• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Politica > Il caso Serena Dandini – La critica di sfondo alle Istituzioni

Il caso Serena Dandini – La critica di sfondo alle Istituzioni

Ancora una volta il servizio pubblico televisivo nell’occhio del ciclone: non si è ancora spenta l’eco delle proteste per l’allontanamento di Michele Santoro e di Marco Travaglio, che irrompe un nuovo caso di allontanamento di conduttori televisivi impegnati in programmi di critica alle Istituzioni di sfondo, quello di Serena Dandini. Nulla è cambiato dal famoso editto bulgaro, che portò all’allontanamento dai programmi della televisione di Stato persino di un “mostro sacro dell’informazione” come Enzo Biagi, cui sarebbe stato materialmente impossibile muovere accuse di faziosità. Si sono aggiunti, anzi, gli interventi telefonici in diretta di protesta per le critiche all’esecutivo.

Evidentemente la critica non piace alle Istituzioni di sfondo e questo comporta nel Paese una chiara tendenza all’omertà, dovuta al timore di chi detiene l’autorità e viene criticato. Se continua così finiremo per camminare tutti guardandoci i piedi per paura di guardare intorno a noi.

Su questo è utile seguire alcune considerazioni di Amartya Sen, contenute nel suo saggio L’idea di Giustizia. Cina ed India sono entrambe nazioni popolose, sino a non molti anni orsono colpite da carestie. La prima, un tempo, era di stretta osservanza comunista e, per questo, ogni forma di dissenso era vietato. I cosiddetti dissenzienti venivano imprigionati, torturati, uccisi. Ancor oggi i diritti umani non trovano in Cina pieno rispetto. L’India, invece, dopo la fine del periodo coloniale, è diventata una democrazia con ampia libertà di stampa. Dinanzi alle carestie le autorità di governo della prima erano al riparo da ogni critica perché dalla periferia giungevano solamente messaggi rassicuranti sui risultati della produzione e dell’economia. Le autorità di governo della seconda, invece, alle prime avvisaglie di mancanza di generi alimentari, erano oggetto di feroci critiche da parte della stampa. Il risultato? L’ultima carestia in India risale a quattro anni prima dell’indipendenza perché dopo sono cessate; nell’ultima grande carestia nell’allora Cina comunista, fra il 1958 ed il 1961, sono morti trenta milioni di persone. Una cifra spaventosa. Ecco perché, dinanzi all’ingiustizia, l’imperativo categorico kantiano ci chiede di reagire esercitando il diritto di critica, anche se questo disturba il sonno dei potenti.

Qualche esempio da seguire? Quello di questo don Pino Puglisi, il parroco di Brancaccio ucciso dalla mafia. Non ha avuta alcuna paura nel criticare apertamente e concretamente il potere mafioso. O anche quello del professore Parmaliana, che non ha accettato una vita priva della facoltà di criticare le Istituzioni di sfondo di Vigliatore Terme (ogni notizia sulla sua vicenda può essere assunta da Internet sulquesto sito). E, fortunatamente, tanti altri; ma mai sufficienti.

Non stupisca questo accomunare fatti e costumi propri del potere politico, con fatti e costumi del potere istituzionale e con fatti e costumi del potere mafioso: un potere che rifiuta la critica è un potere che disconosce la dignità dell’uomo e, a questo punto, chiunque lo eserciti e comunque gli sia stato attribuito, ci si ritrova sempre nello stesso paese immaginario del romanzo Il contesto di Leonardo Sciascia, "dove non avevano più corso le idee, dove i principi – ancora proclamati e conclamati – venivano quotidianamente irrisi, dove le ideologie si riducevano in politica a pure denominazioni nel gioco delle parti che il potere si assegnava, dove soltanto il potere per il potere contava [...] dove la sostanza (se c’è) vuole essere quella di un apologo sul potere nel mondo, sul potere che sempre più degrada nella impenetrabile forma di una concatenazione che approssimativamente possiamo dire mafiosa".

Nel caso del servizio pubblico televisivo, per sovrappiù, tutto questo avviene con i soldi del cittadino contribuente (anche il vostro cronista versa regolarmente ogni anno il canone di abbonamento televisivo). A Napoli, in casi del genere, si dice cornuti e mazziati.

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares