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In•citazione N°1: Autoritratto italiano, storia di un testo infedele

Sottotitolo: Se l’impressione conta più dei fatti o quando un pastiche diventa un pasticcio

In•citazione N°1: Autoritratto italiano, storia di un testo infedele

In prima pagina de Il Fatto Quotidiano del 18 marzo 2010 era pubblicato un testo con il titolo "Vite parallele" e la menzione: "Questo testo che da settimane circola sul Web, è datato 1° maggio 1945. Scritto da Elsa Morante, dedicato a Benito Mussolini, è pubblicato su Paragone Letteratura. È un ritratto calzante di un altro personaggio a noi contemporaneo".

Il testo è il seguente:
«Il capo del governo si è macchiato ripetutamente durante la sua carriera di delitti che, al cospetto di un popolo onesto, gli avrebbero meritato la condanna, la vergogna e la privazione di ogni autorità di governo. Perché il popolo ha tollerato e addirittura applaudito questi crimini? Una parte per insensibilità morale, una parte per astuzia, una parte per interesse e tornaconto personale.
La maggioranza si è resa naturalmente conto delle sue attività criminali, ma ha preferito dare il suo voto al forte piuttosto che al giusto. Purtroppo il popolo italiano, se deve scegliere tra il dovere e il tornaconto, pur conoscendo quale sarebbe il suo dovere, sceglie sempre il tornaconto. Così un uomo mediocre, grossolano, di eloquenza volgare ma di facile effetto, è un perfetto esemplare dei suoi contemporanei. Presso un popolo onesto, sarebbe stato tutt’al più il leader di un partito di modesto seguito, un personaggio un po’ ridicolo per le sue maniere, i suoi atteggiamenti, le sue manie di grandezza, offensivo per il buon senso della gente a causa del suo stile enfatico e impudico. In Italia è diventato il capo del governo. Ed è difficile trovare un più completo esempio italiano. Ammiratore della forza, venale, corruttibile e corrotto, cattolico senza credere in Dio, presuntuoso, vanitoso, fintamente bonario, buon padrea dia famiglia a ma con numerose amanti, si a serve di coloro che disprezza, si circonda di disonesti, di bugiardi, di inetti, di profittatori; mimoa abile, e tale da fare effetto su un pubblico volgare, ma, come ogni mimo, senza un proprio carattere, si immagina sempre di essere il personaggio che vuole rappresentare. »


Il testo originale a cui s’inspira il testo riportato dal Fatto inizia così:
«Il capo del governo si macchiò ripetutamente durante la sua carriera di delitti che, al cospetto di un popolo onesto, gli avrebbero meritato la condanna, la vergogna e la privazione di ogni autorità di governo. »

Si noti il "si macchiò" cambiato in "si è macchiato". Voi direte è un dettaglio. Per chi legge forse, ma per chi scrive no. E quando chi scrive si chiama Elsa Morante, assolutamente no. [Preciso che il testo riprodotto qui sopra è tratto dalla pagina Facebook di IL FATTO Quotidiano ed è riportata tale e quale, errori dattilografici compresi]. La domanda è: la redazione de Il Fatto Quotidiano ha verificato l’autenticità del testo? Visto che cita la rivista letteraria Paragone. Oppure è un copia incolla di una pagina web, come riferito nell’articolo?

Ritorniamo alla variante "si macchiò". Innumerevoli sono i siti che riproducono il testo. Tra questi, due in particolare: Articolo 21, non datato e il blog di Luigi de Magistris del 31/01/10. Riprodotto con la menzione "Elsa Morante. 1945 (a proposito di Mussolini)", al seguito del testo attribuito alla Morante, de Magistris scrive: "La storia si ripete. Così che il passato e il presente hanno come un legame che li tiene uniti, perché nel presente rivivono, spesso tristemente, esperienze e dolori, vicende e personaggi. Può quindi capitare che sfogliando un vecchio libro ci si imbatta in un passaggio così pregno di insegnamento per l’epoca contemporanea, può capitare che nel leggerlo ti sembri impossibile che esso si riferisca ad un’età passata, tanto è specchio fedele dell’oggi. [...]". La domanda è: Luigi de Magistris ha dunque "sfogliato un vecchio libro" (la data del ’45), e ha letto il testo trovato in questo "vecchio libro". O no?
 

Retroscene di una confusione

 

Autoritratto italiano p.9 Martedì 19 maggio 2009, Beppe Sebaste sul suo blog pubblica un post intitolato "Pagine di diario (1945) di Elsa Morante (grazie a Luca Sossella)", e scrive: "Nel 1998 uscì da Donzelli un libro di Alfonso Berardinelli per molti versi straordinario, si intitola "Autoritratto italiano. Un dossier letterario 1945-1998". Il primo testo, dopo un’introduzione di Berardinelli, è di Elsa Morante, eccone la parte conclusiva. Prova a sostituire M. con un politico italiano del nostro quotidiano, ti viene in mente qualcuno? Come si può facilmente intuire non è l’individuo il problema, ma la comunità in cui l’individuo agisce, se la parte consentita in commedia è sempre la stessa". Segue il testo:

« [...] Perché il popolo tollerò o favorì e applaudì questi delitti? Una parte per viltà, una parte per insensibilità morale, una parte per astuzia, una parte per interesse o per machiavellismo. Vi fu pure una minoranza che si oppose; ma fu così esigua che non mette conto di parlarne. Finché Mussolini era vittorioso in pieno, il popolo guardava i componenti questa minoranza come nemici del popolo e della nazione, o nel migliore dei casi come dei fessi (parola nazionale assai pregiata dagli italiani)» e il testo della pagina del diario di Elsa Morante si prosegue.

Mercoledì 12 agosto 2009 esce il "n.37 inverno 2009" della rivista biennale milanese Testi Infedeli. "ovvero testi famosi, rivisitati e rimessi a posto perché piacciano di più a chi l’invia e scuotano d’interrogativi chi li riceve, chi sa, chi capisce è una storia letteraria ideata, stampata, cadenzata da Stefano Nespor, un avvocato alto alto a cui piacciono musica, letteratura e belle donne". (Corriere della Sera, 16/7/2003). In questo numero figura il seguente testo:

« Il capo del governo

Il capo del governo si macchiò ripetutamente durante la sua carriera di delitti che, al cospetto di un popolo onesto, gli avrebbero meritato la condanna, la vergogna e la privazione di ogni autorità di governo. Ma un popolo onesto non lo avrebbe mai posto a capo del governo. Perché il popolo tollerò e addirittura applaudì questi crimini? Una parte per insensibilità morale, una parte per astuzia, una parte per interesse e tornaconto personale. La maggioranza si rendeva naturalmente conto delle sue attività criminali, ma preferiva dare il suo voto al forte piuttosto che al giusto. Purtroppo il popolo italiano, se deve scegliere tra il dovere e il tornaconto, pur conoscendo quale sarebbe il suo dovere, sceglie sempre il tornaconto. Così un uomo mediocre, grossolano, di eloquenza volgare ma di facile effetto, è un perfetto esemplare dei suoi contemporanei. Presso un popolo onesto, sarebbe stato tutt’al più il leader di un partito di modesto seguito, un personaggio un po’ ridicolo per le sue maniere, i suoi atteggiamenti, le sue manie di grandezza, offensivo per il buon senso della gente a causa del suo stile enfatico e impudico. In Italia è diventato il capo del governo. Ed è difficile trovare un più completo esempio di italiano. Ammiratore della forza, venale, corruttibile e corrotto, cattolico senza credere in Dio,presuntuoso, vanitoso, fintamente bonario, buon padre di famiglia ma con numerose amanti, si serve di coloro che disprezza, si circonda di disonesti, di bugiardi, di inetti, di profittatori; mimo abile, e tale da fare effetto su un pubblico volgare, ma, come ogni mimo, senza un proprio carattere, si immagina sempre di essere il personaggio che vuole rappresentare.

Da ELSA MORANTE. Lo scritto, del 1° maggio 1945, è in Pagine autobiografiche postume, pubblicate in Paragone Letteratura n.456, febbraio 1988. Il capo del governo descritto da Elsa Morante è, ovviamente, Mussolini. Ma non dimentichiamo l’esordio di Marx nel saggio Il Diciotto brumaio di Luigi Bonaparte (scritto nel 1852 originariamente per la pubblicazione a puntate): “Hegel osserva che tutti i grandi fatti della storia del mondo e i loro personaggi compaiono in due riprese. Ha dimenticato di aggiungere: la prima volta come tragedia, la seconda come farsa”. »



La trottola è lanciata e fa infuriare il Web. Ma il crimine era troppo perfetto -diciamo che calzava troppo perfettamente al piede della Cenerentola- per non far insospettire più di uno.

Martedì 16 Febbraio 2010 sul blog di de Magistris appare un commento: "Sarebbe meglio anche nominare la fonte, girano troppe citazioni apocrife", che rinvia ad un altro commento apposto a l’ennesima citazione citata. Qui si può leggere, datato dello stesso giorno: "Mi piacerebbe molto sapere da dove prende il via questa incredibile ciofeca. Credo che rimaneggiare un testo mettendoci sotto la firma dell’originaria autrice possa essere contemplato quasi come un reato".

Lunedì 15 febbraio 2010, Georgia Mada sul suo blog riporta il testo originale di Elsa Morante tratto dal suo diario alla data "Roma 1° maggio 1945" e cita la fonte: "Pagina di diario, pubblicata su Paragone Letteratura, n. 456, n.s., n.7, febbraio 1988, poi in Opere (Meridiani), Milano 1988, vol. I, pp. L-LII; e anche in Alfonso Berardinelli, Autoritratto italiano, Donzelli, 1998, pp. 29-31".

Lunedì 22 febbraio 2010, Liberazione pubblica la pagina "Roma 1° maggio 1945" tratto dal diario di Elsa Morante con la menzione come scritta da Georgia Mada sul suo blog.

Giovedì 18 marzo 2010, Il Fatto Quotidiano pubblica in prima pagina il testo apocrifo attribuito a Elsa Morante. Manifestamente al Fatto non leggono Liberazione né verificano la fonte dei testi da loro pubblicati, magari con un motore di ricerca visto che siamo sul Web. E questo a noi dispiace molto molto molto.
 

Paragone456

Autoritratto italiano

 

Dal quotidiano Liberazione del 22/02/2010 con il titolo "Il testo della Morante. Completo"

Elsa Morante Roma 1° maggio 1945
Mussolini e la sua amante Clara Petacci sono stati fucilati insieme, dai partigiani del Nord Italia.
Non si hanno sulla loro morte e sulle circostanze antecedenti dei particolari di cui si possa essere sicuri. Così pure non si conoscono con precisione le colpe, violenze e delitti di cui Mussolini può essere ritenuto responsabile diretto o indiretto nell’alta Italia come capo della sua Repubblica di Sociale.
Per queste ragioni è difficile dare un giudizio imparziale su quest’ultimo evento con cui la vita del Duce ha fine.
Alcuni punti però sono sicuri e cioè: durante la sua carriera, Mussolini si macchiò più volte di delitti che, al cospetto di un popolo onesto e libero, gli avrebbe meritato, se non la morte, la vergogna, la condanna e la privazione di ogni autorità di governo (ma un popolo onesto e libero non avrebbe mai posto al governo un Mussolini). Fra tali delitti ricordiamo, per esempio: la soppressione della libertà, della giustizia e dei diritti costituzionali del popolo (1925), la uccisione di Matteotti (1924), l’aggressione all’Abissinia, riconosciuta dallo stesso Mussolini come consocia alla Società delle Nazioni, società cui l’Italia era legata da patti (1935),la privazione dei diritti civili degli Ebrei, cittadini italiani assolutamente pari a tutti gli altri fino a quel giorno (1938).
Tutti questi delitti di Mussolini furono o tollerati, o addirittura favoriti e applauditi. Ora, un popolo che tollera i delitti del suo capo, si fa complice di questi delitti. Se poi li favorisce e applaude, peggio che complice, si fa mandante di questi delitti.
Perché il popolo tollerò favorì e applaudì questi delitti? Una parte per viltà, una parte per insensibilità morale, una parte per astuzia, una parte per interesse o per machiavellismo. Vi fu pure una minoranza che si oppose; ma fu così esigua che non mette conto di parlarne. Finché Mussolini era vittorioso in pieno, il popolo guardava i componenti questa minoranza come nemici del popolo e della nazione, o nel miglior dei casi come dei fessi (parola nazionale assai pregiata dagli italiani).
Si rendeva conto la maggioranza del popolo italiano che questi atti erano delitti? Quasi sempre, se ne rese conto, ma il popolo italiano è cosìffatto da dare i suoi voti piuttosto al forte che al giusto; e se lo si fa scegliere fra il tornaconto e il dovere, anche conoscendo quale sarebbe il suo dovere, esso sceglie il suo tornaconto.
Mussolini,uomo mediocre, grossolano, fuori dalla cultura, di eloquenza alquanto volgare, ma di facile effetto, era ed è un perfetto esemplare e specchio del popolo italiano contemporaneo. Presso un popolo onesto e libero, Mussolini sarebbe stato tutto al più il leader di un partito con un modesto seguito e l’autore non troppo brillante di articoli verbosi sul giornale del suo partito. Sarebbe rimasto un personaggio provinciale, un po’ ridicolo a causa delle sue maniere e atteggiamenti, e offensivo per il buon gusto della gente educata a causa del suo stile enfatico, impudico e goffo. Ma forse, non essendo stupido, in un paese libero e onesto, si sarebbe meglio educato e istruito e moderato e avrebbe fatto migliore figura, alla fine.
In Italia, fu il Duce. Perché è difficile trovare un migliore e più completo esempio di Italiano.
Debole in fondo, ma ammiratore della forza, e deciso ad apparire forte contro la sua natura. Venale, corruttibile. Adulatore. Cattolico senza credere in Dio. Corruttore. Presuntuoso: Vanitoso. Bonario. Sensualità facile, e regolare. Buon padre di famiglia, ma con amanti. Scettico e sentimentale. Violento a parole, rifugge dalla ferocia e dalla violenza, alla quale preferisce il compromesso, la corruzione e il ricatto. Facile a commuoversi in superficie, ma non in profondità, se fa della beneficenza è per questo motivo, oltre che per vanità e per misurare il proprio potere. Si proclama popolano, per adulare la maggioranza, ma è snob e rispetta il denaro. Disprezza sufficientemente gli uomini, ma la loro ammirazione lo sollecita. Come la cocotte che si vende al vecchio e ne parla male con l’amante più valido, così Mussolini predica contro i borghesi; accarezzando impudicamente le masse. Come la cocotte crede di essere amata dal bel giovane, ma è soltanto sfruttata da lui che la abbandonerà quando non potrà più servirsene, così Mussolini con le masse. Lo abbaglia il prestigio di certe parole: Storia, Chiesa, Famiglia, Popolo, Patria, ecc., ma ignora la sostanza delle cose; pur ignorandole le disprezza o non cura, in fondo, per egoismo e grossolanità. Superficiale. Dà più valore alla mimica dei sentimenti , anche se falsa, che ai sentimenti stessi. Mimo abile, e tale da far effetto su un pubblico volgare. Gli si confà la letteratura amena (tipo ungherese), e la musica patetica (tipo Puccini). Della poesia non gli importa nulla, ma si commuove a quella mediocre (Ada Negri) e bramerebbe forte che un poeta lo adulasse. Al tempo delle aristocrazie sarebbe stato forse un Mecenate, per vanità; ma in tempi di masse, preferisce essere un demagogo.
Non capisce nulla di arte, ma, alla guisa di certa gente del popolo, e incolta, ne subisce un poco il mito, e cerca di corrompere gli artisti. Si serve anche di coloro che disprezza. Disprezzando (e talvolta temendo) gli onesti , i sinceri, gli intelligenti poiché costoro non gli servono a nulla, li deride, li mette al bando. Si circonda di disonesti, di bugiardi, di inetti, e quando essi lo portano alla rovina o lo tradiscono (com’è nella loro natura), si proclama tradito, e innocente, e nel dir ciò è in buona fede, almeno in parte; giacché, come ogni abile mimo, non ha un carattere ben definito, e s’immagina di essere il personaggio che vuole rappresentare.

Pagina di diario, pubblicata su Paragone Letteratura, n. 456, n.s., n.7, febbraio 1988, poi in Opere (Meridiani), Milano 1988, vol. I, pp. L-LII; e anche in Alfonso Berardinelli, Autoritratto italiano, Donzelli, 1998, pp. 29-31.

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