Il trasformismo politico di Giorgia Meloni
Il New York Times ha dedicato un editoriale a Giorgia Meloni elogiando il suo pragmatismo. Un elogio fuori luogo perché la premier italiana in due anni di governo non ha modificato di una virgola quella che è la situazione del Paese, perdendo consensi non solo per i limiti mostrati, ma anche per aver scelto di essere amica dei colletti bianchi e per aver abbandonato i suoi ideali sovranisti e patriottici.
La Giorgia nazionale che ha illuso la parte più estremista del suo elettorato non si è posta problemi a indossare l’abito serale per cenare con il miliardario americano Elon Musk. Il consenso di cui vanta, anche se è sceso rispetto alle elezioni del 2022, non è il risultato di chissà quali risultati magici che la puffa mannara ha ottenuto da quando è entrata in pompa magna a Palazzo Chigi, ma dal fatto che la premier si è letteralmente abbassa le braghe davanti alle lobby e ai poteri forti. Il programma della destra sociale che mirava a migliorare la classe media della popolazione è naufragato e i problemi dell’economia e della società sono stati rimandati a data da destinarsi, come se in Italia non ci fosse più un futuro da cui aspettarsi di meglio.
La destra di Meloni è tutta per i colletti bianchi. Gli italiani si sarebbero aspettati che la presidente del Consiglio si preoccupasse di più dei ceti abbandonati del Paese e invece eccola eliminare il reddito di cittadinanza, abolire il super bonus per le imprese e negare il salario minimo per i lavoratori. Salari che in altre nazioni, come la Germania, sono stati perfino raddoppiati, mentre il governo italiano, ha favorito le rendite parassitarie, facendo un bel regalo ai capitalisti che sul lavoro degli altri costruiscono le proprie fortune, spesso con scandalose forme di sfruttamento della manodopera. Anche l’idea di tassare le banche si è rivelato un bluff, con le mancate entrate per lo Stato che si sono trasformate in capitali per i gruppi bancari.
Ma è sul piano dei valori che la mutazione genetica del governo Meloni si è manifestata in tutto il suo squallore. La destra ha cancellato il principio del dovere fiscale, facendo un regalo agli evasori. Il viceministro Leo con la sua indecente delega fiscale ci ha confermato che in Italia solo i lavoratori dipendenti e i pensionati pagano le tasse. Per gli altri ci sono strizzatine d’occhio, aliquote ridotte oppure sanzioni agevolate nel lontano caso di essere scoperti da controlli addomesticati.
Ormai sembra chiaro che la Che Guevara italiana ha smesso di urlare di rivoluzioni dai palchi elettorali per diventare cortigiana di lobby economiche e finanziarie così da sparare di mantenere l’ambita poltrona del comando, rinunciando definitivamente agli slogan secondo cui la pacchia sarebbe finita. Un caso di trasformismo politico nascosto dai media di regime che insistono e persistono nello ostentare fatuo ottimismo, mentre la puffa mannara continua ad accontentare i centri di potere e a sistemare amici e parenti nei Ministeri dei scappati di casa.
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