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Il Ripasso 18: Pat Metheny Group

Pat Metheny è il giovane prodigio della chitarra, cresciuto con lo stile raffinato di Wes Montgomery. A 19 anni o poco più si ritrova insieme al talentuoso bassista elettrico e amico fraterno Jaco Pastorius a insegnare nei migliori conservatori musicali degli Stati Uniti. Suonano assieme nell’album di debutto di Pat Metheny e si riuniranno ancora come band di supporto per la tournée “Shadows and Light” di Joni Mitchell, dove Metheny conosce il pianista Lyle Mays. Dall’incontro dei due nasce il progetto del Pat Metheny Group. Obiettivo: concepire uno stile che sappia far confluire melodia, sperimentazione e sintesi fra generi musicali diversi.

L’album di debutto, ‘Pat Metheny Group‘, è del 1978, ed è il primo di una lunga serie prodotta per la casa discografica nordeuropea ECM, promotrice di talenti e nuovi linguaggi musicali. Il disco mostra tutta la freschezza di un gruppo giovane ma già capace di confrontarsi con composizioni lunghe eseguite senza esitazioni.

Il primo album del 1978

Con ‘American Garage‘ il gruppo compie un tuffo nelle sonorità disimpegnate e quasi rock delle band che nascono e provano nei garage delle villette a schiera americane. E’ solo uno spunto: si tratta di echi che affiorano da lunghe composizioni, che dimostrano ancora una certa immaturità gioiosa nei temi spesso magniloquenti. Poi passano tre anni importantissimi per Pat Metheny e avviene un cambiamento meraviglioso.

American Garage (1979)

L’album firmato Metheny-Mays del 1981

L’incontro con musicisti come Dewey Redman, Charlie Haden, Ornette Coleman, l’esperienza a due col fido tastierista Lyle Mays per il grande album “As Falls Wichita so Falls Wichita Falls” emancipato da ogni genere. E poi l’inizio di un rapporto con il proprio strumento che trascende la conoscenza attraverso lo studio per arrivare a volerne capire le estreme capacità sonore. Da un rapporto che rimarrà costante con tecnici e liutai nasce la chitarra synclavier, una fusione fra una sei corde e un sintetizzatore che non è compromesso, ma un nuovo strumento capace di esprimere una duttilità nel fraseggio che avvicina in modo impressionante la chitarra a uno strumento a fiato come la tromba, con i legati, le note acute, una capacità dinamica lirica e struggente.

Offramp (1982)

Nasce un grandissimo capolavoro, Offramp del 1982, e la critica non può non accorgersene. Il disco si apre con un breve cammeo musicale, ‘Barcarole‘, dove su una base ritmica insistita la voce lirica della chitarra synclavier tesse un cantato emozionante. Quei suoni, mai sentiti prima, devono essere stati una sorpresa per molti. L’album continua con il brano che diventa immediatamente uno dei più amati. Sono gli 8 minuti di “Are you going with me“, con i quali il gruppo si confronterà sempre dal vivo. E’ il banco di prova in ogni concerto per sviluppare un discorso solista che abbia sempre cose nuove da dire. Sull’introduzione di Lyle Mays al Korg, nella quale, a strati, le tastiere costruiscono la base dell’intera canzone (che rimarrà in loop come base per gli assoli), esplode il lirismo disperato della Synclavier Guitar. “Au Lait” sono altri 8 minuti di espressionismo. Suggestioni dall’Ascensore per il patibolo di Miles Davis, dove un tema musicale alla chitarra ripetuto ostinatamente si avvita su se stesso. Questa volta tocca al pianoforte di Mays risolvere il brano con un tocco delicatissimo, quasi sfiorato. Offramp, deviazione, inarrivabile percorso notturno contenuto in un disco.

 

Con ‘Travels‘ il Pat Metheny Group pubblica il primo album dal vivo (doppio) ricco di bellissimi inediti (su tutte le splendide ‘Extradition‘ e ‘Song for Bilbao‘) e numerose interpretazioni di eccezionale livello di alcuni brani dei dischi precedenti. Song for Bilbao è un grande dialogo fra la Synclavier Guitar (qua suonata al meglio delle sue possibilità, con vibrati, glissando, acuti) e il Pianoforte; è il primo esplicito omaggio alla musica sudamericana del gruppo, che sembra ricordare alcuni episodi del grande pianista Horace Silver.

Segue nel 1984First Circle‘ con la voce del cantante argentino Pedro Aznar e la batteria di Paul Wertico. La musica del gruppo da questo album rischierà spesso la china della composizione leziosa, a parte quando si esprime senza remore nel pop più schietto e lanciato, come nella entusiasmante ‘Yolanda, You Learn‘.

Altri tre anni. La band si arricchisce di due cantanti, polistrumentisti e di un percussionista. Questa formazione ampia torna allo stato di grazia di ‘Offramp’. Allo stile notturno europeo del disco del 1982 si sostituisce l’allegra ballata sudamericana. Il disco si intitola ‘Still Life (Talking)‘, è del 1987 ed è un album dove il sentimento espresso non è mai stucchevole. La musica coinvolge attraverso progressioni strumentali e intermezzi imprevedibili. Un altro trionfo di critica e pubblico. Il tema di ‘Minuano (Six Eight)‘ che apre l’album farà cantare il pubblico (soprattutto italiano) nell’attesa dell’inizio dei concerti. Le percussioni hanno un ruolo maestoso, soprattutto quando sono suonate da tre musicisti contemporaneamente. ‘Third Wind‘ è un altro momento di grandissima vitalità. Pat Metheny imbraccia la chitarra elettrica, con fraseggi talmente veloci da lasciare a bocca aperta. La ricchezza delle percussioni suonate dai tre tornano come stacco che giunge fino a un caos tribale che si risolve in uno dei momenti pianistici più semplici e più coinvolgenti di Lyle Mays. Su questo si innesta la Synclavier Guitar che porta a conclusione la canzone.

Il successivo ‘Letter From Home‘ del 1989 è un disco pieno di spunti che, però, non portano a nulla di compiuto o di convincente, e il fatto che Pat Metheny non sappia dare un titolo ad alcuni brani ne è in qualche modo il segno. Troppa leggerezza, molte le intuizioni che non hanno un degno sèguito nel corso del brano. A parte è la breve canzone omonima dell’album, che lo chiude con una delicatezza semplice e sublime.

We Live Here (1996)

Un album dal vivo non particolarmente significativo come “The Road to You” del 1993, quindi due esperimenti opposti. “We live Here“, del 1995, è un album di canzoni semplici, dalla ritmica sintetica e squadrata, che ricorda quella hip-hop. Il disco riporta talvolta alle canzoni di George Benson della fine degli anni 70, aggiornandole. In questo album che ha il proprio pregio nel non avere troppe pretese, sono i brani più semplici ad essere i migliori. Poi il successivo album, non si capisce se per farsi perdonare la superficialità del precedente o per prendere in contropiede gli ascoltatori, è il più cupo mai realizzato dal gruppo. Si intitola “Quartet” perché mantiene la sola formazione base del Group. Una sorta di esperimento di improvvisazione ambientale e suggestiva. Ma il disco non contiene nessun capolavoro, non raggiunge l’obiettivo. Viene addirittura ignorato dalla critica ed è poco amato dal pubblico, tanto da essere l’unico del Group a non ricevere, dopo anni, il premio come migliore album jazz dell’anno.

Quartet (1997)

Il Pat Metheny Group è però capace di recuperare dalle proprie crisi in modo repentino e con cambiamenti radicali. Con ‘Imaginary Day‘ del 1997 propone un disco ricchissimo di spunti diversi, tanto da vincere con ‘The Roots of Coincidence‘ il premio come migliore canzone rock strumentale dell’anno. Un premio inaspettato in una categoria spiazzante. Ma il capolavoro dell’intero album è l’iniziale e omonima ‘Imaginary Day‘, un salto nella musica dell’estremo oriente, dalla quale Metheny è in quel periodo fortemente suggestionato. Un arrangiamento ricchissimo per un riff di ‘blues etnico’ che viene declinato in vari modi nel corso della canzone. Un risultato originale e splendido.

Cinque anni separano ‘Imaginary Day’ da ‘Speaking of Now‘. Ormai il Pat Metheny Group ha fatto il giro del mondo non solo con le numerose tournée, ma anche traendo ispirazione dalle musiche tradizionali per le loro composizioni. Dal rock al folk delle radici statunitensi al grande amore per la musica sudamericana. Poi ancora i suoni dell’estremo oriente e infine, con la collaborazione di Richard Bona, la musica africana, centellinata in questo album non eccezionale ma che contiene una perla di sempre del Pat Metheny Group, a dimostrazione che si può invecchiare bene. Si tratta di ‘As It Is‘ che nella sua versione dal vivo trasmette in modo ancora più forte tutta la passione che la musica di Metheny contiene.

Il Pat Metheny Group ferma l’attività nel 2005 con ‘The Way Up‘, che vorrebbe essere un tributo riassuntivo di tutte le esperienze passate in un’unica composizione in tre parti di 68 minuti. Il tributo più forte lo paga al minimalismo di Steve Reich, che compare a tratti. Fu proprio il compositore contemporaneo a individuare nella musica e nel talento di Pat Metheny l’ispirazione per la composizione in tre movimenti ‘Electric Counterpoint‘, per chitarre e basso elettrico, che propongo per concludere, pur non essendo repertorio del Pat Metheny Group. Con la restituzione della dedica termina l’esperienza del gruppo che ha determinato il successo planetario del fecondo e sempre curioso chitarrista statunitense.

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