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Immigrazione: monetizzazione o cooperazione? Conferenza intergovernativa a Lampedusa

1… Continua la spola del presidente del Consiglio fra Roma e Tunisi: due viaggi in una settimana, nell’intento di convincere il governo tunisino ad assumere, dietro compenso, una posizione di più forte contrasto per bloccare i flussi migratori derivati dalla Tunisia o da essa transitati, in partenza verso la Sicilia, l’Italia. 

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Per risultare più convincente, domenica (10/6) è ri-volata a Tunisi in compagnia della presidente della Commissione UE e del primo Ministro olandese. Tuttavia, non sembra sia stato raggiunto alcun accordo, anche perché la parte tunisina rifiuta di espletare la funzione di “gendarme” per conto dell'Italia. I termini della “trattativa” in corso non sono del tutto chiari. Tuttavia sembra che Italia e Ue, facendo leva sulle disastrate condizioni politiche, sociali e finanziarie della Tunisia, vorrebbero giungere a un accordo “monetizzato” per indurre il governo tunisino a bloccare le partenze e ad ospitare i migranti rimpatriati nel suo territorio. Una funzione suppletiva che si configura come delega a svolgere il “lavoro sporco”, di gendarmeria, alla Tunisia ed eventualmente anche ad altri Paesi nordafricani. Un po’ sulla falsariga di quanto concordato dalla UE con la Turchia. Il 9 giugno, in Lussemburgo, i ministri dell’interno della UE hanno varato, a maggioranza, un nuovo accordo (che andrà sottoposto al voto del Parlamento europeo) secondo il quale i Paesi che rifiuteranno di accogliere la quota di migranti loro assegnata dovranno sborsare 20.000 euro per ogni migrante rifiutato in favore di un Fondo comune UE mirato a finanziare generici progetti nei Paesi di origine dei migranti. Ovviamente, la somma va al Fondo, ma i migranti “rifiutati” resteranno a carico dei Paesi di prima accoglienza (Italia, Spagna e Grecia, Malta, ecc, in particolare) i quali s’impegnano a trattenerli sul loro territorio nazionale, dove saranno assistiti, a spese del governo, dalle tantissime associazioni di assistenza. Insomma, il meccanismo resterà sostanzialmente invariato. La novità, che poi tanto nuova non è, sarebbe quella di monetizzare ancor di più il grave problema! Sembra che altre vie non si conoscano, non si vogliano ricercare per risolverlo gradatamente e nel rispetto della dignità, umana e sociale, dei migranti medesimi.
2… Tali impostazione e pratiche sembrano obbedire a strategie, a logiche mirate a non contenere il flusso dei migranti, ma a continuare a usarli come “nuovi schiavi” per abbassare (a loro danno) i costi di produzione, anche in concorrenza con in diritti salariali e normativi delle masse lavoratrici nazionali. Insomma, clandestino è bello, soprattutto per chi se ne serve. In realtà, le grandi oligarchie economiche e finanziarie (ma anche i piccoli e medi produttori) desiderano continuare con l’afflusso irregolare di migranti (come sta avvenendo in Italia nel 2023), poiché se fosse regolare dovrebbero essere riconosciuti ai migranti condizioni di lavoro retribuito contrattualmente e i diritti sociali conseguenti. Così agendo, invece di una politica basata sui principi della cooperazione nella solidarietà e nella legalità, si sta costruendo, in Italia e in Europa, un mostruoso “mercato” del lavoro che certo non fermerà, anzi incrementerà i flussi irregolari, con effetti devastanti sul terreno dei diritti sociali e sulla convivenza civile nei territori interessati, soprattutto in talune zone delle grandi città.
3…Tutto ciò, senza tenere conto che i flussi più consistenti provengono dalla Libia (ingovernabile) e dal vicino e dal medio Oriente (in fiamme) e per i quali non sono state messe in campo iniziative adeguate di controllo e di regolamentazione.
Si delinea così una prospettiva assai incerta negli esiti, costosa e, per certi versi corruttrice, che contribuirà ad inasprire le relazioni politiche ed economiche euro-mediterranee ed euro islamiche. Realtà difficili, esplosive, attanagliate da seri problemi economici, da inaccettabili disparità sociali, da eterne controversie territoriali, ideologiche, da aneliti anticoloniali insoddisfatti, da lotte popolari (palestinesi, curde, ecc,) mirate ad ottenere il pieno riconoscimento di uno Stato sovrano. A mio parere anche l’immigrazione può, deve divenire regolare, ossia regolamentata, accettata dalla società e protetta dallo Stato. Per intraprendere questa nuova via è necessario cambiare radicalmente la prospettiva di relazione fra i mondi interessati: dalla monetizzazione alla cooperazione sociale ed economica fra gli Stati. Nei sottostanti articoli (“La Repubblica”, 2003) fra le cose da fare, non tanto come singoli governi, ma, soprattutto, come Unione Europea, indicai lo svolgimento di una (o più d’una) Conferenza intergovernativa sulle migrazioni per coinvolgere i governi delle aree di provenienza (Africa, Medio e Vicino Oriente, America del Sud, ecc) con i quali individuare soluzioni reciprocamente vantaggiose, anche a tutela del “diritto a non emigrare” che è uno dei principali diritti dell’uomo. La prima di queste conferenze potrebbe tenersi a Lampedusa, luogo emblematico che più di altri si sobbarca gli oneri dei fenomeni migratori verso l’Europa, alla quale conferire l’onore di iniziare una nuova era della cooperazione interstatale nelle politiche migratorie.

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