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 Home page > Tribuna Libera > Il round Trump-Zelensky celebra il lutto europeo

Il round Trump-Zelensky celebra il lutto europeo

Alto nel cielo si leva il lamento di tutte le prefiche di Biden che hanno visto crollare, in appena una ventina di minuti, tutti i loro sogni. Le premesse per la verità già c'erano, visti i giudizi rilasciati nei giorni precedenti da Trump su Zelensky.

 Da comico mediocre a sterminatore del proprio popolo a istigatore della terza guerra mondiale. E' mancato solo che ribadisse il noto vizietto dell'ucraino all'uso di certe sostanze e il quadro peggiore non poteva essere. E mentre gli orfani della guerra ad oltranza contro la Russia vagano smarriti sul mainstream, è il caso di fare il punto della situazione. 

Premesso che Trump, supportato dal suo vice Vance, ha messo in scena un comportamento da troglodita della diplomazia, il suo merito però è quello di avere squarciato il velo di ipocrisia imperante. Zelensky si è visto buttare in faccia, in malo modo, il suo totale asservimento al programma di espansione della NATO, con relativo tentativo di dissolvimento della federazione russa. Esattamente a replicare quanto avvenuto con la Jugoslavia, spacchettata a suon di bombe in vari staterelli, poi assorbiti nella UE e quindi nella NATO. Per mettere in atto questo disegno imperialitstico di stampo liberal post querra fredda, bisognava far leva sulla russofobia di chi è stato membro dell'Unione Sovietica. Ancora meglio se poi Zelensky, con contorno dei vari Kuleba, Reznikov ecc.. per finire a Podolyak, strizzasse un occhio ai nazisti della Azov e agli eredi di quel Stefphan Bandera, noto sterminatori di russi, inquadrato nelle file di Hitler. Perché tutto fa brodo se serve alla causa, alla faccia della democrazia, come hanno sperimentato sulla propria pelle gli ucraini russofoni del Donbass, a partire dal 2014. E cosi, coltivando il sogno di una Russia assediata dalla NATO, sottoposta a sanzioni e confisca dei beni, che si sarebbe disintegrata nel giro di poche settimane, come da previsione di tale super Mario Draghi e tutto l'ambaradan del circondario piddino, l'Europa a guida Vonder Leyen marciò unita al grido di "morte ai russi". Intesi ovviamente come comunisti. Putin, dittatore dalle ore contate, dato ripetutamente per morto, poi sostituito da un clone, infine resuscitato ma affetto da malattie di ogni genere. E mentre il vero malato di Alzheimer Biden, spingeva le sturmtruppen occidentali alla vittoria per procura sulla Russia, per poi spartirsi le immense ricchezze naturali racchiuse nel più grande paese del mondo, Putin preparavava la dura lezione di realismo, che ancora i "campioni mondiali della democrazia da esportare con le bombe" si rifiutano di accettare. La Russia ha sconfitto la NATO, questa è la cruda impietosa realtà, e adesso detta le condizioni della resa, dalle quali è estromessa sia l'Europa che l'Ucraina. Trump lo ha capito, gli europei ancora no, mentre i piddini di casa nostra si trastullano ancora con il giochino di aggressore e aggredito. I coglionazzi eurocentrici, che si sono autodistrutti economicamente e politicamente, si aggirano smarriti da una cancelleria all'altra per sorregersi l'un l'altro come fanno gli ubriachi quando non trovano un palo della luce. Cercano conforto, non volendosi rassegnare alla cruda realtà dei fatti. Adesso vagheggiano di spendere centinaia di miliardi in armi per fronteggiare militarmente da soli la Russia. A chi ha fatto notare che forse sarebbe meglio pensare al disastro economico in corso, con prospettive catastrofiche sul livello di vita dei cittadini europei, questi sonnambuli della politica replicano prefigurando pericoli di invasioni che albergano solo nei loro cervelli. E se il circo barnum della disinformatio quotidiano supporta a piene mani teorie strampalate di questo genere, ho ancora ben vivo nella mente un Mentana d'annata che, in preda ad una frenesia irrefrenabile con gli occhi che brillavano di gioia mal sopita, gridava in apertura del del tg su La7 " colpo di stato, colpo di stato... Putin a rischio.. " . Era il momento di Prigozhin, a capo della Wagner, che marciava verso Mosca. Abbiamo visto che fine ha fatto. 

Non vorrei che tutti noi, in preda ad un delirio di paure alimentate ad arte, facessimo la stessa fine.   

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