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Perché in Tunisia è stato riconfermato il regime di Saied

Alle elezioni del 6 ottobre 2024, il Presidente Saied è stato riconfermato con un numero di consensi pari al 90,7%, mentre il suo principale avversario Ayachi Zammel si è fermato a poco più del 7%. Questo risultato, per essere compreso, va contestualizzato.

La Tunisia, come tutti gli altri paesi del Nordafrica, non è mai stata una democrazia liberale; la sua storia recente si potrebbe definire come una successione di tre dittature personali. Conquistata l’indipendenza nel 1956, il paese cadde subito sotto il dominio del leader Habib Bourguiba, laico e socialista; e vi rimarrà per ben 31 anni. Bourguiba ha avuto dei meriti fondamentali nel reprimere l’estremismo islamico e nel modernizzare un paese molto arretrato; ma era incapace di sopportare le opposizioni, che sono state via via escluse dalla vita politica tunisina. Le poche proteste popolari che si registrarono nel suo trentennio vennero represse nel sangue. Il suo approcciò dirigista all’economia si rivelò utile, in un primo momento, nel tirare fuori la Tunisia dalla povertà assoluta. Tra 1970 e 1980, il Pil pro capite tunisino quintuplicò. Ma questo tipo di approccio economico si rivelò inadeguato arrivato al suo limite, tant’è che per tutti gli anni ’80 la crescita economica stagnò. A seguito della crisi economica e di ulteriori repressioni, i tunisini si disaffezionarono sempre di più al loro leader, che tra l’altro cominciò ad avere seri problemi di salute. Così nel 1987 Bourguiba venne rimosso dal suo Primo Ministro Ben Ali, che lo sostituì come Presidente. Inizialmente sembrò che il governo di Ben Ali stesse liberalizzando il clima sociale e l’economia e alleggerendo la repressione del regime precedente. Il paese ricominciò lentamente a crescere. Tuttavia le cose andarono presto in un’altra direzione. Le elezioni del 1989 furono largamente ritenute una farsa. I tunisini scesero nelle piazze a protestare e, per tutta risposta, Ben Ali bandì diversi partiti politici e incarcerò circa 8.000 attivisti. Il suo regime continuò così per più di vent’anni ad opprimere il paese con un mix di corruzione e repressione. Finché tra la fine del 2010 e l’inizio del 2011, i tunisini cominciarono nuovamente a protestare per le condizioni di vita insostenibili. Era una Primavera Araba. Per quattro settimane, il paese si fermò. Nel gennaio 2011 Ben Ali si vide costretto ad abbandonare la Tunisia e a rifugiarsi in Arabia Saudita. La magistratura tunisina sciolse il suo partito. Nel luglio 2011 venne eletta un’Assemblea Costituente; le elezioni videro vincere Ennahda, partito islamico moderato. Dopo un periodo di transizione, nelle elezioni presidenziali del 2019 venne eletto Presidente Kais Saied, supportato da Ennahdha. La campagna elettorale di Saied si era basata in larghissima parte sulla lotta alla corruzione e sul controllo dei cittadini sulle istituzioni. Oltre a ciò però si notava una sua tendenza ad esternazioni estremiste o pericolose. Sosteneva che l’omosessualità in Tunisia fosse finanziata e incoraggiata da nazioni straniere; si diceva contrario all’uguaglianza tra uomini e donne nella questione dell’eredità; dichiarò che qualsiasi leader di un paese islamico che avesse normalizzato i rapporti con Israele avrebbe dovuto essere condannato per altro tradimento. In generale sembrava avere un atteggiamento molto meno laico di quello tipico della storia della Tunisia. Già dalle sue esternazioni in campagna elettorale dunque si poteva intravedere una sua certa tendenza all’autoritarismo; nonostante questo, i tunisini lo hanno votato ed eletto. Il suo governo si trovò subito a dover affrontare l’emergenza covid e lo fece molto malamente, tant’è che ad inizio 2021 il tasso di mortalità cominciò ad essere molto superiore rispetto a quello degli altri paesi africani. I tunisini ricominciarono a protestare. In risposta a ciò, il 25 luglio 2021 Saied fece quello che si definisce un auto-golpe: costrinse il suo Primo Ministro Mechichi a dimettersi, sospese il Parlamento e il Consiglio supremo della magistratura. Revocò anche le immunità ai parlamentari, cosa a cui seguirono indagini giudiziarie sui suoi oppositori. Annunciò poi la redazione di una nuova Costituzione. La nuova Costituzione cambia il sistema istituzionale tunisino dal semipresidenzialismo al presidenzialismo e apre al fondamentalismo islamico, dal momento che all’articolo 5 sostiene che “La Tunisia costituisce parte della nazione islamica. Lo Stato deve lavorare per la realizzazione degli scopi dell’islam”. Il 30 marzo 2022, 120 deputati si riunirono per votare la fine delle misure eccezionali in vigore dal 25 luglio dell’anno scorso. Per tutta risposta, Saied dissolse nuovamente il Parlamento.

Il 25 luglio 2022, ad un anno dal colpo di Stato, si tenne il referendum per l’adozione della Costituzione. I partiti politici scelsero la pessima strategia del boicottaggio del voto, che consegnò la vittoria a Saied. Solo il 30% degli aventi diritto il voto si recarono a votare; ma si trattava proprio di quel 30% di tunisini che costituisce il segmento della popolazione che supporta Saied. La nuova Costituzione venne dunque approvata nelle urne. Essa riduce enormemente i poteri del Parlamento e di fatto dà legittimità scritta all’autoritarismo di Saied. In seguito lo stesso Saied chiuse il quartier generale del partito Ennahda (nonostante fosse da questo inizialmente sostenuto) e fece arrestare il suo leader insieme a diversi altri membri del partito. Nel settembre 2022 firmò il Decreto legge 54 contro le “fake news”, con il quale si può condannare a 5 anni di carcere chi diffonde notizie false, con una pena aumentata se l’informazione riguarda un funzionario pubblico. Come è stato evidenziato da varie agenzie internazionali, l’intento di questa legge è quello di controllare la stampa nel paese.

Alle elezioni parlamentari di fine 2022 – inizio 2023, solo l’11% degli aventi diritto al voto si recò a votare: un segnale di come la popolazione tunisina abbia capito in anticipo come queste elezioni fossero una farsa. Tutti i partiti di opposizione tranne uno boicottarono le elezioni, con il risultato che il partito di Saied conquistò quasi tutti i seggi del Parlamento. Arriviamo dunque alle elezioni presidenziali del 6 ottobre 2024, tra i cui requisiti per candidarsi c’era tra l’altro quello di essere di religione musulmana. Anche qui la maggior parte dei partiti politici ha deciso di boicottare l’elezione. Il candidato principale dell’opposizione, Ayachi Zammel, è stato incarcerato il 2 settembre scorso e condannato a 13 anni e 8 mesi di prigione per falsificazione dei documenti per accedere alla candidatura, un’accusa largamente ritenuta pretestuosa. Alle elezioni hanno partecipato il 29% degli aventi diritto al voto e Saied ha vinto con il 91% dei consensi, confermando di essere appoggiato solo da 2,5 milioni di persone in un paese di 12,5 milioni di persone. La Tunisia dunque, sotto tre regimi dittatoriali da quasi settant’anni, è diventata una dittatura senza il consenso del popolo, che, forse per paura, forse per inerzia e quieto vivere, sembra aver smesso di lottare per la sua libertà.

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