genere. E’ un tratteggio duro, freddo e scarno. Che però ne bilancia le posizioni proponendo avvenimenti, logiche e leggi mussulmane dal discutibile rispetto verso l’umano in quanto tale, al di là di generi e fedi.
Ce n’è un pò per tutti, verrebbe da concludere. 
 
Eppure, una leggera virata rispetto alle produzioni precedenti diventa chiara a lettura ultimata.
Il finale, a cui si arriva agilmente, in un crescendo di colpi di scena, concitazioni, dialoghi snelli, veloci e intensi; questo finale mi sembra elemento di rottura rispetto al pessimismo che l’autore ha manifestato nelle precedenti produzioni. Rispetto a quel senso di annegamento progressivo e inalterabile, rispetto alla visione dell’essere umano entro ogni possibile contesto maligno, doloroso, distruttivo, figlio delle peggiori pulsioni egoistiche, individuali e menefreghiste. Un finale, forse, sospeso per necessità creativa, quasi bloccato davanti a un gradino che ancora non si è scelto di affrontare. Né liberatorio né rassegnato.
 
Il protagonista non è né buono né cattivo. Viene da subito presentato (per l’esattezza si presenta) per ciò che è, allo stesso modo degli altri personaggi, filtrati dal narratore ma ugualmente miscelazioni variabili di pregi e difetti. Moglie, figli, colleghi, nuove conoscenze, tutti hanno punti deboli quanto qualità anche impreviste, tutti possono ferire e finire feriti.
 
 
Mi risveglio un’ora più tardi, ma ancora una volta mi risveglio in questo paese di merda e mi domando se uno dei tanti delinquenti predicatori del falso che ci governa ci dirà invece cosa è successo a Ustica, cosa è successo alla stazione di Bologna, cosa è successo a Piazza Fontana… (pag.103 - il periodare si conclude con un ‘meno male che ci sono gli immigrati’ a chiudere quest’unica sorsata densa, urticante).
 
[segue]
 
 
 
Fonti

Intervista a Paolo Grugni su Lib(e)ro Libro, di Lucia Cucciolotti, 09-01-2010.
Mondoserpente, da ThePopuli. 
Aiutami, parte I e II (assieme a ’Chi c’è nel tuo piatto’ di Jeffrey Moussaieff Masson) su AgoraVox. 
Sharia su wikipedia in italiano, ma molto più completa su wikipedia in inglese.
Paolo Grugni su Ibs
Italian Sharia sul sito di Perdisa.
Immagina una Sharia a Prato di Barbara Burzi su Il Tirreno del 31-01-2010.

 
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Già pubblicato:
 
Prossimamente la seconda parte

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