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In ricordo delle vittime innocenti della criminalità a Casoria

Raccontare, ricordare, ciascuna di queste storie, quei dettagli dimenticati da chi è in cerca di sceneggiature televisive, significa davvero toccare la ferita aperta e sanguinante di un tessuto sociale lacerato dalle dinamiche criminali; raccontare la banalità con cui vittime innocenti sono state colpite, significa raccontare la narrazione civica di una realtà che conosce la morte, come parte integrante della vita. Una sicurezza precaria che si alterna ad uno stato di guerra a seconda degli interessi delle diverse geografie criminali

“Ti capivo, ma non ti capivo veramente”. Con queste parole, la signora Antonietta manifesta vicinanza alla sua amica Rosaria vedova dell’edicolante Coppola, ucciso un paio d’anni nella sua edicola a Casoria, perché aveva rimproverato il giorno prima un ladro d’uva.

La differenza tra i due livelli di comprensione, consiste nel passare da spettatore di una tragedia a vittima: lo scorso giugno, proiettili vaganti hanno stroncato anche la vita del barista Nollino, marito della signora Antonietta. Solo allora, quando ti trovi ad essere vittima di una guerra, puoi comprendere che quel dolore, per essere davvero compreso, più che essere raccontato con parole, andrebbe immerso nella quotidiana drammaticità di chi si trova abbandonato dalle istituzioni. Di chi è costretto, all’improvviso, ad affrontare problemi economici, familiari, giganteschi. Farsi carico di una tragedia che si prolunga nei mille problemi quotidiani.

Da una parte c’è il solito chiacchiericcio popolare, che semina continuamente malizia e zizzania: sei “colpevole fino a prova contraria”, il solo fatto di morire così, sotto fuochi di affiliati, significa essere in un certo senso compromesso, e pertanto questo pregiudizio diffamatorio, spegne lo scandalo cittadino, che nell’indifferenza contempla la tragedia. Nonostante l’innocenza, per il popolino morire ammazzati, è sempre una colpa.

Dall’altra parte, c’è una spaventosa indifferenza mediatica, che incurante di descrivere un territorio attraverso la lente di rapporti della Dia, che fotografano la radiografia di una città “ad alto tasso criminale”, si soffermano sulla notizia sensazionalista di sciacalli, che in cerca di scoop costruiscono personaggi televisivi, offrendo ai parenti delle vittime soldi o viaggi. Come è successo al padre di Ciaramella, che disgustato da certe proposte che arrivavano da emittenti nazionali, custodisce il ricordo di suo figlio in una foto nel suo portafoglio, 11 anni dopo che fu barbaramente ucciso da un ragazzo di Afragola, per difendere la sua ragazza. Questo sciacallaggio, e questo doppio registro viene utilizzato anche da certi politici opportunisti, che cinicamente se ne approfittano, proponendo la candidatura nelle proprie liste politiche ai familiari delle vittime, per semplice marketing, per crearsi quella patina eroica, che serve al loro consenso elettorale. Criminoso. Sfruttare la tragedia per consenso politico. 

E in effetti, basta vivere il territorio per constatare come la retorica di politici si sgonfia, davanti alla banalità con cui vengono accettate queste morti, come quando due mesi dopo che furono assassinati due vigilanti, Gerardo Citarella e Pino Lotta, da colpi di kalashnikov durante una rapina, proprio poco tempo dopo che la cittadina era già stata colpita dall’omicidio Coppola, l’amministrazione concordò nell’installare l’albero di natale nei pressi della banca Unicredit dove era avvenuto l’agguato, cancellando con l’indifferenza quel sangue vivo di persone innocenti, come denuncia la stessa vedova Coppola. La banalità con cui viene accettato ciò spesso è corresponsabile. Raccontare, ricordare, ciascuna di queste storie, quei dettagli dimenticati da chi è in cerca di sceneggiature televisive, significa davvero toccare la ferita aperta e sanguinante di un tessuto sociale lacerato dalle dinamiche criminali; raccontare la banalità con cui vittime innocenti sono state colpite, significa raccontare la narrazione civica di una realtà che conosce la morte, come parte integrante della vita. Una sicurezza precaria che si alterna ad uno stato di guerra a seconda degli interessi delle diverse geografie criminali. Un’indifferenza criminosa, che ancora oggi vive, proprio lì, in quei luoghi della tragedia, dove ancora oggi volti noti continuano il malaffare. Gli assasini di queste vittime non hanno ancora un volto, anche a casua dell'indifferenza cittadina.

Ritornando allora al significato autentico delle parole e non alla retorica di politici in cerca di passerelle televisive, ri-cordare significa letteralmente “ripassare delle parti del cuore”. Anche se non si può comprendere fino in fondo il dolore di chi vive tragedie umane, si può però cercare di ascoltare, e insieme aiutare, anche con qualche lapida, a mantenere un ricordo vivo che serve non solo a non dimenticare, ma a risvegliare, a sdegnare: E solo così la gente potrà finalmente dare un nome e cognomi a quell’uomo di mezz’età, che lì, con i soliti occhiali neri, continua a vendere sigarette abusive di fronte il bar Nollino.

Articolo pubblicato sul sito Libera Afragola - Casoria

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