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Il precariato (scolastico e non) fa bene all’Italia?

L’insicurezza non fa bene all’economia: gli imprenditori in un periodo di instabilità tendono ad investire di meno per far fronte ai tempi duri; e i consumatori? Risparmiano riducendo i consumi e quindi rallentando la crescita del PIL (che si attesta sullo 0.5% quest’anno rispetto all’1.5% dell’area euro). Per aiutare la ripresa si parla di aumentare i salari per il lavoro dipendente, ma qual è la soluzione per i precari senza reddito garantito? Recentemente il governo e i mass media hanno insistito molto sull’insicurezza percepita dagli italiani a causa della delinquenza, in particolare la microcriminalità da parte di stranieri. Ma davvero la paura di perdere il lavoro da un momento all’altro non condiziona la vita e i comportamenti dell’italiano medio molto di più e in profondità di quanto non faccia la paura degli immigrati (che rasenta la xenofobia)? Siamo sicuri che non ne sia coinvolta una più vasta fetta di popolazione? Non dobbiamo dimenticare che i giovani di oggi saranno l’Italia di domani. E allora in quest’ottica come si collocano i tagli alla scuola del Ministro dell’istruzione Gelmini? Saranno sottratti alla scuola 8 miliardi di euro attraverso la riorganizzazione della rete scolastica, la revisione degli ordinamenti e il diverso utilizzo delle risorse umane. Sono previsti tagli per 130.000 posti (per docenti, personale amministrativo e Ata) di cui 60.000 solo nel prossimo anno; non verrà risparmiata nessuna provincia o profilo professionale, infatti 10.000 insegnanti di ruolo saranno in soprannumero e utilizzati per le supplenze. Fino al 2012 saranno tagliati altri 100.000 posti di lavoro.
 
In termini pratici, tutto questo cosa comporterà per il sistema- scuola?
 
Gli insegnanti precari dovranno vivere alla giornata e convivere con l’impossibilità di richiedere un prestito bancario, sottoscrivere un mutuo, emanciparsi dalla famiglia di origine creandone una propria; dovranno insomma stringere la cinghia. Chi ha davvero passione poi, ma non i mezzi, continuerà ad insegnare senza prospettiva di fare carriera; sarà costretto tra l’altro a barcamenarsi tra tutte le classi (prime, seconde, terze, etc) cambiandole spesso senza poter organizzare con continuità il proprio lavoro. Per gli insegnanti di ruolo, invece, il rimescolìo scolastico significherà trasferimenti (è difficile staccarsi da una classe che si conosce da anni) per non parlare di chi sarà individuato come soprannumerario e che da professore di ruolo ritornerà supplente (magari a 45 anni, con una famiglia da mantenere); le disposizioni del Ministro dell’innovazione Brunetta, inoltre, renderanno molto difficile l’assenza anche per motivi di malattia (pena il licenziamento) per cui la situazione da calda diventerà bollente e le chiamate per i precari saranno ancora più rare. E cosa accadrà agli alunni che dovrebbero essere i primi e più importanti beneficiari del servizio scolastico statale? A causa di questo stravolgimento subiranno sostanziali cambi di professori e quindi di metodo, senza contare gli sbalzi di votazione (visto che ogni professore è slegato dal giudizio del suo predecessore); magari verranno adottati nuovi libri di testo e sarà più difficile comprarne usati; se il maestro unico alle elementari non fosse all’altezza del ruolo assegnatogli (dovrà saperne di tutte le materie, a parte informatica e inglese) rovinerebbe per sempre la formazione di un bambino che presto diventerà adulto. Il decreto della Gelmini, che giovedì alle 18.00 sarà sottoposto alla votazione del Senato per la sua conversione in legge, si colloca in un quadro scolastico già desolante: l’ultimo concorso per insegnanti di ruolo si è svolto nel 2000 e vi sono delle graduatorie tuttora vigenti che non rispettano canoni meritocratici (escludono dal punteggio le pubblicazioni e le attività didattiche universitarie e si basano solo sul monte ore lavorativo già svolto, più i titoli culturali, come la laurea e i corsi di formazione). Inoltre chi volesse spostarsi insegnando in un’altra provincia meno “affollata” si ritroverebbe in coda alle graduatorie di quest’ultima, perdendo i punti accumulati. Ovviamente anche le convocazioni permanenti del provveditorato (ora “csa”), che danno la certezza di una supplenza di durata annuale, si sono ridotte; in mancanza ci si accontenta delle chiamate (da 15 giorni in su, ma molto meno di un anno intero) da parte degli istituti (si possono fare al massimo 30 domande).
 
 L’intera manovra di stravolgimento scolastico tenderà inevitabilmente ad agevolare le scuole private (sia per affluenza di alunni che di precari). E che dire dei corsi di abilitazione all’insegnamento? Costano 1500 euro circa e i laureati, che già hanno sborsato questa somma senza trovare un posto, con chi dovrebbero prendersela? Tra l’altro sembra che i nuovi abilitati “sicsi” del 2008 non saranno inseriti nelle graduatorie, considerando la situazione generale del mondo scolastico.

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