• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Tempo Libero > Musica e Spettacoli > I ponti di Madison County, con Paola Quattrini e Ray Lovelock: applausi a (...)

I ponti di Madison County, con Paola Quattrini e Ray Lovelock: applausi a Sassari

I ponti di Madison County: il sogno americano che piace sempre. Il pubblico sardo riempe i teatri dell’isola.

I ponti di Madison County, con Paola Quattrini e Ray Lovelock: applausi a Sassari

Può un amore strutturato nello stereotipo familiare, caratterizzato dalla forte distinzione dei ruoli e da una cultura provinciale e borghese dei primi anni ’60, convivere con l’amore assoluto, saggiato nell’arco fugace di una scappatella e sublimato per il resto della vita?
 
Il tema, affrontato nel romanzo di Robert James Walter, approdato sul grande schermo in un film culto nel 1995, per l’interpretazione di Meryl Streep e Clint Eastwood, non è derubricato, dalla società mordi e fuggi del terzo millennio. La commedia che traduce la versione teatrale de "I ponti di Madison County" ne affida il compito a due veterani del palco: Paola Quattrini e Ray Lovelock. Con l’adattamento in regia di Lorenzo Salveti e la voce narrante di Ruben Rigillo, lo spettacolo va in scena al teatro Verdi di Sassari nelle due repliche (due e tre febbraio) inserite nel palinsesto di prosa invernale Cedac.
 
L’effervescenza dell’unico atto in scena risiede in un secondo ipotetico che non esiste, ma riemerge come piacevole retrogusto di riflessione per lo spettatore, attento per i circa novanta minuti della prosa. Lenta e raccontata dai protagonisti, piuttosto che riprodotta, in una scenografia unica, quasi immobile, ad immortalare un’esperienza irripetibile di quattro giorni.
 
Consumata per caso in una torrida ed estrema località agreste dell’Illinois americano, soggetto a rigido costume proibizionista. Solo una ancora giovane e suadente Francesca (italiana e non originaria del luogo), alle prese con un’invadente solitudine, non corroborata dal rassicurante ruolo di rispettabile moglie e madre, può infrangere la fragile ampolla del focolare domestico. Per intraprendere una via nuova, inesplorata.
 
Offerta con i modi eleganti e gentili di uno sconosciuto esploratore, reporter del National Geographic, capitato lì per caso, alla ricerca di ponti da immortalare per il suo nuovo servizio editoriale. Complice l’assenza dei congiunti, fra i due si instaura un contatto amicale, tramutatosi subito in una passione fortissima e autentica. Vissuta con intensità sconosciuta, pari al dolore che ne porterà il distacco.
 
Scelto, nonostante la tentazione della nuova vita, come scrigno blindato a custodirne l’essenza. Fondata su tre elementi poco materiali ma utili a sublimarne la continuità nella distanza, temporale e fisica. Le immagini, le foto di lui, tratte dalle riviste con i suoi reportage e custodite come reliquie, i ricordi dell’intimità condivisa, reiterati almeno nei passi solitari della casa. Infine, la struttura ricordata anche nel titolo: i ponti.
 
Difficile eludere la consistenza del sentimento religioso, sullo sfondo della vicenda. Quello di Madison County, che copre, quasi protegge paternamente, le pulsioni dei due amanti è il settimo, visitato nel viaggio dell’affascinante esploratore (Ray Lovelock). Diverrà l’ottavo in una non celata proiezione ultra terrena, quando ospiterà (per unanime volontà scritta nel testamento dei protagonisti) le ceneri dei loro corpi, sparse insieme, proprio in quel lembo di terra.
 
Rallegrata dal country dolce di Neil Young e la riconoscenza onesta dei giovani figli. Belli nell’interpretazione di Maria Grazia Taurini e Alessandro Marverti. Una produzione artigianale di una soap che abilita tante umane debolezze, premiandone l’impegno positivo nel riprendere (nonostante la fatica) un cammino, rallentato da cadute impreviste. Uno spettacolo che vive molto sulle attese. La staticità scenica e la supplenza orale premiano l’attenzione del pubblico solo nel finale con i cinque attori in scena. L’applauso lungo è meritato, un ponte ideale che unisce animi e sentimenti diversi.
 
Il tour sardo, che tocca le principali sale teatrali dell’isola, si chiude sabato 7 febbraio ad Oristano.
 

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares