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 Home page > Attualità > Economia > Il debito pubblico e la visione di obiettivi condivisi e condivisibili

Il debito pubblico e la visione di obiettivi condivisi e condivisibili

«Oggi l’Italia appare un Paese senza classe dirigente, senza persone che per il ruolo politico, imprenditoriale, di cultura, sappiano offrire alla Nazione una visione, degli obiettivi condivisi e condivisibili». Edoardo Patriarca, segretario del Comitato Organizzatore della 46a Settimana Sociale di Reggio Calabria.

Il debito pubblico unisce fra di loro le generazioni che si susseguono in questa nazione, nel senso che sarà quella successiva a pagare il debito pubblico di quella precedente (nessuna possibilità di “pranzi gratis”, assicura una nota teoria economica). Per questo motivo il ricorso al credito del Settore Pubblico è un fatto di grande valenza etica: indebitare il Paese, se fatto in favore della nostra generazione ed in danno di quelle successive, non è il modo migliore di dimostrare affetto verso i nipoti ed i pro-nipoti che verranno.

Nella sostanza il problema è quello di alimentare nelle sue spese la macchina pubblica quando il prelievo fiscale è insufficiente. Il ricorso al credito consente di farlo, ma aggrava i conti pubblici dei relativi interessi e, comunque, il capitale ottenuto dovrà essere regolarmente restituito. O almeno così dovrebbe essere; tranne che per l’esponente politico di “Futuro e Libertà” Benedetto Della Vedova, il quale, nel corso di una nota trasmissione televisiva, ha recentemente indicato per il nostro Paese un futuro simil-argentino. Si tratterebbe di rendere disponibili risorse per il settore pubblico, tante e con immediatezza, semplicemente non restituendo ai risparmiatori-investitori il loro denaro. Insomma, ce ne sarebbero di “pranzi gratis” con questo sistema! Dimostrando altresì l’aleatorietà di talune teorie economiche come quella sui “pranzi gratis”, che hanno il difetto di dire la verità e, come ci ha insegnato Luigi Pirandello nel suo Il berretto a sonagli, “Vai in giro a dire la verità, e vedrai che tutti ti diranno che sei pazzo !”

Ovviamente una simile ipotesi non potrebbe non far nascere un dubbio fra gli investitori futuri, italiani e stranieri; e gli investitori son soliti avvicinarsi con le gambe di tartaruga, ma scappare con le gambe di lepre. Insomma, guardando le prossime aste del Tesoro e parafrasando il titolo di un noto saggio, “Noi, speriamo che ce la caviamo”.

Un’altra via per placare la fame di denaro del Pubblico Settore è quella di ricorrere alla tassazione. Questo è proprio quello che ha fatto il precedente Governo di sinistra, sotto la guida del duo Visco/Padoa Schioppa, eliminando l’esenzione IRPEF per i redditi minimi, introdotta proprio dal precedente Governo Berlusconi (che si è ben guardato dal reinserirla una volta ritornato al potere). L’iniziativa, dolorosa per i settori più bisognosi di aiuto della popolazione, appare oggi diametralmente opposta a quella adottata negli Stati Uniti per l’attuazione della riforma sanitaria: l’amministrazione Obama i soldi è andata a cercarseli tra i contribuenti americani più ricchi, e non tra quelli più poveri. Forse i termini “destra” e “sinistra” hanno significato diverso passando da una sponda all’altra dell’Atlantico?

La terza via è costituita dall’adozione di provvedimenti incisivi nel ridurre al spesa pubblica, ad esempio abolendo le Province, riducendo l’enorme costo della politica, abbattendo i lauti stipendi dei “nuovi mandarini” statali e locali, eliminando gli sprechi fatti di dipendenti pubblici che non svolgono una gran mole di lavoro, di consulenti di tutti i tipi, di auto blu e quant’altro. Ma questa via, solitamente, scatena reazioni di gran vigore ad opera di soggetti che, da decenni in taluni casi, se ne servono per coniugare il pranzo con la cena, ivi compreso dolce, caffè ed ammazza-caffè.

Che abbia ragione Edo Patriarca nel dire quello che questo Paese non ha classe dirigente?

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