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In Giordania il campo profughi “a cinque stelle”

(di Estella Carpi, per SiriaLibano*).

Lo scorso gennaio mi dirigevo a 20 km a nord dalla città giordana di Zarqa, dove si trova il mukhayyam – campo profughi – di Mrajeeb al Fhood, amministrato e finanziato dalla Mezzaluna Rossa degli Emirati Arabi Uniti fondata il 10 aprile 2013. Il sito è oggi considerato un campo “a cinque stelle”. Ospita attualmente quasi 5 mila persone, dando priorità ad anziani, donne sole o con bambini, e a famiglie. Gli uomini singoli non sono ammessi.

Mrajeeb al Fhood (foto di Estella Carpi)

Le condizioni materiali sono di gran lunga migliori che in qualsiasi altro campo profughi io sia mai entrata. Gli alloggi sono delle roulottes bianche, dotate di bagno e angolo cottura solo nel caso in cui uno dei membri della famiglia soffra di particolari malattie croniche o disabilità fisiche.

Il campo è dotato di cucine comuni in cui si preparano pasti standard che vengono portati direttamente a ognuna delle roulottes. Vi sono anche lavanderie comuni, dove si può fare il bucato. Bagni comuni sono disponibili più o meno per ogni venti roulottes, in quanto non sarebbe possibile costruirne uno per ogni singolo alloggio. Cucinare autonomamente non è generalmente concesso dai signori della filantropia a cinque stelle, che offre ai rifugiati una gamma fissa di prodotti alimentari ma con qualche possibilità di scelta, soprattutto in caso di esigenze dietetiche. La Mezzaluna, inoltre, organizza attività sportive, culturali e ricreative, seminari di carpenteria e molto altro.

A differenza di altri campi, ai bambini viene evidentemente insegnato a non toccare i visitatori e a non “infastidirli”. A quanto pare nessuno di loro abbandona la scuola. Secondo i residenti del campo, infatti, le tre scuole presenti offrono un’istruzione migliore, giacché il numero degli studenti in ogni classe è di gran lunga inferiore alla media dell’enorme campo di Zaatari, che ospita ormai più di 100mila persone.

La coordinazione tra la Mezzaluna Rossa degli Emirati e i pochi operatori umanitari internazionali che lavorano quotidianamente nel campo viene ritenuta ottimale dalla prima. I rifugiati si ritrovano la vita avvolta impeccabilmente in un pacchetto-viveri, ma pur sempre ridotto ai minimi termini della ragione umanitaria.

Biologicamente, i rifugiati sono quindi pienamente soddisfatti; al contrario, la loro presenza politica è negata o soffocata cronicamente, come è tipico dell’umanitarismo.

A questo riguardo, uno degli operatori umanitari della Mezzaluna Rossa osserva: “Tendiamo a non permettere raduni di uomini, discussioni politiche, e nemmeno l’ingresso di giovani uomini nel campo. Spesso e volentieri causano problemi e vogliamo evitarlo per quanto possibile”.

Campo di Mrajeeb al Fhood (Foto di Estella Carpi)

La critica più comune che è stata indirizzata alla Mezzaluna Rossa degli Emirati riguarda la piccola dimensione del campo e l’estrema concentrazione di ingenti risorse al suo interno. Nonostante la reale intenzione degli Emirati di ampliare il campo, la risposta più frequente che viene offerta al pubblico è che non sarebbero in grado di fornire la stessa qualità e quantità di servizi a un maggior numero di persone. Contro la tradizione di ogni logica umanitaria, la qualità, questa volta, pare avere priorità sulla quantità[1].

L’aspetto positivo della politica filantropica propria della Mezzaluna è l’impiego dei rifugiati siriani che vivono nel campo, che, stranamente, non vengono retribuiti in denaro, bensì premiati in beni materiali richiesti direttamente dai prestatori di un servizio. “Quando pulisco le strade del campo, mi danno più patate se chiedo patate, riso se chiedo più riso, o sigarette… Mi danno quello che chiedo insomma, ma non soldi”. Un altro residente, invece, si riferisce in modo ambiguo a una retribuzione in denaro, ma allo stesso tempo sottoforma di viveri. Non riesco tuttora a fare chiarezza su questo punto sulla base delle interviste condotte.

Una politica delle ricompense, insomma, che “grazia” i non abbienti, messi in condizione di “meritare” i loro averi o una quantità maggiore di beni di necessità.

In tale scenario, descritto in alcuni media come il paradiso assoluto del rifugiato, viene naturale chiedersi come si possa costruire sostenibilità. Difatti, pare che in Yemen, Kosovo e Libia fosse stato svolto un progetto simile dalla Mezzaluna Rossa degli Emirati, e che dopo qualche anno i campi profughi siano stati abbandonati dagli umanitari per mancanza di risorse.

Il deserto desolato in cui è stato costruito il campo, a detta dalla Mezzaluna, è stato scelto per la sua estensione spaziale e garanzia di sicurezza totale per i residenti stessi. Ciò si traduce, piuttosto, in un totale isolamento della componente profuga dal resto della società di cui fa parte, volenti o nolenti.

In modo simile, il mio tour nel mukhayyam viene attentamente monitorato da una guardia di sicurezza giordana e dall’équipe della Mezzaluna che guida il risciò per mostrarci l’intero campo: questa volta però, per la mia di sicurezza, dicono.

All’interno del campo ci sono inoltre un supermercato, una moschea, strutture mediche con qualche specialista, barbieri, parco giochi per bambini, sartorie. Ma dopo la mia visita, li definirei meri ornamenti. Se consideriamo la presenza delle tante telecamere di sorveglianza e recinzioni metalliche intorno e all’interno del campo per separare gli spazi, Mrajeeb al Fhood non somiglia di certo a uno spazio di riabilitazione sociale e personale.

Le ragioni materiali per uscire dal campo diventano quindi sempre meno. Lo scopo è raggiunto. Tuttavia, nessun problema se qualcuno tra i rifugiati riuscisse a svignarsela in piena illegalità. Per qualche kilometro non troverà anima viva intorno.

__________
* Una versione in inglese di questo articolo è disponibile a questo link

[1] La logica della Mezzaluna Rossa degli Emirati sembra essere in contrasto con quella dell’Onu al proposito. La distribuzione di cibo da parte del World Food Programme, ad esempio, è avvenuta lo scorso anno in zone non bombardate dal regime siriano nel Nord-Est della Siria, ovvero nella provincia di Qamishli.

La povertà cronica e l’emarginazione sono questioni che vengono trattate soltanto una volta che lo stato di emergenza viene dichiarato ufficialmente. (Per saperne di più).

Questo articolo è stato pubblicato qui

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