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 Home page > Attualità > Cronaca Locale > Il processo di Trieste per la pacificazione sociale è da rifiutare

Il processo di Trieste per la pacificazione sociale è da rifiutare

 
Quello che è accaduto nella tarda serata e nottata del 13 novembre rimarrà nella storia della politica di Trieste non tanto per l'argomento trattato, ma per come è stato affrontato e soprattutto per l'aver cantierato un mero processo. Un processo ove gli accusatori erano anche i giudici ed ove l'imputato non è stato tanto il Presidente del Consiglio comunale ma l'idea che lo stesso ha espresso in merito ad una realtà storica che nulla potrà mai né cancellare, né modificare, ovvero che la liberazione della città è avvenuta per mano dei partigiani Jugoslavi ed italo-sloveni
 
Trieste non è stata liberata dall'occupazione nazista, né il 30 aprile, né il 12 giugno del 1945 né il 26 ottobre del 1954, ma il 1 maggio. Così come è altrettanto vero che il 12 giugno è una data che ha segnato un semplice passaggio di poteri, così come accaduto poi il 26 ottobre del 1954. Ma visto e rilevato che in questo Paese si deve affermare il concetto che vuole l'Italia vittima sacrificale sull'altare del suo divenire Patria di passione e vittimismo, visto che si deve affermare l'anticomunismo, l'anti jugoslavismo, e che gli unici liberatori erano solo i non comunisti e gli italiani con sangue italiano, benedetti e protetti dalla Chiesa di Roma, tutto il resto deve essere ribaltato in modo osceno. E quando osi affermare l'antioscenità, finirai sul banco degli imputati, qualificato come negazionista, anti-italiano. 
 
Un processo durato circa quattro ore con la quasi totalità di interventi incentrati sul concetto che essendo Iztok Furlanič Presidente del Consiglio Comunale non aveva alcun diritto di esprimere nessuna idea od opinione in tal senso, certamente se Furlanic avesse riconosciuto come giorno della liberazione di Trieste il 12 giugno del 1945 sicuramente sarebbe stato elevato ad eroe nazionale di e per Trieste. È solo questo il punto della questione, una questione che è stata anche utilizzata per porre in difficoltà l'amministrazione comunale, una questione che si è conclusa, in ogni caso, in modo triste. 
Triste perché Trieste è sì ritornata indietro di decenni, ma non per colpa di chi cerca di contrastare ogni processo di falsificazione e mistificazione storica visionaria, ma per colpa di chi ha inscenato un mero processo alla verità. 

Ma contestualmente a ciò a Trieste continua ad affermarsi il consolidamento della pacificazione sociale, come iniziato con il noto incontro Fini Violante, determinante per l'imposizione della verità nazionalistica ed opprimente nei confronti della resistenza storica espressione dell'antifascismo.

Il sindaco di Trieste ha scritto, dopo il dibattimento nell'udienza processuale in merito alla verità sulla liberazione della città quanto ora segue: “Ore di discussione, precedute e seguite da polemiche, per disputarsi verità assolute su fatti di settant'anni fa che vanno lasciate agli storici rispettando le tante sofferenze di una città che ha visto le persecuzioni degli ebrei e delle minoranze, occupazione nazista e il campo di sterminio di San Sabba, una liberazione seguita dalla paura di un’annessione forzata a uno stato estero, foibe, esodo, scontri furibondi sul passato durati decenni anche dopo il ricongiungimento all’Italia repubblicana e democratica. A conclusione di tutto ciò è bene dire, una volta per tutte, che non si deve ripetere: LA POLITICA HA LA RESPONSABILITÀ DI AFFRONTARE IL DIFFICILE PRESENTE E DEVE LAVORARE GIORNO PER GIORNO PER IL FUTURO! Sono queste le scelte che vengono chieste dai cittadini, non la scelta di verità storiche assolute. La serenità ritrovata nella nostra comunità, tra le sue diverse componenti, è un bene prezioso che non possiamo più consentire venga messo in discussione. 
 
Abbiamo la responsabilità di GUARDARE AVANTI e non voltarci più indietro scontrandoci sul passato! #bastagiapponesinellagiungla”.
 
Sì, è vero, abbiamo la responsabilità di guardare avanti, ma avanti si può andare solo ed unicamente quando l'Italia avrà riconosciuto tutte le sue responsabilità criminali come compiute nel Confine Orientale e nelle terre occupate ed ancora oggi contese, avanti si può andare solo quando ogni processo di revisionismo storico in chiave nazionalistica sarà venuto meno, avanti si può andare solo quando non verranno più legittimate organizzazioni ed entità anche associative e soggettività che continuano a sostenere falsità storiche in chiave nazionalistica e vittimistica e passionaria, avanti si potrà andare solo quando Trieste avrà una via dedicata per esempio al primo maggio, per ricordare la sua liberazione dall'occupazione nazista e quando verranno rimosse tutte quelle intitolazioni dedicate ad esponenti estremisti e reazionari e destri che hanno avuto un ruolo determinante per le violenze per la Trieste italiana. Il processo della pacificazione sociale è da rifiutare, non potrà mai esserci pacificazione, perché la pacificazione è la peggiore forma di negazione della verità storica, quella che nuoce al nazionalismo. Gli scontri sul passato sono e saranno inevitabili e chi li determina sono proprio quelli che vorrebbero il processo di pacificazione sociale, non chi si batte per la verità storica e per l'antifascismo. Non abbiamo bisogno di illusorie finestre di libertà, ma della verità, ora sospesa nell'attesa che il vento dell' est possa accompagnare il suo libero eco non nel vicolo cieco del triste silenzio ma in ogni via e strada perché solo in questo modo sarà possibile vivere in una Trieste che non solo sappia guardare in avanti, ma sappia anche insegnare alle future generazioni come di nazionalismo si può morire e riappropriarsi di quel suo essere mitteleuropea e multiculturale e frontiera di libera cultura che per colpa principalmente della cattiva maestra Italia sono oggi solo un ricordo impresso in qualche pagina impolverata nei libri chiusi nel cassetto della malinconia. 
 
Ed infine se oggi vi è ancora qualche giapponese nella giungla, questi sono certamente tutti quelli che nel 2014, pur sostenuti anche da contributi pubblici e patrocinati spesso dalle Istituzioni,continuano ed evocare principi ottocenteschi, quali irredentismi e nazionalismi che rischiano di minare non solo la pacifica convivenza tra diverse comunità ma anche di fomentare tensioni con i Paesi che esercitano la loro legittima sovranità in terre che qualcuno vorrebbe oggi essere italiane, e non lo sono certamente coloro che respingono tali nefandezze.
 
MarcoBarone

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