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"Il rosso e il blu", un film sulla scuola che convince a metà

I cinefili reduci da ottimi film sulla scuola, del passato prossimo o del passato lontano, come La scuola (con Orlando e la Buy), Essere e Avere, La classe, Monsieur Lazhar e, perché no, anche Precious, possono rimanere delusi da Il Rosso e il Blu di Giuseppe Piccioni, che affronta talmente tanti temi e problemi dei ragazzi-studenti e del mondo degli adulti, da non approfondirne quasi nessuno e da risolverli, cinematograficamente, tutti con qualcosa che sembra suonare come un “e vissero felici e contenti”.

Il giovane insegnante supplente con gli occhi dolci, Scamarcio, riesce a rendersi gradito o interessante con la studentessa Angela che di scuola non vuole saperne e con la classe intera, slegata e dotata di spinta “centrifuga” (ognuno per conto suo); l’anziano professore provocatore e sparasentenze Herlitzka ritrova il piacere della scuola e della vita per via di una ex sua allieva che inaspettatamente lo cerca; la direttrice Buy senza prole riesce a far sentire amato il ragazzo Brugnoli la cui madre pare sparita.

Una sgradevole, non voluta, coincidenza fa che il professore anziano si chiami “Fiorito”, il cognome di un politico laziale che in questi giorni è tanto poco di moda. E poi: la direttrice che si cura di portare la carta igienica a scuola (scarsità di risorse pubbliche?), l’accenno all’eterna diatriba (Herlitzka) “è colpa delle famiglie” o “è colpa dei professori”, l’affermazione che, visto dalla scuola, c’è “un dentro e un fuori” (il mondo esterno non ci riguarda, Buy), la probità e il senso del dovere della famiglia straniera rispetto alle pecche dei “nativi” in decadenza. La vita è questa ma c’è tanto, troppo, e ci pensa la commedia a sistemare tutto.

In queste sistemazioni artefatte e nel finale edulcorato consistono i limiti del film. Nella realtà tutto può essere ma la scuola vera sembra andare diversamente. Prova ne sia che la sala dove il film veniva proiettato in anteprima, presentato dal regista in persona, dapprima manifestava approvazione, anche con risate, poi l’interesse era scemato, silenzio e quasi noia, come per una commediola qualsiasi, con più di qualche ovvietà, pur con almeno i tre attori citati e perfino la presenza di Gene Gnocchi, tutta gente di un certo peso nel cinema italiano, che però infine fa qualcosa di cabarettistico.

Il regista presentando il suo lavoro ha citato Truffaut: “Bisogna dire cose importanti senza averne l’aria”. Ci è riuscito ma le tante situazioni, le tante fotografie di realtà variegate, fanno risultare tutto poco importante. Si è augurato nella presentazione la benevolenza degli spettatori: ma la benevolenza l’ha perseguita con facce note e scenette.

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.23) 27 settembre 2012 09:29

    Sono abbastanza d’accordo, ma sarei anche più severo nel giudizio: il film mi è sembrato un discreto concentrato di banalità, con tre storie che si intersecano avendo come poli le figure chiave: i due insegnanti e la preside, ognuno con la sua storiella sentimental-pedagogica, per la verità abbastanza poco credibile. Con tutto quello che si potrebbe e si dovrebbe dire sulla scuola italiana, il film si limita a una commediola che vorrebbe essere brillante ma risulta vacua.

  • Di angelo umana (---.---.---.218) 28 settembre 2012 07:57
    angelo umana

    Ha detto ancora meglio, ha colto nel segno. Peccato, non necessariamente con nomi buoni si fanno film buoni, Grazie!

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