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 Home page > Tribuna Libera > Il Brexit ai tempi del TTIP: tempi duri per gli USA

Il Brexit ai tempi del TTIP: tempi duri per gli USA

Alla fine, il responso referendario è stato: “Out”. Una vera sorpresa, dal momento che, fino a notte fonda, si era ormai certi per il “Remain”. Il primo effetto del responso referendario inglese, è stato tangibile a livello finanziario: borse a picco, Sterlina in affanno.

C’è però da chiedersi se questo effetto non possa poi essere voluto: i mercati finanziari possono essere manipolati, se si vuole. Dare un segnale negativo, dopo un referendum come quello inglese, che ha fatto scegliere alla popolazione se restare o uscire dall’Unione Europea, potrebbe significare molte cose.

La prima, un monito alle altre nazioni in odore di seguire le orme inglesi, vedi l’Olanda. La seconda, inviare un messaggio subliminale a tutti i governi: attenzione, chi esce muore.

D’altra parte, è pur vero che l’Europa ha assoluta necessità di Inghilterra, ma l’Inghilterra non ha alcuna necessità di Europa. Almeno, non di questa Europa. Mal gestita, mai davvero concretizzata, e certamente non garante di solidità, economica e politica.

Cosa volete che gliene importi all’Inghilterra, di continuare a fare da caposaldo europeo, se – di fatto – non è mai stata una nazione totalmente europea? La moneta corrente è la Sterlina (e gli effetti positivi per l’Inghilterra si sono visti tutti, dal 2001 ad oggi) la Corona continua a essere una forte garanzia per i sudditi: ha tutte le carte in regola per permettersi di decidere contro tutto e tutti.

L’Inghilterra è anche la nazione che, probabilmente, non ha alcuna intenzione di sottostare alle nuove regole in arrivo: quelle imposte dal TTIP, il patto transatlantico di libero scambio commerciale tra USA, Canada ed Europa.

Eh si, perché nessuno ha accennato – in questo periodo – qualcosa relativamente il periodo storico in cui l’Inghilterra ha deciso di realizzare questo referendum. Gli USA erano in fibrillazione: l’uscita dell’Inghilterra dall’Europa è un duro colpo per gli USA, messi non tanto bene sotto il fronte dell’Economia. A parole dicono di essere ben saldi. Ma i dati economici e la realtà vissuta dalla popolazione, la dicono lunga su cosa stia davvero accadendo, a livello economico, politico e sociale, in quella che si continua a denominare “La più potente nazione al mondo”.

Talmente potente ed economicamente salda, da avere l’impellente necessità di allargare i propri confini oltre oceano, e venire a dettar legge in Europa al solo scopo di riprendere potere agli occhi del mondo, oltre che di assicurarsi solidi avamposti militari sulle coste del Mediterraneo.

Oltretutto, ciò che più assilla gli USA – ora che il responso referendario è chiarito – è il temuto effetto domino: se altre nazioni europee seguiranno – e accadrà di certo – l’esempio inglese, ecco che il sogno americano va in mille pezzi, e con esso, la possibilità di tornare a rappresentare il potere mondiale. Un flop, sotto tutti gli aspetti.

Per ora quindi, si dice – e si continuerà a dichiarare - che l’effetto Brexit peserà sul futuro dell’Inghilterra. Ma, a tutti gli effetti, ritengo di poter dire che accadrà l’esatto opposto. L’Inghilterra andrà per la sua strada, o meglio: continuerà ad andare per la sua strada. I mercati azionari dovranno farsene una ragione e pensare – in tempi brevissimi – a trovare un bel parafulmine per l’eventuale fuoriuscita di altre nazioni forti, come la Francia o l’Olanda.

Gli USA, sicuramente, svilupperanno – se non hanno già pronto un piano B – una strategia diversa, ma che li porti a raggiungere lo stesso obiettivo: il dominio politico ed economico sul versante mediterraneo.

E noi? Per non cambia nulla. La situazione economica e politica è talmente grave e vacillante, che non cambierà di una virgola ciò che sta per accadere: il crollo del sistema politico ed economico, che – fino ad ora – è stato tenuto malamente in piedi, solo grazie alle strategie sull’immigrazione, che ci fanno ricevere un bel po’ di miliardi, le richieste di deroghe all’UE per ciò che riguarda il debito pubblico e un sistema politico che – ormai è palese – va compatto a braccetto, e va avanti a colpi di dichiarazioni e pronte contro dichiarazioni, un po’ per agitare le acque un po’ perché così, non si permette alla popolazione di comprendere fino in fondo gli accadimenti.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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