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In Italia è consentito uccidere. Ma se non paghi una multa...

Circa trent’anni fa, inizia a dire: “Arriverà un giorno in cui gli omicidi non saranno condannati, ma se si proverà a non pagare una multa, allora vedrete che persecuzione”!

 

Come tutte le Cassandra della storia, non venivo minimamente presa in considerazione. Eppure, già allora, ravvisavo i prodromi di ciò che sarebbe accaduto.

Eccoci a oggi. Quanti italiani possono confermare cosa accade all’esistenza di chi, non per dolo peraltro, si azzardi a non pagare una multa, che diviene una cartella esattoriale – gonfiata di agi e interessi – e che, se non onorata, può diventare la persecuzione peggiore? Quasi tutti, credo, possiamo raccontare di giornate passate nel vano tentativo di dover dimostrare allo Stato di non essere delinquenti abituali, da sbattere nel girone infernale di coloro che non meritano rispetto.

A poche ore dall’incredibile sentenza che è stata emessa contro la famiglia Ciontoli, ecco che riappare il fantasma delle mie predizioni di tre decenni fa: la pena richiesta per Antonio Ciontoli era stata di 14 anni. La condanna è stata abbattuta a cinque anni. Tre per il resto dei familiari. Il reato riconosciuto dai giudici? Omicidio colposo. Il minore nella lista degli omicidi.

Il popolo italiano, collettivamente, è rimasto basito, indignato, addolorato. Così come indignati, basiti, addolorati, sono rimasti i genitori di Marco Vannini, la cui unica colpa è stata quella di innamorarsi di Martina Ciontoli, figlia di Antonio, la cui carriera appare molto più importante della vita di un ragazzo di 21 anni.

Non sapremo mai, forse, come sono andate le cose. È chiaro però ciò che è accaduto dopo. Ritardi nella richiesta dei soccorsi. Chiamata al 118 con ripensamento e tempo prezioso gettato alle ortiche, mentre un giovane moriva di superficialità e, quindi, di cattiveria ed egoismo. Perché le parole hanno un senso, e vanno usate a buona ragione.

Se ti preoccupi maggiormente della tua carriera, se ritardi i soccorsi, se invece di urlare al telefono agli operatori del 118: “Correte! E’ successo un casino! Un giovane rischia di morire per un colpo di arma da fuoco”! non sei una persona che merita rispetto e una sentenza per omicidio colposo. Sei una persona indegna, come indegne sono le persone che ti hanno sostenuto fin dai primi attimi di questa tragedia che poteva essere evitata, se al posto del cuore certa gente non avesse un registratore di cassa.

Vogliamo parlare di Martina Ciontoli? No, meglio non parlarne. Povero Marco Vannini, innamorato di una ragazza che ha chiarito di amare più il padre e la sua carriera, piuttosto che un giovane che gli aveva messo il cuore in mano.

Ora, tornando alla riflessione iniziale: cosa diamine è accaduto al nostro sistema giudiziario? Sembra come se, dall’alto, sia stato impartito un ordine: “Per quanto riguarda i casi di omicidio, siate clementi”. Non so se tutto questo lo dobbiamo al sovraffollamento delle carceri – e a 45 strutture penitenziari pronte ma mai aperte sul nostro territorio – oppure se vi siano, all’origine di questa clemenza, favoritismi o altre pratiche di cui non conosciamo nulla.

Sta di fatto che, il messaggio che l’Italia sta diffondendo è il seguente: la vita umana ha poco valore. Il denaro ne ha molto di più. Insieme al prestigio, al potere, alla casta di cui si fa parte.

Non è affatto un bel messaggio, ed è l’avvio di una società allo sbando. Cosa stiamo insegnando ai giovani? Cosa si sta creando per il futuro a breve? Come saranno rideterminate le scale dei valori umani?

A tutte queste domande, trovo una sola risposta: l’indignazione non basta. Bisogna agire. Agire in maniera corale, per non consentire che questa china ci porti tutti verso il precipizio peggiore: la cancellazione dei criteri di umanità, di dignità, di diritti umani.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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