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 Home page > Tribuna Libera > Il sequestro Moro ed i dubbi della Commissione d’inchiesta sull’auto (...)

Il sequestro Moro ed i dubbi della Commissione d’inchiesta sull’auto blindata

 
C'erano o non c'erano auto blindate a disposizione delle istituzioni, nel periodo che porterà al sequestro Moro? Alcune notizie, come riportate su wikipedia, comunque da prendere con le pinze, denunciano che in quel tempo vi erano ben 28 auto blindate a disposizione e distribuite con eccessiva discrezionalità od arbitrarietà, per non dire altro. 
 
Però, leggendo il resoconto della commissione parlamentare d'inchiesta sul caso Moro, dei dubbi nuovamente vengono a galla. Il giorno 8 aprile 2015 viene ascoltato Mastella, il quale tirerà fuori la questione dell'auto blindata così dicendo, ricostruendo un viaggio con alcuni politici: “nella macchina, se ricordate, c'era l'allora Sottosegretario all'interno Lettieri. Ho assistito allora alla discussione sulla macchina blindata. Si parlò molto della macchina blindata: se Moro l'avesse chiesta o meno, se gli fosse stata data o meno dalle forze di sicurezza. Il Sottosegretario Lettieri chiese a Moro come mai non avesse la macchina blindata che lui invece aveva (Lettieri aveva la macchina blindata, Moro aveva la 130, quella famosa che tutti i fotogrammi riportano). Ricordo che Moro rispose: «Sai, Nicola, io sono soltanto il presidente di un partito», poiché all'epoca Moro era il presidente del Consiglio nazionale della DC, neppure della DC. Con fare un po’ schivo, fece scivolare questo tipo di risposta alla domanda che gli era stata posta, per la semplice ragione che non dipendeva da lui garantire la propria sicurezza e la propria incolumità, quindi non gli era stata data. Debbo anche dire, in coscienza, che lui non l'aveva mai chiesta, perché era nello stile di Moro non chiedere. Si discusse però per dire che Moro non ce l'aveva e nessuno gliela diede in quella circostanza”.
Gero Grassi, componente della Commissione, interviene affermando che: "in primo luogo, agli atti della Commissione Moro non risulta che all'epoca esistessero in Italia macchine blindate, a parte quella della quale usufruiva il Presidente della Repubblica. Quindi, io non contesto il dibattito interno, però agli atti delle Commissioni e quindi della magistratura non risulta che ci fossero altre macchine blindate. Risulta che Moro l'avesse chiesta e non l'avesse avuta”. Mastella replicherà in questo modo: “Sulla storia della macchina blindata confermo quello che ho detto. Non ho avuto la sensazione che Moro l'avesse chiesta, ma sul fatto che Lettieri parlasse a Moro della possibilità della macchina blindata e del fatto che esistevano le prime macchine blindate, confermo quello che ho ascoltato nella interlocuzione”. 
Il Presidente della Commissione interviene evidenziando: "Scusa se ti interrompo. Io attendo i verbali che ci trasmetterà il dottor Marini, il procuratore generale facente funzioni che aveva svolto le indagini, perché c’è un passaggio di un interrogatorio di un brigatista sulle macchine blindate che merita un momento di riflessione. Quindi, la circostanza che ce ne fosse una sola e che non ce ne fossero altre in circolazione credo che dovremmo approfondirla bene”.
Una domanda: quali documenti possiede la Commissione? 
Questo perché in un corposo documento realizzato dal PD, di 400 pagine, disponibile in rete, ove si ricostruiscono diverse questioni in merito al caso Moro si può leggere che :"SCAMARCIO sen. GAETANO - PSI (23 maggio 1980 - pag.163) (...) La signora Moro ha sempre riferito di una richiesta reiterata di suo marito ad avere, dopo essere stato nominato Presidente del Consiglio, una macchina blindata ed un’idonea scorta che lo proteggesse dalle continue minacce che egli riceveva". 
La moglie di Moro il 1 agosto del 1980, confermerà ciò, aggiungendo anche che “Alle mie insistenze ripetute e reiterate, veramente fino ad essere opprimente (e qualche volta, ripensandoci ora, un pochino me ne dolgo, ma d’altra parte ...) la risposta di mio marito, quando gli chiesi come fosse andata la vicenda circa la cosa che lo avevo tanto pregato di fare, fu che gli era stato risposto che mancavano i fondi”. 
In un riepilogativo di una precedente Commissione d'inchiesta sempre sul caso Moro, si legge che “a proposito dell’auto blindata la Commissione si è trovata di fronte a due verità inconciliabili, quella di Andreotti e Cossiga da un lato e quella della signora Moro e dei figli dall’altro. Dall’onorevole Cossiga è stata affacciata l’ipotesi che Aldo Moro non abbia mai richiesto l’auto blindata e abbia poi detto alla moglie di averla chiesta e di non averla ottenuta per ragioni di bilancio. È un’ipotesi in linea teorica plausibile, ma che la signora Moro ha respinto con forza, affermando che sarebbe stata in netto contrasto con le abitudini del marito.
Sono inoltre da registrare le testimonianze delle vedove Ricci e Leonardi, anch’esse al corrente di richieste già avanzate di auto blindata. In particolare, la signora Ricci, vedova dell’autista di Moro, ha confermato che il marito attendeva da tempo una ‘130’ blindata e ai primi di dicembre del 1977 le disse: “Non vedo l’ora che arrivi questa ‘130’ blindata che è stata finalmente ordinata”. La donna ha poi affermato che nel mese di febbraio 1978 il marito appariva particolarmente preoccupato, al punto che usciva di casa il meno possibile.
La signora tentò di sapere se egli temesse qualche particolare pericolo, ma l’uomo, di carattere molto riservato, non le rivelò nulla”.

Marco Barone
fonte foto:link

 

Commenti all'articolo

  • Di GeriSteve (---.---.---.76) 23 aprile 2015 10:28

    Chiarissime oscurità nel sequestro Moro

     

    Mi sembra che la commissione d’inchiesta, indagando sul perchè Moro non avesse un’auto blindata, perda tempo su un particolare irrilevante.

     

    La notte precedente l’agguato venne messo fuori uso il pulmino di Spiriticchio, il fioraio che altrimenti sarebbe stato presente su quell’incrocio di via Fani; ciò dimostra che quella mattina il caposcorta, maresciallo CC Oreste Leonardi, scelse quel percorso su ordine di qualche superiore e fu vittima ma anche complice degli attentatori.

    Probabilmente Leonardi era alle dipendenze del colonnello SISMI Guglielmi, sodale di Santovito ed ex istruttore dei gladiatori a Capo Marrargiu, il quale non ha mai spiegato davvero cosa ci faceva a un centinaio di metri da via Fani durante la strage.

     

    La moglie di Leonardi ha testimoniato che in quei giorni il marito era preoccupatissimo che qualcosa avvenisse durante il suo lavoro di scorta, quindi suo marito sapeva bene dell’agguato, che - ovviamente - credeva che dovesse essere incruento. Fu per garantirsi che nessuno sparasse che ordinò agli agenti (di polizia, non dei CC) di riporre i mitra nei portabagagli.

     

    Risulterebbe che tutti i colpi efficaci della sparatoria siano stati sparati da un solo tiratore, su una moto, chiaramente addestrato militarmente e che i proiettili erano coperti da una vernice protettiva particolare caratteristica dei depositi Gladio. I brigatisti (che invece non avevano alcun addestramento militare) non dissero mai chi era il tiratore e probabilmente neanche lo sapevano: l’uso di divise dell’Alitalia suggerisce che gli attentatori non si conoscessero fra loro e avvalora l’ipotesi che il tiratore fosse un gladiatore addestrato proprio dal Guglielmi e che questo fosse lì per dirigere l’operazione.

     

    Il tiratore ignoto esaminò gli uomini che aveva colpito, constatò che tre erano ancora in vita e quindi li finì con un colpo alla nuca.

    Il sequestro di Moro era già avvenuto, quindi quelle tre esecuzioni non erano utili per l’azione, piuttosto la ritardavano. L’unica spiegazione logica è che chi ha pianificato l’attentato sapeva che gli uomini di scorta sapevano cose che non dovevano riferire a nessuno e quindi ha ordinato che si controllasse che nessuno sopravivesse.

     

    GeriSteve

     

     

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