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 Home page > Tribuna Libera > Il difficile passaggio dall’oligarchia alla democrazia

Il difficile passaggio dall’oligarchia alla democrazia

È strano, ma tutti i partiti che parlano di Grillo definendolo antipolitico, fanno a gara per introdurre regole che da anni Grillo propone come regole di salute pubblica, di democrazia, anticasta.

Addirittura Berlusconi parla di due legislature e poi a casa, Bersani e Di Pietro vogliono rinnovare con le primarie. Ormai il rinnovamento è diventato di moda anche se nessuno riconosce la paternità di questa nuova fase politica. Naturalmente tutto all’italiana, con le solite eccezioni: il PD si riserva di tutelare parte della nomenklatura con deroghe ad hoc, B. parla di due legislature ma non retroattive, e nessuno parla di una nuova legge elettorale in cui i cittadini contino qualche cosa.

Sarebbe finalmente ora di parlare seriamente della legge fondamentale di ogni democrazia, quella elettorale appunto, che in Italia viene definita dal suo stesso estensore “porcata”, che come conseguenza sporca tutti i rapporti istituzionali, escludendo i cittadini dalla scelta dei parlamentari, generando ingovernabilità per le maggioranze diverse che si possono verificare tra Camera e Senato.

La cosa più logica, che viene da pensare alle persone serie, è anzitutto l’abolizione del Senato come istituzione che rallenta fortemente ogni iter legislativo, in una fase storica in cui l’economia e la crisi hanno bisogno di decisioni rapide ed operative.

Le province, da abolire tutte, hanno la stessa funzione di rallentare le decisioni di comuni e regioni, soprattutto quando le varie maggioranze sono di colore diverso e i veti incrociati bloccano ogni attività amministrativa, in un eterno rimpallarsi di responsabilità e di prerogative. Naturalmente i poteri oggi attribuiti alle province andrebbero delegati a comuni e regioni, seguendo un criterio di opportunità amministrativa.

Una nuova legge elettorale deve essere inserita in un quadro di regole severe, la prima delle quali è l’abolizione del finanziamento pubblico dei partiti, dal momento che si possono creare le condizioni per cui la politica non abbia costi, vietando i manifesti, gli spot televisivi, con ogni candidato che parte alla pari con gli altri, dove il denaro non conta, poiché si può fare campagna elettorale solo porta a porta o in comizi in spazi messi a disposizione gratuitamente dai comuni. Non vi è bisogno d’altro per farsi conoscere nel proprio collegio e propagandare il programma e ci si può presentare solo nel collegio elettorale dove si risiede da almeno due anni.

Ma il meccanismo più delicato, che determina la reale democraticità delle elezioni, è quello delle liste dei candidati, che oggi sono nominati dai partiti e in particolare dai loro vertici, mentre sarebbe assolutamente necessario che ogni partito affidasse alla sua base, agli iscritti, l’onore e l’onere di selezionare i candidati, che si autocandidano con curriculum e proposte per il governo del territorio, magari sul modelle realizzato dal M5S, in cui ogni iscritto registrato ha una password per votare online e azzerare così i costi della consultazione. Se non è la base a determinare la scelta dei candidati, inevitabilmente nel tempo si costituisce una nomenklatura inamovibile, come nel PD che in almeno 20 anni blocca questo partito, ormai senza identità e non catalogabile come sinistra ma come partito di centro.

La legge elettorale, vera e propria, qualunque sia, non può funzionare senza l’approvazione di queste regole. Io preferisco quella legge che prevede i collegi uninominali maggioritari a doppio turno, per capirci tipo l’elezione dei sindaci, con un premio di maggioranza fino al 55% per il partito che ha più eletti. Il premier non va indicato prima delle elezioni ma nominato dagli eletti del partito vincitore, per dare più importanza al programma che al culto del leader.

È necessario che si stabilisca il principio che chiunque sia stato condannato in via definitiva è incandidabile, ma i partiti possono ben mettere nei loro statuti incandidabilità di chi è solo rinviato a giudizio.

È incandidabile chiunque possieda, in maniera diretta o indiretta, organi di informazione: TV, radio, giornali anche locali, in quanto ogni “par condicio” che vuole tutti i candidati con pari opportunità è ridicolizzata.

Si è ineleggibili dopo aver compiuto due legislature, nessun vitalizio è dovuto ai parlamentari, vanno solo riconosciuti, per il periodo in cui è in carica, i versamenti pensionistici della professione di ognuno.

Lo stipendio non deve superare i 5.000 euro netti, senza spese da farsi rimborsare perché terreno di imbrogli e truffe.

Il parlamentare eletto in uno schieramento non può passare durante la legislatura ad un altro partito (vedi compravendita berlusconiana), deve subentrare il più votato dopo di lui del suo partito. Tutte le porcherie di eventuali infiltrati vengono rese impossibili.

Se la nostra Costituzione fosse veramente così perfetta, come decantata da Benigni, non avremmo avuto il monopolista delle TV per 20 anni al potere, non avremmo partecipato alle guerre di aggressione alla Serbia e alla Libia se fosse fermo il principio che non possiamo ricorrere alla forza nelle controversie internazionali, non avremmo un Presidente della Repubblica che ha scomodato la Consulta per non far sapere il contenute di sue telefonate intercorse con l’indagato Mancino. Il milionario Benigni, espressione satolla dell’ideologia nazional-popolare, si dimentica di osservare che la Costituzione promette il lavoro, ma non mantiene la parola e non prevede nemmeno un sussidio per i disoccupati, ma questa ormai è acqua che non macina più.

Oggi dominano le oligarchie finanziarie, quelle industriali, le oligarchie mediatiche, le massonerie, la mafia, il Vaticano, che sono quei poteri forti che decidono tutto, danno ordini alla politica, che a sua volta ha tolto ai cittadini anche il diritto di votare persone di propria fiducia.

Se gli italiani usassero la testa dovrebbero capire che in democrazia non ci siamo mai stati e che le regole vanno cambiate in profondità, parliamone.

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.73) 21 dicembre 2012 19:26

    Grillocrazia >

    E’ un dato ufficiale. Solo Grillo è la garanzia di una “democrazia digitale”.
    Con il suo sistema di Parlamentarie sono state “fatte 3 cose fondamentali”.
    Avere un voto “libero” e far “conoscere” i prescelti per “discutere” con loro e dare dei “consigli”. Il tutto “a costo zero”. Questo è quanto serve conoscere.

    Basta non chiedersi chi e quanti sono stati gli ammessi al voto, quanti i voti “validi” e quanti voti hanno avuto i candidati scelti.
    Basta “discutere” senza toccare temi attinenti al Programma ed alle cose da portare avanti.
    Basta non domandare come si è riusciti ad avere gratis, per 4 giorni, l’indispensabile supporto informatico di mezzi e di  personale tecnico.

    Grillo è categorico: non è dato sapere di più.
    Così deve essere una “forza unita” che è “in guerra” e “con l’elmetto”.
    Così funziona lo “spettacolo” della democrazia on line. Parola di Web Master.
    Chi ha dubbi e si pone delle domande “va fuori”.
    Si sa. La domanda di “trasparenza” non è contemplata da un Dossier Arroganza

  • Di (---.---.---.194) 22 dicembre 2012 18:07

    Grillo santo subito !

    Lo chiede il comitato fondato da paolo emilio fede de gregorio.

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