• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Tribuna Libera > In punta di penna. Siamo tutti Charlie ma siamo anche Ahmed

In punta di penna. Siamo tutti Charlie ma siamo anche Ahmed

I tragici fatti di Francia interrogano le nostre coscienze. Uomini che hanno ucciso altri uomini. Caino è ancora tra noi. Ed è nostro fratello. Se non fosse così potremmo cancellare il suo nome dalla nostra biografia. Ma non possiamo. È in gioco la civiltà e l’umanesimo. Ma la crociata è la risposta sbagliata. Vi spieghiamo perché. In punta di penna.

Tristezza, angoscia e una grande pena. Sono i primi sentimenti che si provano dopo i tragici fatti che hanno tenuto col fiato sospeso la Francia e il mondo intero. Sono stati due giorni cupi, che hanno lasciato una scia di sangue terribile, che ci segnerà nel profondo. La sicurezza di una nazione è stata tenuta in scacco da tre persone, forse quattro. Ti dà un senso di impotenza. La paura e la psicosi si stanno diffondendo: sabato a Parigi due falsi allarmi. Venti i morti, tra cui i tre terroristi. Uomini che hanno ucciso altri uomini. Caino è ancora tra noi. Ed è nostro fratello. E questo rende tutto così lacerante. Se non fosse nostro fratello potremmo cancellare il suo nome dalla nostra biografia. Ma non possiamo.

Questi appunti veloci sono schizzati in punta di penna, con discrezione, senza la presunzione di chi sale in cattedra, e dicono anche il disagio sottile di raccontare una tragedia che ancora non è finita. Impossibile parlarne con distacco, eppure è urgente la necessità di non farsi trascinare dall’onda dell’emotività. Trovare la via di mezzo tra l’obiettività e il coinvolgimento viscerale sembra un compito irrealizzabile da cui tuttavia non possiamo scappare. Senza cadere nelle facili trappole degli schieramenti, dei manicheismi propagandistici del noi e loro, o peggio del noi o loro, del noi contro di loro. I profeti dello scontro di civiltà, sono una iattura per la civiltà. La “civiltà”, beninteso, di cui parliamo non è quella occidentale. Restiamo umani, per favore. I fatti di Parigi ci invitano a questo: è in gioco l’umanesimo tout court, non la civiltà occidentale. Arruolarsi in una guerra di religione è la peggior risposta che possiamo dare.

Tentiamo dunque di tirare faticosamente le fila, di riannodare un discorso sull’uomo e non sulle ideologie, le religioni, le culture. Il rispetto della persona è il punto di demarcazione tra l’umano e il disumano, la bussola che ci guida in questo doloroso esame di coscienza. Ma alcuni nervi scoperti restano: se, li tocchi, sai bene che provochi reazioni violente e viscerali. Ma occorre parlarne, costi quel che costi. I giornalisti di Charlie Hebdo facevano satira provocatoria e urticante, con uno sberleffo irriverente a volte sgradevole. Ma non per questo sei autorizzato a pensare che se la sono cercata, come inopportunamente ha scritto il «Financial Times». Eppure, è lecito chiedersi fino a che punto possa arrivare la libertà di espressione, senza per questo essere tacciato di fare sciacallaggio?

Secondo nodo critico: il rapporto tra Islam e terrorismo. Troppo facile l’identificazione, anche se, nel breve periodo, assai vantaggiosa elettoralmente. Domandiamoci: radicalizzare lo scontro sconfigge il terrorismo? Troppe guerre abbiamo visto che dovevano portare la pace ed hanno ottenuto l’effetto opposto. Lo schema buoni e cattivi funziona solo nella nostra testa: è un comodo alibi, ma non spiega nulla. E soprattutto non risolve nulla, anzi. Detto questo, resta l’altro capo della questione. Anche un questo caso non possiamo eludere un punto spinoso: l’ha ben posto Corrado Augias, quando ha paragonato il terrorismo islamista a quello delle Brigate Rosse, ricordando un famoso editoriale e di Rossana Rossanda che ebbe allora il coraggio di parlare di “album di famiglia”. Le Br furono sconfitte quando la Sinistra italiana e il sindacato cominciarono a guardare nel proprio seno. Il cancro allora fu estirpato. Perché la lotta al terrorismo si fece finalmente in nome della comune umanità, al di là delle ideologie.

«Sono io il custode di mio fratello?», è la risposta stizzita di Caino a Dio che gli chiede conto di Abele. Abbiamo in custodia l’umanità, senza se e senza ma. Ecco, vedere nell’altro l’uomo, è l’antidoto giusto per evitare derive fondamentaliste. Franco algerino, come i suoi assassini, era Mustapha Ourrad, correttore di bozze al Charlie Hebdo. Immigrato clandestinamente in Francia intorno ai vent’anni, si era imbarcato su una nave che da Algeri lo aveva portato a Marsiglia. Ahmed Merabet aveva 49 anni e faceva la scorta al direttore del settimanale. Era uno dei due poliziotti freddati con ferocia il 7 gennaio. La Francia come l'Italia: spesso sono i terroni che scelgono il duro mestiere del poliziotto. Ahmed era musulmano praticante e musulmano è anche Lassana Bathily, 24 anni, immigrato dal Mali, il commesso del negozio kosher ebraico, che ha salvato la vita a diversi clienti tra cui un bebè, senza chiedersi prima di che religione fossero, nascondendoli in una cella frigorifera opportunamente spenta ed è poi tornato con coraggio tra i corridoi del negozio, riuscendo ad avvisare la polizia. Dyab Abou Jahjah, scrittore libanese ha postato su Twitter: «Non sono Charlie, sono Ahmed. Charlie ridicolizzava la mia fede e la mia cultura e io sono morto per difendere il suo diritto di farlo». Ripartiamo da questa grande lezione di civiltà. Ripartiamo dall’uomo.

Infine una postilla dedicata a chi pretende di dare lezioni di catechismo al papa e, novello Pietro l’Eremita, lo vorrebbe al suo fianco nella crociata contro l'Islam. Forse una bella ripassata di storia medievale gli farebbe bene: perché da un papa che si chiama programmaticamente Francesco è assai difficile che tu ottenga la crociata.

 

Foto di Guillaume Galmiche, il suo sito è qui

Questo articolo è stato pubblicato qui

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox


Pubblicità




Pubblicità



Palmares

Pubblicità