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Il paradosso dello stato creditore

In questi giorni, è tutto un gran parlare, taluni fingono di accapigliarsi, del progetto di riforma elettorale, presentato in Parlamento, dopo l’accordo dei capi del PD e di FI ovvero della nuova (?) premiata ditta“R&B”.

La riforma è necessaria, ma la proposta presentata è indecente perché fortemente lesiva dei diritti fondamentali della rappresentanza politica e di scelta da parte del cittadino-elettore del suo candidato al Parlamento. 

Eppure abbiamo tutti veduto, e sentito, con quanta determinazione, perfino arroganza, l’hanno imposta ai loro parlamentari, compresi a quelli di Ncd di Alfano che erano pronti al martirio pur di re-introdurre il voto di preferenza.

Imposizione errata, perfino illegittima poiché, non bisogna dimenticarlo, anche se nominato, il parlamentare "rappresenta la Nazione", come sta scritto nella vigente Costituzione e non i partiti, ancor meno i capipartito che, sempre per la Costituzione, sono associazioni e figure private che non possono interferire nella funzione legislativa del parlamentare.

Mentre tutto ciò accadeva, le Fiamme gialle hanno scoperchiato, a Roma, un caso di colossale evasione fiscale in campo immobiliare. Uno dei pochi che, forse, serve a placare gli animi di chi - la stragrande maggioranza degli italiani - le tasse le paga fino all’ultimo centesimo.

Come vedremo, l’evasione fiscale in Italia ha raggiunto limiti insopportabili e determina una condizione di privilegio scandaloso, un’ingiustizia che fa impallidire le stupide devianze di chi compra le borse di lusso per signora o le caramelle con i soldi dei gruppi consiliari regionali o di altrilivelli.

Eppure, nessuno di quei leader che vorrebbero in “dieci giorni sconvolgere il mondo” a loro favore, si sono accorti di questa inquietante punta di un iceberg che sta logorando, distruggendo l’economia e gli equilibri sociali del Paese.

Nessuno di questi signori ha proposto (nemmeno accennato) una riforma seria, da approvare con procedura d’urgenza, del sistema fiscale e dei meccanismi di lotta agli evasori, di dare direttive agli uffici di non perdere tempo e risorse preziose nei controlli sui redditi da lavoro dipendente che paga il dovuto.

Secondo stime attendibili (Istat, ecc), ogni anno, in Italia l’evasione fiscale si aggira intorno ai 275 miliardi di euro; una cifra enorme equivalente a 1/8 del prodotto interno lordo (Pil), della ricchezza nazionale.

In 10 anni si arriverebbe a sfiorare i tre mila miliardi ossia un importo colossale con il quale si sarebbe potuto estinguere l’intero debito pubblico e fare anche qualche risparmio. Tutto denaro rubato e, in gran parte, esportato, illegalmente, all’estero.

Per far fronte al volume della spesa pubblica, lo Stato ha dovuto svendere quasi tutte le imprese a partecipazione statale ovvero il patrimonio degli italiani (oggi in vendita ci sono i gioielli di famiglia come le Poste, Finmeccanica, ecc, ecc), ha tagliato o ridotto servizi essenziali, imposto nuove tasse e balzelli. Nel frattempo, il debito totale ha sfiorato (o superato?) la vetta del 130% del PIL, per il quale si pagano all’incirca 76 miliardi di euro annui d’interessi. I margini di bilancio non consentono nemmeno di coprire gli interessi. E quindi debito sopra debito.

Per avere un’idea di quello che accade e di quello che si dovrebbe fare per evitarlo, non è necessario essere grandi economisti, basterebbe fare quattro conti per capire che recuperando 275 miliardi di tasse evase si potrebbero pagare la rata annuale degli interessi maturati e utilizzare i restanti 200 per ridurre il cumulo totale e promuovere investimenti in favore della ricerca, dell’economia, della cultura, per combattere sul serio la disoccupazione.

La “spesa pubblica” è, soprattutto, volta a finanziare il sistema sanitario nazionale, l’istruzione, i lavori pubblici, i trasporti, la giustizia, la difesa, ecc. Insomma, tutti servizi ai quali ogni cittadino ha diritto di accesso, in molti casi gratuitamente. Fra questi ultimi fruitori, molti sono gli evasori (piccoli e grandi) i quali, evadendo l’obbligo fiscale, risultano titolari di redditi minimi e pertanto riescono a evitare i ticket e ad accaparrarsi i posti letto nelle università, le case popolari e quant’altro. A danno delle famiglie dei lavoratori che dichiarano l’intero reddito. 

Il paradosso sta proprio qui: oltre al danno erariale, lo Stato continua a indebitarsi, a tagliare servizi, a imporre nuove tasse a carico di coloro che già le pagano per consentire ai (non) cittadini evasori di potere usufruire, a danno di chi le tasse le paga, dei servizi e delle agevolazioni che lo Stato eroga.

Insomma, come se un padre di famiglia rinunciasse ad esigere il credito dai suoi debitori e per dar da mangiare ai figli deve ricorrere agli strozzini.

 

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