Il socialismo anti-giovani della politica italiana
Per quanto centrodestra, centrosinistra, terzo polo e Movimento 5 Stelle cerchino di differenziarsi in questa campagna elettorale, la realtà è che le differenze significative tra questi quattro schieramenti riguardano pochi temi (diritti civili, energia, rapporti con l’Europa) e che dal punto di vista economico essi sono tutti legati da una cosa: lo statalismo (o socialismo, se preferiamo un termine più colorito ma anche più vago), inteso come volontà di avere uno Stato forte, che entra quotidianamente nella vita dei cittadini e che distribuisce le loro ricchezze a propria discrezione.
Questa è l’idea che ci si fa se si leggono attentamente i programmi e li si mettono a confronto. Tali programmi sono delle grandi liste della spesa, tutti con indicazioni di coperture insufficienti o talvolta totalmente assenti. Il PD, tra le altre cose, vuole introdurre “una dotazione di 10.000 euro, erogata al compimento dei 18 anni”, che per uno studente universitario basterebbe appena a pagare poco più di un anno d’affitto in una grande città – rivelandosi dunque inutile al fine di garantire l’istruzione universitaria a chiunque – e che al contempo costringerebbe ad alzare le tasse e dunque a penalizzare la crescita. Il M5S, dal canto suo, vuole una “riforma degli ammortizzatori sociali in senso universale” e vuole continuare ad anticipare l’età pensionabile che era stata fissata a 67 anni (ossia come in Grecia, Islanda, Israele e Norvegia, gli ultimi tre dei quali sono paesi con un andamento demografico molto migliore del nostro. In Olanda è di 68 anni). D’altro canto PD e M5S si sono già distinti, durante il Governo Conte II, per l’enorme sperpero del denaro dei cittadini a fini elettorali e clientelari: dal bonus baby sitter al bonus biciclette e monopattini, dal bonus vacanze al bonus centro storico, fino all’assurdo bonus 110%; e poi, con il Governo Draghi hanno continuato, con l’assenso e anche partecipazione della destra: bonus terme, bonus facciate, bonus TV, bonus psicologo, bonus matrimonio, bonus mobili, bonus elettrodomestici, bonus occhiali, persino il bonus animali domestici! Nel programma di Azione-Italia Viva, dall’altro lato, sono presenti forse le spese più inutili e involontariamente comiche di questa campagna elettorale: gita gratis per gli under-25 a Roma, finanziamento della carta stampata, raddoppiamento di ogni donazione per la cultura effettuata da privati con fondi pubblici, carnet di 10 ingressi gratuiti ai teatri, ecc. Questa politica dei bonus è disastrosa per il semplice motivo che preleva risorse dalla parte produttiva della società per distribuirle alla parte non-produttiva (un’impresa che funziona non ha bisogno di alcun bonus per andare avanti). Facendo questo, si creano delle sacche di popolazione che divengono dipendenti dallo Stato e che pesano su tutta la crescita dell’economia. Lo Stato deve dunque prelevare i ricavi della parte di popolazione che produce ricchezza, la quale è così incentivata all’evasione. Allo stesso tempo, la tendenza che crea questa politica statale è quella di impedire la crescita dimensionale delle imprese e lasciare la nostra economia affastellata da micro-imprese, con tutto ciò che consegue (scarsa produttività, maggiore facilità all’evasione e al lavoro nero, maggiore possibilità di non rispettare i diritti dei lavoratori, ecc.).
C’è poi la destra, che si auto-definisce conservatrice e liberale, e da cui dunque bisognerebbe aspettarsi un programma di riduzione dello Stato nella vita dell’individuo. Nel programma di Fratelli d’Italia vedo scritto esplicitamente: “Basta con la miope politica dei bonus”. Ma senza sorpresa constato che la destra attuale (che in realtà è una destra reazionaria e sociale) ha redatto uno dei programmi più statalisti dell’intera campagna elettorale. Secondo EconomiaItalia, il programma della coalizione di centrodestra costerebbe allo Stato almeno 90 miliardi aggiuntivi all’anno, tra asili nido gratuiti, bonus edilizi, aumento dell’assegno unico per le famiglie, innalzamento delle pensioni e flat tax. Nello specifico, nel programma di Fratelli d’Italia c’è un intero capitolo dedicato ad un “vero Stato sociale”, con tanto di politiche keynesiane, lo “stop dell’adeguamento automatico dell’età pensionabile all’aspettativa di vita” e la “detrazione fiscale dei consumi culturali individuali”.
Ora, cosa significa alzare le pensioni e diminuire l’età pensionabile, aumentando di conseguenza la spesa pubblica? Significa che quest’ultima potrà essere finanziata solo in due modi: o con l’aumento delle tasse sui redditi da lavoro o facendo debito pubblico. In entrambi i casi, il risultato è il sacrificio del benessere delle nuove generazioni per quello delle vecchie generazioni. Questo perché il debito pubblico ricade sui giovani e sono sempre i giovani a cercare di immettersi nel mondo del lavoro, operazione che diventa sempre più difficile vista la prepotenza dello Stato.
La tragedia di questa campagna elettorale, oltre all’assenza di un partito veramente liberale, è che non esiste nemmeno un partito per i giovani, al di là dei richiami propagandistici nei programmi. Tutti gli schieramenti politici italiani e tutti i grandi sindacati sono uniti in questa sorta di furto intergenerazionale. Se si aumentano le spese da un lato, bisogna togliere risorse da qualche altra parte: da qui nasce il conflitto tra generazioni. Il fatto è che nessun paese sano può privilegiare la parte non-produttiva della società su quella produttiva: è una strada che porta in un burrone. Cercare poi di curare questa situazione dando ulteriori bonus ai giovani, come la dote per 18enni, significa voler curare una malattia con ciò che l’ha causata. Che se ne fa un giovane di una dote a 18 anni, se poi per i successivi vent’anni della sua vita sarà costretto a lavori precari e a bassissima retribuzione?
Queste elezioni sono ormai vicine e non ci si può aspettare un cambiamento. Ma per i prossimi anni ciò che personalmente mi auguro è una rivolta che unisca i giovani, i lavoratori autonomi e i veri liberali contro una politica italiana degenerata, per proporre un governo 1) che diminuisca la spesa pubblica e, possibilmente, riesca a ridurre il debito pubblico con avanzi di bilancio, allontanando così il rischio di default e alleggerendo il peso della spesa per interessi; 2) ponga fine all'invasività dello Stato nella vita del cittadino; 3) abolisca i privilegi ai fortunati delle vecchie generazioni per alleggerire la pressione fiscale sui redditi da lavoro. Soltanto in questo modo l’Italia potrà rinnovarsi e mettersi al passo dei migliori paesi europei. In caso contrario, continueremo sulla strada della decadenza, che percorriamo già da molto tempo.
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